Caleidoscopio – BiancoTEMPO DI LETTURA 3 min

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Caleidoscopio Bianco recensioneINFORMAZIONE DI SERVIZIO
Ogni recensione di Caleidoscopio, ad eccezione di questa che andrebbe vista come series finale, è stata scritta come se fosse il primo episodio visto della serie, pertanto non tiene conto di informazioni viste e sentite in altre puntate proprio per rispettare il modo in cui la serie di Netflix è stata concepita per la sua fruizione.

Come scritto nel disclaimer qui sopra, “White – Bianco” nella concezione di Eric Garcia, il creatore di Kaleidoscope, è da considerarsi come il series finale. Certo, vista la “colorazione” degli episodi può essere guardato come primo (chi scrive queste righe per esempio se n’è fregato e l’ha guardato come se fosse una 1×02 qualsiasi), in generale però sarebbe la puntata che serve a chiudere l’esperienza temporale visto che tutta la storia gira intorno a questo momento.
Dopo la visione appare anche più chiaro il perché “White – Bianco” funzioni meglio come series finale piuttosto che come pilot o come qualsiasi altro numero, perché è di questo che si tratta alla fine: apprezzare plot twist e cliffhanger nella maniera più ottimale possibile visto che, comunque, la trama non è un capolavoro. E da questo punto di vista la rapina in sé offre diverse sorprese e anche diverse spiegazioni che ad “una visione prematura” (leggasi: non come series finale) hanno un impatto minore rispetto ad “una visione corretta” (leggasi: come series finale). A cominciare per esempio dalla rivelazione di cosa viene messo nella cassaforte al termine dell’episodio che spiega anche il cliffhanger di “Red – Rosso” in cui Roger Salas apre la stessa cassaforte con l’FBI accanto a lui.
Insomma, esiste una motivazione se “White – Bianco” va conservato come episodio finale, il che comunque non preclude una visione completamente casuale della puntata ma non può essere apprezzato completamente come lo sarebbe stato nel caso della visione suggerita da Netflix.

SBAVATURE E SILENZI


È interessante constatare come non ci siano dialoghi per i primi 11 minuti, praticamente un quarto dell’intera puntata passata in silenzio ad osservare lo svolgimento di questa famigerata rapina.
Una scelta coraggiosa e non da poco da parte del creatore e showrunner Eric Garcia che qui ritorna anche in veste di sceneggiatore come già accaduto in “Red – Rosso” e “Yellow – Giallo“. Una scelta che però ripaga dato che quella decina di minuti è fondamentale per dare qualità all’episodio “teoricamente” più importante di tutti che però, in realtà, sembra soffrire parecchio alcuni buchi di sceneggiatura. Buchi di sceneggiatura che sono traducibili in:

  • Judy e le sue dubbie decisioni, in primis ammazzando il collega e poi strangolando il “fidanzato” che aveva protetto pochi minuti prima compiendo un omicidio;
  • Hannnah che ruba le obbligazioni bloccando l’ascensore per diverso tempo;
  • la scelta di Leo di proseguire la rapina da solo quando non era necessario (anche se si capisce il movente).

La prima metà dell’episodio è tutto sommato piuttosto buona ma è la seconda parte che mina la qualità e mostra l’esistenza di diverse falle nella sceneggiatura. Falle che sono visibili anche nel piano che, teoricamente, doveva essere ancora più dettagliato e che invece evidenzia diverse lacune che non possono non inficiare nella votazione complessiva di una puntata che doveva e poteva essere scritta con più attenzione.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Primi 11 minuti veramente ben fatti
  • Un paio di plot twist inaspettati che spiegano le precedenti puntate
  • Buon ritmo
  • L’utilizzo delle api
  • Confronto padre-figlia
  • Bob sopravvive miracolosamente e doverosamente visto “Pink – Rosa
  • Alcuni buchi nella sceneggiatura che non possono passare inosservati:
    • Judy che cambia idea in maniera piuttosto irrazionale
    • il tempo necessario ad Hannah per sostituire le obbligazioni bloccando l’ascensore non è giustificabile da nessun membro dei rapinatori

 

L’avventura dello spettatore con Kaleidoscope finisce qui, qualsiasi essa sia. A posteriori l’esperimento è stato interessante ma alcuni buchi di trama ed una storia non proprio originalissima hanno bloccato la serie dall’essere più apprezzabile, e si direbbero sicuramente cose ben peggiori se non ci fossero stati Giancarlo Esposito e Rufus Sewell nel cast.
Ricapitolando: un’esperienza carina/passabile ma niente di memorabile.

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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.

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