We Own This City 1×02 – Part TwoTEMPO DI LETTURA 4 min

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We Own This City 1x02 recensionePiù si guarda We Own This City e più si ringrazia il fatto che questa miniserie sia composta da soli sei episodi. Un mezzo sospiro di sollievo che nasce dalla palese difficoltà dello spettatore di seguire le svariate linee temporali e la moltitudine di personaggi senza nome (o alternativamente la moltitudine di nomi senza volto) che continuano a sbocciare in ogni episodio.
Infatti “Part Two” aiuta lo spettatore solo leggermente nel capire dove ci si trovi e chi siano i protagonisti, il che rende tutto piuttosto difficile da seguire, specialmente quando si tratta di un mondo completamente nuovo ed i punti cardine non vengono segnalati in maniera chiara.

If we clear the corners, they’ll stop shooting each other. If they stop shooting each other, the murder rate goes down, and if the murder rate goes down, the mayor gets to be the governor.
[…] Fucking O’Malley promised he would get the murder rate below 200 a year, but he ain’t even close. So, we gotta clear the corners so that the governor can’t say Marty runs a shithole city.

UNA SCENEGGIATURA NON CHIARISSIMA ED UNA REGIA CHE NON AIUTA


Ricordando che We Own This City non è una storia completamente inventata quanto piuttosto il risultato del libro We Own This City: A True Story Of Crime, Cops And Corruption sfortunatamente reale scritto dal reporter del Baltimore Sun Justin Fenton, la scelta di regia e sceneggiatura di mischiare le carte è però diversa rispetto a quella del libro. Una scelta che per ora non sta pagando.
Viene da domandarsi infatti se sarebbe stato meglio dedicare un episodio a testa a partire dal Sergente Jenkins, che aiutasse a dare una certa prospettiva al tutto. Sarebbe potuta essere un’alternativa valida ma non è così. Ecco quindi che “Part Two” ripete gli stessi errori del suo predecessore ricadendo in un certo modo di fare tv che è ricco di hybris. Hybris che Pelacanos e Simon hanno quando assumono che tutto sia molto chiaro al loro pubblico. Chi scrive queste righe, per esempio, pur avendo la lista di nomi degli undici main character di fronte a sé, non è ancora in grado di distinguerne più di tre. E questo la dice lunga sia su chi scrive sulle difficoltà insite alla visione.

QUEL POCO CHE STA FUNZIONANDO


All that shit they taught you in the Academy about procedure and probable cause? Fuck that now. And what do they call it now, “cultural sensitivity training” they give you? Fuck that shit, too. This is Baltimore.

Tralasciando i continui e martorianti salti temporali, non è tutto da buttare via. Questa seconda parte di We Own This City ha infatti il pregevole merito di riuscire a creare un certo tipo di backstory del Sergente Jenkins, dipingendolo all’epoca del suo arrivo prima nel Baltimore Police Department (BPD) e poi Gun Trace Task Force (GTTF) come un poliziotto normale.
Un poliziotto a cui viene dato il benvenuto specificando fin da subito che quanto imparato in precedenza a livello teorico non vale praticamente nulla sul terreno piuttosto difficile di Baltimora. Un terreno fatto di omicidi, un enorme spaccio di droga ma anche tanta politica e poliziotti sottopagati che trovano nell’uso della forza un modo per farsi rispettare e anche per guadagnare di più.

Well, we could take one body for the weed, or we could take three. There’s only two ways to add to your city-scale salary, my son.
First is overtime: nobody’s gonna approve overtime for chasing 911 calls and making street arrests from patrol.
Second is court pay: you make enough arrests, you not only get credit for the stats, you can overfill the day’s docket and get paid twice. You want this extra coin, or no?

We Own This City esemplifica benissimo l’atteggiamento da vera e propria gang della GTTF, una gang che lavora al di sopra delle regole e che è praticamente un corpo estraneo alla BTD, come si può ben constatare da quel “Free Laronde!” buttato nella mischia da Jenkins come il bulletto della scuola per poi essere rimangiato in maniera falsa, ben sapendo di essere in completo disaccordo con l’opinione del comandante della BTD.
Se Pelacanos e Simon d’ora in poi limiteranno il già evidenziato problema legato ai salti temporali, allora c’è un’ottima probabilità che i restanti quattro episodi esplodano in tutta la loro potenzialità. Perché va bene avere dei flashback sullo stesso personaggio, ma tre diverse linee temporali con protagonisti completamente differenti è un invito alla schizofrenia.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Backstory che porta a capire come si sia formato il character del Sergente Wayne Jenkins e come si sia arrivati al livello di corruzione e comportamento eccessivo dei suoi membri
  • Confronto finale al bancone di un bar
  • Violenza della polizia rappresentata perfettamente
  • Persiste la quasi completa assenza di riferimenti temporali che aiutino lo spettatore
  • Non è ben chiaro come certe trame siano collegate a quella di Jenkins

 

Dopo due episodi We Own This City continua ad avere diverse caratteristiche che rimandano lo spettatore all’indimenticato The Wire, però, un paio di decadi dopo, questo modo di fare tv non sembra essere più adatto a quello che il pubblico vuol e avere. Oltretutto prosegue la mancanza di una chiara linea temporale che aiuti a navigare le decine di nomi e volti che continuano a susseguirsi sullo schermo, grossa mancanza.

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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.

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