The Patient conclude il suo percorso con un episodio in linea con la seconda parte di stagione che, paragonata ai primi episodi, non può che risultare abbastanza deludente per lo spettatore.
La serie partiva da una premessa con un grosso potenziale di intrattenimento ma che doveva fare i conti col fatto che, realisticamente, un solo finale sarebbe stato possibile. Un serial killer come Sam non può guarire con qualche seduta di psicoterapia e Alan non ha la possibilità di ucciderlo e sarà costretto a soccombere. Doveva essere il modo di arrivarci a essere ben costruito. Purtroppo, dopo il buon lavoro iniziale, qualcosa si spezza e la serie inizia a perdere la sua identità di thriller psicologico. Si trasforma in qualcos’altro, inserendo personaggi e dinamiche esterne che distraggono dallo scopo originale di interazione tra psicologo-ostaggio e paziente-serial killer.
UN FINALE CON POCO CORAGGIO
Paradossalmente quello di The Patient è quasi un lieto fine. Il cattivo, anche se non consegnato alla giustizia, sembra neutralizzato. Lo psicologo, condannato al suo triste destino fin da subito, trova una sorta di pace nella richiesta di perdono ai figli tramite la lettera. Richiesta che l’ha tormentato per tutta la prigionia, quasi quanto il pensiero di riuscire a liberarsi. Per Alan il percorso di prigionia e il tentativo di curare Sam si sono trasformati in un percorso di autoanalisi, la stessa che ha portato il killer alla banale realizzazione che non sarà certo qualche settimana di terapia a farlo desistere dai suoi impulsi. Così il “patient” del titolo finisce per riferirsi non solo a Sam ma anche ad Alan.
É difficile dire se l’attacco alla madre di Sam fosse un tentativo carico di speranza o totalmente disperato e quasi suicida, guidato dal carico di emozioni accumulatesi nella prigionia.
Si poteva essere più coraggiosi e non lasciare allo spettatore il “conforto” di sapere che il sacrificio di Alan tutto sommato si è rivelato utile? Sicuramente sì. Può un qualsiasi spettatore, alla luce di quanto accaduto, chiedersi se in questa città esistono polizia o investigatori capaci di unire i puntini delle varie sparizioni? Anche.
LESS IS MORE
The Patient portava con sé un’idea abbastanza originale, mettendo a confronto uno psicologo e un serial killer in una dinamica praticamente opposta a quella che si è abituati a vedere sullo schermo. Invece dello psicologo/investigatore che parla con un killer in prigione – scena peraltro richiamata nell’episodio precedente con il video dell’intervista di Kemper – qui era lo psicoterapeuta a essere imprigionato e il killer a piede libero.
Vista anche la bravura dei protagonisti, l’intera serie si sarebbe potuta reggere sul semplice confronto tra i due, con dialoghi profondi, enigmatici, riflessivi. Si poteva immaginare una sfida continua in cui mentre parlava con il suo paziente, Alan avrebbe potuto cercare di manipolarlo per salvarsi. Nonostante questi momenti non siano mancati, sono stati introdotti molti, troppi, elementi esterni a questa dinamica, finendo per sporcarla. La madre, l’ex moglie, le nuove vittime o aspiranti tali (il padre) di Sam, i figli e lo psicologo morto di Alan. Tutti questi personaggi hanno solo apparentemente arricchito e guidato la storia. Sarebbero tutti potuti rimanere al di fuori dello schermo, trasmessi solo dalle parole e dai racconti dei due protagonisti (non c’era bisogno di vedere Sam uccidere qualcuno per capire quanto seri fossero i suoi impulsi) o non apparire affatto (l’unico momento notevole riguardo la storia familiare di Alan è la sua realizzazione di aver provato più empatia per un serial killer che per il proprio figlio).
Insomma, molti accorgimenti avrebbero fatto di The Patient un’ottima serie. Ci si è persi invece in un’ingiustificata ambizione di mettere insieme tante cose dove, come spesso accade, ne servivano poche ma buone.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Il finale di The Patient è in linea con una seconda parte di stagione abbastanza deludente se paragonata alle prime promettenti puntate. Un’occasione persa quella dello show Hulu che si salva grazie alle prove attoriali dei due interpreti e qualche dialogo ben scritto.
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