Augustine Lofthouse è uno scienziato malato terminale che decide di restare nella sua base nonostante una catastrofe globale stia distruggendo il mondo. Nella solitudine del Polo Nord, l’astronomo scopre che una bambina di nome Iris è rimasta nella stazione scientifica nonostante l’evacuazione ed insieme provano ad avvertire della minaccia una navicella spaziale che deve tornare sulla Terra. |
Somebody’s got to be coming back for you, because I can’t help you. You undestrand? I’m the wrong person.
2049 – PRIMO CONTATTO
Il 2049 è un anno significativo per quanto riguarda il mondo fantascientifico.
Dopo il colossale Blade Runner 2049 di Denis Villeneuve, tocca a The Midnight Sky di George Clooney mettere in scena di nuovo tale anno. Il concept non è tra i più originali (le idee in generale iniziano a scarseggiare) in quanto viene mostrato un mondo post-apocalittico dove l’aria è diventata irrespirabile. Tra gli ultimi superstiti sulla Terra, rifugiati nei sotterranei in attesa di soluzioni a lungo termine, e missioni interstellari della NASA alla ricerca di altri mondi abitabili, c’è Augustine Lofthouse, astronomo malato terminale che ha deciso di trascorrere gli ultimi giorni della sua esistenza in una stazione scientifica del Polo Nord, tra ricordi e rimpianti.
Il film diretto ed interpretato da Clooney non è frutto di una sceneggiatura originale ma è l’adattamento (abbastanza libero ma non troppo) del romanzo scritto nel 2016 da Lily Brooks-Dalton che si intitola Good Morning, Midnight. I puristi delle trasposizioni si possono comunque ritenere soddisfatti visto che i cambiamenti sono principalmente dovuti a fattori esterni (la gravidanza di Felicity Jones durante le riprese) e per aumentare il ritmo narrativo con alcune scene d’azione non presenti nel libro.
Va chiarito fin da subito: The Midnight Sky non è un film riuscito e non sfrutta appieno un potenziale sprecato da un George Clooney ancora non ben indirizzato tra progetti riusciti ed altri un po’ meno. Tra le note positive sicuramente c’è una fotografia coraggiosa che accetta la sfida e non si tira indietro nel mostrare la contrapposizione tra gli scenari apocalittici terrestri ed i viaggi spaziali all’avanguardia. Sicuramente di forte impatto la sequenza dell’emorragia a gravità zero, a metà tra lo splatter ed il fantascientifico puro, che segna uno dei punti emotivi più forti del film.
Tuttavia il lavoro di Martin Ruhe (Catch-22) rimane un po’ fine a sé stesso data la difficoltà manifestata nel mettersi al servizio di una storia lenta ed abbastanza stucchevole.
IL VECCHIO E LA BAMBINA
Il film può essere scisso e analizzato come due facce di una medaglia, parallele ma convergenti nel finale. Sulla Terra viene mostrata nei primi venti minuti del film la routine dello scienziato Augustine Lofthouse. Questa costruzione promettente si dimostrerà, come già visto in altri film del recente filone sci-fi mainstream (Passengers, Ad Astra), un loop da interrompere. Infatti tale routine viene disturbata da Iris, una bambina vispa e silenziosa probabilmente smarrita dai genitori nella fase di trasferimento nei bunker sotterranei. Il binomio vecchio-bambina funziona sin dall’inizio, promettendo risvolti narrativi classici con Iris che risveglia l’avventura in Augustine, che però dovrà proteggere la bambina.
Tuttavia l’interesse svanisce dopo un po’ a causa del minutaggio eccessivamente dedicato all’altra storyline, decisamente meno interessante, che non fa altro che distrarre lo spettatore. Un peccato visto che le scene più emozionanti vedono come protagonisti proprio gli unici due abitanti della superficie terrestre.
È sicuramente da salvare la prova attoriale di George Clooney, alle prese con l’interpretazione di un malato terminale afflitto dai rimorsi di una vita piena di “e se… ?“, a tal punto da farli materializzare per regalarsi un’ultima grande avventura nel tentativo di contattare l’equipaggio dell’unica missione andata a buon fine: la nave spaziale Aether.
LA AETHER – SPAZIO, ULTIMA FRONTIERA
Il design della nave spaziale Aether si discosta decisamente dalla moda dell’ultimo decennio di richiamare lo stile della Discovery One di 2001: Odissea nello spazio. La navicella in missione verso un satellite di Giove sembra piuttosto uscito da una delle ultime serie televisive di Star Trek, abitata da un equipaggio variegato ma abbastanza sconosciuto se non per qualche eccezione.
Il capitano Adewole, per cominciare, rappresenta la perfetta sintesi della superficialità rappresentata nella scrittura dei componenti dell’equipaggio. Il character di David Oyelowo, nonostante l’importante ruolo, non riesce ad empatizzare con lo spettatore; la giovane Maya (Tiffany Boole) rimane un personaggio piatto e non molto caratterizzato che si rende protagonista anche di una sequenza eccessivamente lunga, ampiamente prevedibile e con tempi dilatatissimi.
Non fa né caldo né freddo anche Sanchez (Demián Bichir), mentre Kyle Chandler è promosso in quanto il suo Mitchell rappresenta l’unico membro dell’equipaggio ben caratterizzato, di cui si riesce a comprendere il background e le cui preoccupazioni verso un pianeta Terra che non risponde sono palpabili. Per concludere, Felicity Jones non riesce a imporsi a dovere nel ruolo chiave del film: la sua Sully sembra infatti quasi soffrire nell’attesa di dover mantenere il segreto allo spettatore fino al tardivo colpo di scena.
METTERSI IN CONTATTO
La rivelazione finale di The Midnight Sky, quella che dovrebbe dare un senso in prospettiva al tutto, arriva decisamente troppo tardi. Tutto il film sembra costruito in maniera stucchevole e retorica per condurre lo spettatore al colpo di scena finale, con la speranza di guadagnare il placet negli ultimi minuti. L’idea della comunicazione come mezzo di scoperta risiede anche in Arrival, gioiello della fantascienza degli ultimi anni. Paragonando però l’operato di Clooney a quello di Villeneuve, The Midnight Sky risulta impietosamente inferiore, apparendo forse più come un’occasione amaramente sprecata.
I temi e le idee ci sono, forse anche troppi: dalla sensibilità ambientale (sempre moderna), all’incomunicabilità, alla famiglia come preclusione per una carriera futura.
Tanti temi, tutti leggermente sfiorati, senza prenderne nessuno di petto, lasciando libera interpretazione allo spettatore di scegliere se parlare di un pianeta inabitabile entro 30 anni o della scelta di uno studio scientifico che potrebbe salvare l’umanità dall’estinzione piuttosto che di avere una famiglia. The Midnight Sky è purtroppo sempre pervaso da un’irritabile retorica che si vede nel mancato coraggio di prendere una posizione decisa e si manifesta in una superficiale occasione sprecata.
TITOLO ORIGINALE: The Midnight Sky REGIA: George Clooney SCENEGGIATURA: Mark L. Smith INTERPRETI: George Clooney, Felicity Jones, Kyle Chandler, David Oyelowo, Tiffany Boon, Demián Bichir , Kyle Chandler, Caoilinn Springall, Sophie Rundle DISTRIBUZIONE: Netflix DURATA: 118′ ORIGINE: USA, 2020 DATA DI USCITA: 23/12/2020 |