Questo quarto episodio della miniserie HBO è senza ombra di dubbio il migliore visto finora. E questa affermazione non è semplicemente una sparata per dimostrare un miglioramento, quanto piuttosto per sottolineare sia una qualità media inferiore alle aspettative, sia per enfatizzare un’estrema dipendenza dal character interpretato da Jon Bernthal.
Non è una coincidenza se We Own This City si guadagna un pieno Thank Them All proprio quando si costruisce l’intero episodio intorno a Wayne Jenkins. Un Jenkins che è padrone di tutto e che crea un’estrema dipendenza per via di un carisma e di un atteggiamento difficilmente riscontrabile in altri character. Quindi fondamentalmente per George Pelecanos e David Simon c’è una facile soluzione per rendere la loro miniserie un successo: puntare tutto su Jenkins concedendogli più minutaggio. Cosa che è stata fatta qui per la prima volta dopo quattro episodi.
Wayne Jenkins: “We go, and we come to fuckin’ hunt. We go get those guns, you understand? ‘Cause as long as we do that, as long as we produce, as long as we put those numbers up, they don’t fucking give a shit about what we do.
We literally can do whatever the fuck we want. You understand me? We own this city. We own it.“
JON BERNTHAL VS RESTO DEL CAST
“Part Four”, come già detto, sembra essere palesemente il picco qualitativo della serie. E lo è grazie all’ottima performance di Bernthal che, di fatto, porta tutto lo show sulle sue spalle. Non c’era ombra di dubbio che il suo character fosse uno dei principali, però, vista la moltitudine di personaggi che si sono susseguiti negli scorsi episodi e il ridotto screentime concessogli finora sia nel passato che nel presente, qualche domanda era sorta.
Questa fortissima dipendenza che lo show ha da Wayne Jenkins è un’arma a doppio taglio perché se da un lato si capisce le potenzialità della serie, dall’altro è anche emerso piuttosto chiaramente che non esistono altri character in grado di reggere il paragone. Dopo quattro episodi anche solo abbinare un nome ad una faccia è piuttosto difficile e ci si riesce forse solo con i vari Hersl (Josh Charles) e Nicole Steele (Wunmi Mosaku), mentre tutti gli altri sono pure maschere che si alternano sullo schermo. Il che porta anche a riconsiderare non solo la decisione di fare sei episodi quando probabilmente la metà sarebbero stati più che sufficienti, ma anche il focus concesso a David Corenswet nei panni David McDougall in “Part One” che è stato messo facilmente nel dimenticatoio.
Il tutto sempre senza dimenticare la terribile gestione temporale della narrazione, non proprio facile da seguire e, se ci si vuole esporre un po’ di più, anche additabile come una delle cause principali delle aspettative disattese.
UN CURRICULUM PIUTTOSTO LUNGO
Il modus operandi di We Own This City è piuttosto semplice: riproporre una serie di eventi a sé stanti basando ogni interrogatorio su flashback che, di fatto, costituiscono la vera trama della serie. Tutte storie estemporanee che servono a dipingere una situazione che è andata peggiorando nel corso degli anni e che vede anche Jenkins come fulcro principale di ogni evento. Fatto di cui si prende finalmente coscienze.
“Part Four” è praticamente un episodio Jenkinscentrico visto che ripropone tutta una serie di eventi che spaziano dal derubare degli spacciatori addirittura due volte (una in casa loro) al rivendere la droga “confiscata”, passando per far festa in uno strip club derubando una stripper nana. Il tutto senza dimenticare la creazione di un video fasullo per coprirsi le spalle, la suddivisione del bottino con i vari membri della gang e un certo cameratismo/omertà di fondo che tiene tutto insabbiato per diversi anni.
Tutto è tanto apprezzabile quanto disturbante e permette di capire sia la generale diffidenza che molti americani hanno nei confronti della polizia, sia la mentalità che esiste in certi dipartimenti, principalmente devota a “put those numbers up” per far felici tutti quanti. E in questo gli sceneggiatori hanno fatto un ottimo lavoro.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Fa piacere constatare come finalmente We Own This City sia arrivato ad un livello qualitativo che si aspettava sin dall’inizio. Ora, consci della dipendenza dal proprio protagonista, Pelacanos e Simon devono semplicemente proseguire in questa direzione.
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.