A distanza di 39 mesi dall’uscita della prima serie (e con in mezzo anche un reality show piuttosto carino), Squid Game ritorna su Netflix con la seconda stagione che deve essere vista e considerata nel più ampio spettro di un progetto che ora è diventato di tre capitoli. Come già riportato con maggiori dettagli in uno degli ultimi episodi del podcast, la serie scritta e diretta da Hwang Dong-hyuk ha ricevuto l’ordine per altre due stagioni, andando quindi a concludersi con la 3° stagione. E poi verosimilmente ci sarà anche uno spin-off americano che si vocifera essere creato da David Fincher.
C’era il bisogno di avere una seconda e terza annata della serie? Probabilmente no ma il vil denaro e la fama raggiunta hanno molto probabilmente influenzato la decisione di Netflix e dello stesso sdentato creatore (maggiori dettagli a riguardo sempre nel già citato podcast). Ed ecco quindi che la nuova stagione arriva in formato leggermente ridotto con sette episodi invece dei novi precedenti, con un protagonista che non ha i capelli rossi come visti nel precedente season finale (gran peccato) e con un difficilissimo compito di replicare (se non superare) le aspettative createsi nel pubblico dopo che la serie è diventata di fama mondiale (anche grazie alla release durante il lockdown). E giusto a conferma di questo, nel frattempo pure Google ha creato un doodle basato sulla serie.
GIOCHIAMO A DDAKJII E POI ALLA ROULETTE RUSSA?
Qual è però lo scopo di questa stagione? Ad occhio e croce il tema della vendetta e del tentativo di distruggere per sempre gli Squid Game sembra essere lo scopo di Seong Gi-hun, palesemente incazzato anche a distanza di anni. E questa è la prima informazione importante da notare: “Pane e Lotteria“, a parte un brevissimo trafiletto che si ricollega temporalmente a “Un Giorno Fortunato“, è ambientato due anni dopo. Scelta fatta principalmente con lo scopo di enfatizzare la tenacia sia di Seong Gi-hun che di Hwang Jun-ho (l’ex detective fratello del Front Man) nel rimettersi in contatto con l’organizzazione che gli ha cambiato la vita non necessariamente in meglio.
Ecco quindi che la season première si alterna tra la ricerca di quell’uomo che lo ha reclutato per gli il primo Squid Game giocando a Ddakji in metropolitana (più generalmente conosciuto come Salesman/Reclutatore) e la ricerca dell’isola dove si sono svolti i primi giochi mortali. Tutto interessante fino ad un certo punto e sicuramente necessario per far ripartire la storia, ma non sufficiente per generare hype.
C’È GIÀ UN PROBLEMA DI PROTAGONISTI?
Quello che funziona veramente della season premiere sono due elementi: il focus sul Salesman/Reclutatore (vero e proprio protagonista dell’episodio) e la tensione generata dalle due roulette russe. Quindi di fatto si sta parlando della seconda parte dell’episodio.
Hwang Dong-hyuk gioca bene con il pubblico, stuzzicandolo ampiamente con un character secondario su cui si è sempre speculato molto e che, di fatto, si rivela essere tanto interessante quanto psicopatico. Probabilmente per la televisione coreana il personaggio non è niente di eccessivo, ma per uno spettatore occidentale sia il suo atteggiamento, che la storia relativa a come abbia ucciso suo padre, sono da bollino rosso per chiunque. Eppure è proprio qui, e proprio per questa violenta eccentricità, che il Salesman funziona, evitando di cadere in quei cliché che ci si potrebbe aspettare di vedere in personaggi come questo.
Fa quasi dispiacere constatare come, dopo così tanto minutaggio, Dong-hyuk si liberi del character senza troppi fronzoli, in uno strano mix di deus ex machina e decisioni discutibili che alla base hanno solamente l’etica relative alle regole della roulette russa e molto probabilmente anche un certo senso dell’onore che raramente si sarebbe visto in occidente. Specialmente se la scelta è uccidersi o uccidere il contendente di fronte.
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Il ritorno di Squid Game non arriva col botto ma è comunque piacevole, genera un paio di domande e tutto sommato intrattiene il giusto necessario per stimolare il binge watching.
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.