Con questo sesto episodio, intitolato “Doma Smo”, si conclude The Walking Dead: Dead City, uno degli show più inutili nella storia degli show inutili. Uno spin-off di una serie in declino, con una scrittura che arranca, una struttura narrativa debole e personaggi ormai alla deriva.
Non esiste nessun motivo valido per l’esistenza di questa serie se non rimpinguare i conti in banca dei vari Eli Jorné, Jeffrey Dean Morgan, Lauren Cohan che si staranno sicuramente sfregando le mani dopo il rinnovo per una seconda stagione.
Cinque ore di noia, fastidio, sgomento e rabbia, soprattutto con se stessi, per essersi illusi di poter dare ancora fiducia all’universo di The Walking Dead.
Il problema, in fin dei conti, non è mai stata né la storia né i personaggi, ma le pessime scelte di autori e produttori che, dopo l’estromissione di Frank Darabont, hanno combinato disastri su disastri (“did you say Scott M. Gimple?”).
Dead City non è da meno e rappresenta il non plus ultra di un prodotto creato unicamente per i big money e per far contento quel pubblico che considera Obi-Wan Kenobi meritevole di un Emmy.
IL TELETRASPORTO
La puntata inizia con il ricongiungimento di Maggie/Ginny e Negan/Perlie che, fatalità, si trovavano proprio a due passi gli uni dagli altri, come se Manhattan fosse grande quanto il sottoscala dove dormiva Harry Potter.
Con uno stratagemma Negan si libera di Ginny Weasley e la affida a Perlie, mentre si dirige dal Croato assieme alla sua nemica-amica. Pessima idea. Il piano di Maggie, infatti, come poi scoprirà lo stesso Negan, è quello di attuare uno scambio di prigionieri: Negan per suo figlio Hershel. Ancora una volta la dinamica tra Maggie e l’ex Salvatore si evolve, anche se in questo caso si tratta di una involuzione.
Il brillante dialogo tra i due personaggi – l’unica nota positiva del season finale di The Walking Dead – viene stracciato e calpestato, per far posto alla solita tiritera di musi lunghi, sguardi di fuoco e un desiderio di vendetta che, sinceramente, ha stancato.
Persino Hershel, una volta nelle braccia di Maggie, asfalta la madre e le sbatta in faccia quanto il suo rancore nei confronti di Negan gli abbia rovinato la vita. Grazie Hershel, sei tutti noi.
DUE VILLAIN SOPORIFERI
Il personaggio del Croato – interpretato da Željko Ivanek – avrebbe dovuto essere il villain con la v maiuscola di questa serie. Niente di più sbagliato.
Introdotto con discreta maestria – non che ci voglia molto, arrivati a questo punto – il Croato ha visto diminuire, episodio dopo episodio, il proprio carisma ed il proprio potenziale, trasformandosi in una marionetta nelle mani della Dama (Lisa Emery, la Darlene Snell di Ozark).
Apparsa solo in due episodi, la Dama è sicuramente intrigante e misteriosa, ma il dialogo finale con Negan è quanto di più scontato si possa sentire e il suo obiettivo sembra quello di ogni villain comparso su The Walking Dead.
Tutta la parentesi dedicata al Croato, ai suoi scagnozzi, al suo sistema del riciclo del metano, si scioglie come neve al sole e diventa mero materiale riempitivo per allungare il minutaggio.
Anzi, la storia del metano serve a collegare questa storyline con quella di Perlie Armstrong, dato che il suo capo sembra interessato alle scorte del Croato.
Ci mancava solo questa: unire due sottotrame inutili e soporifere.
IL SENSO DI QUESTA SERIE?!
Come sottolineato precedentemente, si fa davvero fatica a trovare un senso a The Walking Dead: Dead City. Vuoi per situazioni, dialoghi e sequenze già viste in tredici anni di serie madre, vuoi per la pessima gestione dei personaggi secondari, vuoi per l’assurdità di aver riesumato la faida Negan/Maggie.
I sei episodi di Dead City potrebbero essere riassunti come Negan e Maggie che vagano per le strade di Manhattan, il primo con lo sguardo rassegnato da cagnolino bastonato, la seconda con la faccia da schiaffi e l’ipocrisia che la contraddistingue.
La seconda stagione, ovviamente, è già più che telefonata: Negan si fingerà cattivo per stare al gioco della Dama e del Croato, mentre Maggie – dopo un rapido esame di coscienza – deciderà di ritornare nella Big Apple per salvarlo. Ecco, la sceneggiatura è servita, non c’è di che.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Finalmente è terminata quest’agonia che, purtroppo, tornerà con una seconda stagione. Perché si sa, l’erba cattiva non muore mai.
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Se volete entrare nelle sue grazie, non dovete offendere: Buffy The Vampire Slayer, Harry Potter, la Juventus. In alternativa, offritele un Long Island. La prima Milf di Recenserie, ma guai a chiamarla mammina pancina.