Zero 1×03 – Episodio 3TEMPO DI LETTURA 4 min

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Dopo due episodi introduttivi, il terzo capitolo riunisce il gruppo del Barrio nella prima disavventura insieme: un escamotage forse un po’ troppo semplicistico quello del generatore del quartiere manomesso, ma certamente funzionale all’emersione di un nuovo supereroe in città. 
La serie del momento continua il suo cammino nei sentieri della serialità, tra chi applaude entusiasta e chi è meno convinto della validità del prodotto. Per darne un giudizio completo è bene analizzare ogni aspetto.

UNA PRODUZIONE ITALIANA


In un mercato competitivo come quello delle serie tv è sempre più difficile creare un prodotto valido e accattivante allo stesso tempo. Ciò diviene ancora più difficoltoso per le produzioni italiane che si trovano a gareggiare con una serialità d’oltreoceano ben più navigata in termini di resa scenica e confezionamento del pacchetto.
Scrivere che Zero è una produzione nostrana non è affatto scontato: la regia, la fotografia e l’utilizzo degli effetti speciali sono i punti forti della serie e spiccano particolarmente; lasciando lo spettatore (fruitore di una serialità che è per lo più estera) piacevolmente sorpreso.
Il lavoro speso c’è e si vede. Zero è una serie tv fatta bene che, sperimentando e mettendosi in gioco, arricchisce la produzione italiana di un piccolo tassello, contribuendo alla navigazione nel mare magnum della serialità.

COSA FUNZIONA


La nuova serie tv targata Netflix si prefigge di raccontare la periferia milanese e tutto ciò che ancora si porta dietro: razzismo, emarginazione, stereotipi e diffidenza. Strumento narrativo diviene la fantasiosa storia di Omar che personifica l’invisibilità di chi sta ai margini della società. 
Omar ha un sogno come tanti altri giovani, eppure, vedendolo consegnare pizze sulla bici, nessuno lo direbbe mai. Perché? Sharif, Anna, Momo sono tutti dei ragazzi spocchiosi e arroganti. Ma la loro è una storia di ghettizzazione, discriminazione e riscatto che racconta come tutti hanno un sacrifico da offrire per un sogno da raggiungere. 
La bellezza di Zero nasce dall’intento di raccontare un concetto banalissimo, eppure, ancora così poco affrontato: che il futuro dei giovani risieda nelle loro mani è una grande bugia. La metafora dell’invisibilità rappresenta con delicatezza un disagio spesso poco affrontato: la voglia di emergere e l’impossibilità di poterlo fare.
In questo quadro si inserisce il personaggio di Anna: è bello che di fronte alla presenza di Anna, Omar non si senta più invisibile. Qualcuno c’è, qualcuno ti vede, qualcuno, finalmente, ti comprende.

COSA INVECE NO


L’altro lato della medaglia di una storia ben conosciuta nella realtà è il rischio di cadere in qualche cliché narrativo. In particolare la storia tra Omar e Anna decolla nel giro di poche battute senza che si capisca bene cos’è che lega i due ragazzi fin da subito. La stessa relazione ragazza dell’alta società-ragazzo di strada sa troppo di già visto; uno schema riciclato già troppe volte sia nel piccolo che nel grande schermo.
Come sopra già detto, è bello che Omar non si senta più invisibile di fronte ad Anna (perdendo così il suo super potere), tuttavia il rapporto tra i due si evolve in maniera repentina e non si comprende bene perché proprio la giovane studentessa riesca a penetrare l’animo del protagonista.
Il secondo tallone d’Achille della serie è, come già detto più volte, rappresentato dai dialoghi. La ricerca di un linguaggio quanto più vicino al mondo giovanile è senz’altro visibile, tuttavia di fronte a molte battute si perde un po’ la credibilità della storia. Dialoghi un po’ surreali, forse troppo romanzati dove si è lasciati prendere la mano dalla storia supereroistica dai toni teneri e romantici, dimenticando l’aderenza alla realtà.
In conclusione e prendendo in considerazione ogni aspetto, non si può certo dire che Zero sia una serie poco curata o mal fatta. Come d’altro canto non si può nemmeno gridare alla serie evento dell’anno. L’intento narrativo affascina e tiene incollati allo schermo, su questo non vi è dubbio. Ed è proprio per questo che, pur con qualche nota storta nello sviluppo narrativo, questo terzo episodio può dirsi almeno promosso.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Regia e fotografia, sicuramente i punti forti della serie
  • I pensieri fuoricampo di Omar
  • La storia di Omar e il racconto della periferia
  • Omar di fronte ad Anna non è più invisibile
  • Giuseppe Dave Seke 
  • Narrazione che scorre piacevolmente
  • Venti minuti di episodio…un pro?
  • Qualche cliché narrativo
  • Dialoghi deboli 
  • Storia tra Anna e Omar sviluppata in maniera troppo repentina 
  • I personaggi sembrano ancora un po’ stereotipati
  • Venti minuti di episodio…un contro?

 

La metafora dell’invisibilità rappresenta con delicatezza un disagio spesso sottovalutato: la fantasiosa storia di Omar diventa strumento narrativo per un racconto giovanile di emarginazione e riscatto.

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