The Dropout 1×02 – SatoriTEMPO DI LETTURA 3 min

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The Dropout 1x02 recensioneÈ probabile che nessuno conoscesse il significato di satori prima di questo episodio di The Dropout, e non ci sarebbe niente di cui vergognarsi. Non saperlo è anche comprensibile considerando che il termine è collegato al Buddismo e indica l’esperienza del risveglio spirituale. Un risveglio spirituale che qui ben si addice all’episodio ma, sfortunatamente, nel senso opposto.
Quello che “Satori” sbandiera, infatti, è il processo con cui Elizabeth Holmes è passata da founder naive ed inesperta a potenziale truffatrice dei suoi stessi investitori. Un’evoluzione (o devoluzione, se si preferisce) che avviene nel corso dei 51 minuti della puntata in maniera totalmente naturale e non forzata, il che rende spaventosamente reale questo tracollo morale che è alla base di uno dei più grandi e gravi fallimenti nella storia di una start-up.

Larry:Have you heard of Satori? […] I got the biggest tea garden in North America. Brought the structures in from Japan and added about 500 trees, but, but… Satori is Buddhist enlightenment. It’s that moment where you can look inside yourself and know just who you are. Have you experienced Satori?
Elizabeth:I don’t think so.

Michael Showalter accompagna benissimo uno script praticamente perfetto e che funge da ottimo seguito ad un pilot che aveva aperto le danze ma non era ancora andato così a fondo. Ecco, quindi, che Elizabeth comincia a fare il giro di pitch a tutte le VC più importanti, cercando fondi ed investitori, tanto da arrivare fino in Svizzera per farsi foraggiare. La sensazione che questa non sia una classica 1×02 è vivida e viene confermata anche dal cambiamento di Elizabeth che a fine episodio diventa a tutti gli effetti quella Elizabeth Holmes che il mondo ha imparato a conoscere.

L’EVOLUZIONE DA ELIZABETH UMANA AD ELIZABETH TRUFFATRICE


Il percorso che viene fatto compiere al character di Amanda Seyfried potrebbe sembrare affrettato in una qualsiasi altra serie tv ma qui, consci del risultato finale, appare come un passaggio necessario da consumare il prima possibile per arrivare al lato più succulento della storia (leggasi: come bruciare 700 milioni di dollari).
Elizabeth Holmes ha avuto chiaramente delle esperienze che l’hanno forgiata nel bene e nel male e, come mostrato anche da “I’m In A Hurry“, il licenziamento del padre così come il riconoscimento da parte sua sono dei passi fondamentali. Tanto che la scena in ospedale con suo padre che la rigetta perché la vuole focalizzata sul suo lavoro la dice lunga sul tipo di aspettative e pressioni sociali e famigliari con cui la Holmes è cresciuta.
Non sorprendono, da questo punto di vista, le bugie che utilizza per coprire il prototipo non funzionante e nemmeno come decide di truccare il test di fronte ai suoi futuri investitori svizzeri. E va fatto notare come sia la regia di Showalter che la sceneggiatura di Matt Lutsky non fanno passare Elizabeth come una vittima ma piuttosto come una carnefice che è disposta a tutto pur di portare in vita il suo progetto. Una carnefice che però diventa tale quando i fiaschi della realtà si scontrano con le aspettative dei suoi dipendenti e investitori, in un loop che enfatizza la sua puerilità ma anche la sua totale incongruenza e incapacità a essere CEO di un’azienda. Perché mentire agli investitori per ricevere del denaro sperando che nel frattempo il prototipo funzioni è una truffa, e così passerà alla storia.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Amanda Seyfried continua ad essere al suo massimo splendore recitativo
  • Perfetta resa dell’evoluzione psicologica di Elizabth
  • La chiamata dalla Svizzera per risolvere il problema del prototipo
  • Regia e ritmo sempre molto buoni
  • Nonostante non ci siano difetti rilevanti, si percepisce che la serie non ha ancora raggiunto il suo massimo potenziale

 

“Satori”, più che essere un classico secondo episodio, ha la parvenza di una seconda parte del pilot e, proprio per questo, sorprende positivamente. Si ha quasi la sensazione di essere arrivati a metà stagione, invece si è solo all’inizio. Ottimo lavoro!

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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.

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