The Good Fight 5×09 – And The End Was ViolentTEMPO DI LETTURA 4 min

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The Good Fight 5x09 recensioneAd un solo episodio dal season finale, bisogna per forza di cose tirare le somme di questa quinta stagione, vissuta tra covid, restrizioni ed abbandoni.
Con l’addio a due personaggi importanti come Adrian Boseman (Delroy Lindo) e Lucca Quinn (Cush Jumbo), la serie aveva l’arduo compito di non deludere lo zoccolo duro dei fan e continuare a proporre storylines interessanti.
Nonostante qualche incidente di percorso, la quinta stagione si assesta su un buon livello qualitativo, grazie a Christine Baranski e Audra McDonalds che trainano letteralmente lo show, oltre all’encomiabile lavoro di scrittura dei coniugi King.
Il difetto più lampante di questo quinto ciclo è sicuramente la mancanza di una linea generale e di una direzione comune. Gli episodi, seppur contaminati dalla stessa trama orizzontale, risultano abbastanza slegati, senza riuscire a far risaltare un comune denominatore.
I coniugi King, però, sembrano non farci troppo caso, continuando a focalizzare l’attenzione su ciò che sanno fare meglio: scoccare velenose frecciatine di denuncia sociale in modo tragicomico, paradossale e grottesco. Ma è proprio questo che il pubblico apprezza.

THE WACKNER EFFECT


In questa penultima puntata, la fantasia e creatività dei King galoppa velocemente, dilatando l’elemento comico-grottesco fino quasi al punto di rottura. The Good Fight ha sempre avuto come colonna portante, un giusto mix di attualità e paradossale, chiave vincente per un prodotto di questo tipo. Nella serie madre, molto più concreta e con i piedi per terra, gli autori non avevano avuto, forse, così tanta libertà, limitandosi ad un umorismo più tradizionale.
In “And The End Was Violent” tutto è surreale, tragicomico, a partire dal Giudice Wackner che si ritrova subissato di casi importanti, viste le problematiche sistemiche ed il sovraffollamento delle corti di Chicago. I poliziotti della città, infatti, preferiscono rivolgersi a Wackner, perché l’unico in grado di garantire onestà ed imparzialità.
Neanche troppo sottile, dunque, è la critica dei King al sistema legale e giudiziario statunitense, carente su molti fronti e non sempre capace di assicurare giustizia.
L’effetto Wackner, con il proliferare di altri finti tribunali come il suo, è il sogno utopistico di una società che si impegna per il bene comune, ma che, purtroppo, si ritrova intrappolata in una spirale di anarchia, dove ognuno si inventa le proprie regole.

“I’M NOT A CAT, SIR!”


I coniugi King hanno abituato da tempo il loro pubblico a delle perle di comicità che strizzano volentieri l’occhio a situazioni reali ed attuali. Non c’è da stupirsi, dunque, se il punto più alto della puntata viene raggiunto con la surreale videoconferenza tra Diane, Liz e David e le altre sedi della STR Laurie. Quando tutto sembra andare per il verso giusto, infatti, ecco comparire Allegra Jurado, la nuova recluta dello studio legale, munita di tanta determinazione e cat filter. Lapalissiano è l’omaggio al povero avvocato che ha dovuto presentarsi davanti al giudice (sempre in video-call) senza riuscire a scrollarsi di dosso il filtro da gatto su Zoom, diventando virale in pochissimo tempo.
Sono queste piccole chicche a rendere lo show un prodotto di grande valore.

A CHICAGO CI SON PIU’ BOSS DELLA DROGA CHE GRATTACIELI


L’unico elemento che sembra stonare in questo episodio, è la presenza di Mr. Rivi, boss della droga di Chicago e la sua idea di mettersi in affari con una azienda dolciaria. Questa sotto-trama risulta poco incisiva e poco interessante, dato che già in The Good Wife lo studio legale aveva difeso un altro signore della droga, ovvero Lemond Bishop.
Mr. Rivi risulta meno carismatico di Bishop ed il suo intervento servirebbe per accendere i riflettori sul personaggio di Carmen Moyo: impresa a dir poco fallimentare, visto il risvolto soporifero della sua partecipazione allo show. Peccato.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Una puntata in pieno stile King. Una goduria assoluta per gli occhi!
  • “I’m not a cat, sir!”
  • Le frecciatine kinghiane al sistema legale/giuridico/penitenziario statunitense
  • Il sarcasmo di David Lee
  • La stagione è agli sgoccioli, ma sono mancate una linea generale ed una direzione
  • Personaggio di Carmen Moyo troppo anonimo, nonostante avrebbe dovuto essere la nuova Lucca Quinn
  • Mr. Rivi copia esatta di Lemond Bishop, ma molto meno carismatico

 

Un episodio in puro stile King, che risulta difficile da accettare come veritiero, tanto è il surrealismo della trama, ma che conquista gli spettatori grazie a questa irrealtà di fondo. Peccato per qualche personaggio sviluppato in maniera vergognosa (Marissa Gold e Carmen Moyo), ma d’altronde il vuoto lasciato da Lindo e Jumbo era difficile da colmare.
Senza una direzione comune ed una trama orizzontale definita, sarà difficile pensare a come potrebbe essere la sesta stagione. Staremo a vedere. Intanto si attende il season finale.

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Se volete entrare nelle sue grazie, non dovete offendere: Buffy The Vampire Slayer, Harry Potter, la Juventus. In alternativa, offritele un Long Island. La prima Milf di Recenserie, ma guai a chiamarla mammina pancina.

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