Il primo tanto atteso spin-off sequel dei tre previsti nell’era post-The Walking Dead, come già ampiamente discusso in diverse occasioni nel podcast, sulla carta non è quello che potenzialmente ha meno possibilità di fallire se paragonato a quello di Daryl in Francia(!) e allo stesso tempo non è nemmeno quello più atteso dai fan superstiti visto che l’altro spin-off con protagonisti Rick e Michonne si posiziona su un altro livello.
Con queste premesse iniziali viene quindi da chiedersi perché si debba iniziare questa miniserie da 6 episodi che è stata creata solamente per riportare in scena la strana relazione tra Negan e Maggie, una delle poche dinamiche interessanti create da quell’imbarazzante showrunner addirittura promosso da AMC a Chief Content Officer e chiamato Scott M. Gimple. Certo, mostrare una New York City sovraffollata di zombie è sempre affascinante ma è davvero un guilty pleasure sufficiente per far abboccare lo spettatore all’amo? A giudicare dalla CGI del trailer la risposta era già no e dopo la visione di questa series premiere si può confermare tutte le paure ed i pregiudizi iniziali.
CHI DIAVOLO È ELI JORNÉ?
Domanda più che lecita, specialmente se non si è ascoltata la spiegazione nella puntata del podcast con la presentazione di tutti i nuovi arrivi di Giugno. Quella volpe di Scott M. Gimple, dall’alto del suo ruolo di CCO del franchise di The Walking Dead, ha assunto uno showrunner sconosciuto al grande pubblico e che ha alle spalle uno strano curriculum fatto di sceneggiature di Wilfred, Son Of Zorn, una di Heels (fatalità la peggiore della 1° stagione) e addirittura tre della 10° stagione di The Walking Dead. Tra le altre cose Eli Jorné, oltre ad essere lo showrunner e lo sceneggiatore di 4 dei 6 episodi, è anche produttore esecutivo insieme a Gimple, Lauren Cohan e Jeffrey Dean Morgan.
Negan: “I do believe I’ve paid for what I’ve done.“
L’incipit che Jorné ha messo in piedi ruota, per sua stessa ammissione, meramente intorno alla coppia Negan-Maggie e alla necessità di riproporre una situazione in cui i due siano costretti a collaborare nonostante l’odio reciproco. La storia è quindi palesemente forzata e costruita a tavolino e, come tale, pecca di quella naturalità che spesso è la chiave fondamentale per la riuscita di un progetto. Utilizzare il rapimento di Herschel (ormai in età da visione di American Pie) come MacGuffin può avere un senso se chi lo fa non deve farsi kilometri e kilometri di barca/macchina da New York al New Jearsey semplicemente per costringere Maggie a pagare una tassa, ma nel modo di pensare del demiurgo di The Walking Dead evidentemente tutto ciò è decisamente sensato.
Ad aggiungere ulteriore scetticismo circa l’intera buona riuscita del progetto, arrivano anche altre scelte compiute in fase di scrittura che lasciano piuttosto perplessi e/o disinteressati. I nuovi personaggi secondari introdotti nell’episodio o sono totalmente ignavi (vedasi il junior marshal rapito) o sono un po’ troppo assurdi anche per l’universo di TWD (vedasi il marshal che prima uccide la proprietaria di un bar perché ha servito dell’alcol e poi non si fa troppe domande ad andare a NY) e molte scelte non sono molto naturali o addirittura totalmente casuali e dettate da necessità di scrittura. E lo si nota bene con Maggie mentre Negan è, al solito, esente dalla mala gestione dello sceneggiatore di turno.
Negan: “But what I don’t get is after all these years, you still think I’m the bad guy? I’m not. No one is.
Or you know what, Maggie? Maybe everyone is. Ask yourself one question. How many husbands and fathers have you killed?“
PERCHÈ SCOTT M. GIMPLE NON È ANCORA STATO LICENZIATO?
Come si sarà potuto capire dai neanche tanto velati attacchi a Scott M. Gimple, chi scrive queste righe non è un suo grandissimo fan ma, al contrario, è un fervente sostenitore del suo licenziamento che per qualche strano motivo non è ancora avvenuto. Sia chiaro, Gimple non è la causa di tutti i mali di The Walking Dead, accollargli anche questo sarebbe troppo visto che è subentrato a partire dalla 4° stagione ma è sicuramente il responsabile della stragrande maggioranza del declino del franchise.
In una recente intervista concessa a Collider in cui presentava la serie insieme a Jorné, quella volpe di Gimple si è lasciato sfuggire un commento circa il villain della miniserie, un commento che fa ben capire i suoi gusti ed il perché anche questa miniserie abbia il destino segnato: “we have a new villain that is just a top five villain of all time“. Ecco, come si potrà appurare dalla visione di “Old Acquaintances”, il villain interpretato dal buon Željko Ivanek, e soprannominato The Croat in quanto di origini croate (veramente mindblowing e poco razzista), non crea proprio tutto questo timore reverenziale. Certo, ci sono stati villain decisamente più insignificanti e bidimensionali sotto la gestione Gimple/Kang e forse è proprio per questo che non fatica a rientrare nella top 5, però si è ben lungi dall’essere di fronte ad un nuovo Negan o ad un nuovo Governatore.
Di sicuro creare un villain che ha un legame pregresso con Negan e Maggie ha senso ed è un modo veloce per tridimensionalizzarlo e renderlo importante per via di un’opinione piuttosto seria già formata dai due protagonisti, di questo bisogna dare adito a Jorné, però la sensazione di essere davanti ad un villain qualunque già visto altrove c’è e non può essere negata. Ed in tal senso la somiglianza estetica lo collega direttamente ad un altro villain sopravvalutato ed inutile di nome Pope, leader dei Mietitori nell’ultima stagione di TWD, non aiuta in alcun modo.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Nonostante AMC stia stappando bottiglie di champagne perché l’esordio della miniserie sul suo servizio streaming AMC+ sia il più alto di sempre (2 milioni di spettatori in 3 giorni), la qualità sfortunatamente è quella che si temeva. Il potenziale per risollevare le sorti della miniserie c’è, però le probabilità che questo accada sono pressoché nulle.
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.
La mia domanda è sempre la stessa: come mai showrunners e sceneggiatori lavorano a tutto spiano mentre i criticoni scrivono solo veleno sul lavoro degli altri senza aver mai partorito un’idea di sceneggiatura che sia una? Bho?
Ognuno fa il proprio lavoro, almeno proviamo a differenziarci dalla massa che liquida/distrugge un prodotto con 2 righe su Facebook/Instagram.
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