“I’ve heard a lot of stories about when the world fell. There were more dead than the living and it started to look like the world would go cold. It felt like it was almost there. Almost. Some people survived by connecting with each other. Making found families. Others gave in to the darkness. That was a long time ago. And it’s now. Will it be tomorrow?”
L’intro di Judith Grimes (Cailey Fleming) è probabilmente l’unico vero momento commovente dell’episodio.
Una veloce intro che recupera parte del passato di The Walking Dead, mostrato anche nel trailer di questa terza parte dell’ultima stagione dello show di AMC. Un passato splendido di uno show iniziato nel 2010 e che ha catturato fin da subito pubblico, critica ed appassionati del genere perdendoli tuttavia pezzo dopo pezzo lungo la strada. Un passato che ottenebra il presente evidenziando limiti, debolezze e lungaggini non necessarie attorno a dinamiche già ampiamente sviscerate.
Eppure questo è ciò che rimane di The Walking Dead: un gruppo di sopravvissuti che sembra non riuscire a trovare pace ovunque esso vada, seguito dalla metaforica nuvoletta di Fantozzi che sembra voler mettere i bastoni tra le ruote in ogni singola comunità a cui il gruppo di Rick Maggie cerca di unirsi.
Era successo al CDC di Atlanta durante la prima stagione, poi a casa di Hershel nella seconda e così via, inesorabilmente.
UNA PACE IMPOSSIBILE
L’impossibilità di trovare pace è diventata una costante tanto da spingere lo spettatore a provare ancora più piacere con l’arrivo di un vero villain (Negan) in grado di massacrare e mettere in ginocchio il gruppo degli ormai ex beniamini dello show. Un villain successivamente scomparso di scena per indebolimento sentimentale e per scelte narrative che ha lasciato spazio ad una sequela di tentativi falliti (Alpha, Beta, The Reapers, Leah ed ora il Commonwealth). Ciò che spinge lo spettatore, a questo punto, a continuare a seguire lo show è il desiderio di vedere dove lo show andrà a parare. Si tratta anche in questo caso di una ricerca di pace, non più dei sopravvissuti, ma del pubblico che lentamente cerca di trascinarsi in salvo non avendone più le forze.
DISATTENDERE LE ATTESE? CHECK.
“Lockdown” si attesta sugli stessi livelli di pathos di “Acts Of God”, ultimo episodio della seconda tranche di episodi terminata ad Aprile. Il finale qualcosa risolleva visto e considerato che lo scontro Lance-Daryl viene portato apertamente in scena. Ma si tratta di veramente troppo poco per destabilizzare lo stato di sonnolenza del pubblico.
Sintomatico di questo appiattimento narrativo è il fatto che Carol riesca a risultare uno dei migliori personaggi dell’episodio, alle prese con un “quiet game” di pura sopravvivenza per riuscire a rimanere libera all’interno del Commonwealth dopo che Lance cerca di eliminare l’intero gruppo di Maggie &CO. A giocare un ruolo fondamentale, neanche a farlo apposta, è il ritorno di Negan, ultimo baluardo dello show che immedesima il Cavallo di Troia con cui il gruppo dei “buoni” si infiltra all’interno del Commonwealth sia per destabilizzare gli equilibri (come se fosse necessario), sia per chiedere ulteriore supporto.
Un piano banale per un episodio dello stesso taglio e che ha il compito di riaprire le danze per questo atto finale di The Walking Dead. C’era forse la possibilità di impostarlo diversamente ma arrivati a questo punto non risulta nemmeno un colpo di scena il fatto che lo show abbia confezionato un episodio non semplicemente sotto le attese, ma totalmente insufficiente.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Ancora sette episodi e dovremo dire addio a The Walking Dead… ah no, ci sarebbero tutti i vari spin off già confermati e programmati. Ma chi avrà mai la forza di continuare a seguire questo universo narrativo che sembra aver preso una bruttissima piega ormai da diverso tempo a questa parte?
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.