That shit plays everywhere. Inside, outside. And it plays on both sides of the law. You can’t go up against that justice and win.”
Quelli che sembravano personaggi secondari, utili solo al contorno della storia come copertura, si sono presto rivelati molto più centrali del previsto, necessari non solo nello sviluppo della trama in sé ma anche nel permettere una progressione più corposa alla serie. E il motivo è presto detto: Your Honor si presenta come una miniserie forse troppo lunga per la storia che vuole raccontare; oltre ai 9 episodi totali, infatti, anche il minutaggio eccessivo (praticamente 1h a puntata) sembrano elementi destinati a prolungare fin troppo un prodotto che poteva giovare di una rappresentazione minore. Con questi tempi ben distesi dunque, la storia non poteva basarsi solo sui sensi di colpa di Adam e le coperture di Michael, mentre un focus maggiore su personaggi come la famiglia Baxter e soprattutto Kofi Jones aiutano di gran lunga a reggere meglio il gioco. Senza contare che la componente sul razzismo e le differenze di classe, sempre attuali, conferiscono alla serie anche un’impronta sociale di forte rilevanza.
I PROTAGONISTI
Una storia che, si diceva, inizialmente sembrava riguardare solo Michael e suo figlio Adam, con tutti gli altri a fare da contorno. In questo terzo episodio invece, il duo Desiato ha avuto un ruolo decisamente minore, dove perlopiù è stato messo in risalto il modo in cui entrambi affrontano le conseguenze delle proprie azioni. Ovviamente diversa è la reazione e, di conseguenza, il peso che entrambi portano sullo schermo; Adam viene rilegato al solito ruolo destinato agli adolescenti in situazioni come questa, naturalmente oppresso dal senso di colpa, in balia di azioni che presto o tardi potrebbero rivoltarsi contro o, ancora, alle prese con situazioni sentimentali.
Ma è innegabile che la parte centrale sia rivolta alla figura del giudice: il personaggio interpretato da Bryan Cranston riesce a mantenere sempre alta la tensione in ogni sua scena, dando vita ad un personaggio ambivalente in un modo decisamente elegante. Non si può fare a meno di guardare Michael Desiato e non vedere riflesso nel suo volto il personaggio di Walter White, e non solo perché Cranston lo ha ormai cucito addosso. Il destreggiarsi tra il rispettato giudice e questa versione da complottista capace di costruire una fitta rete d’inganni, funziona fin troppo bene sullo schermo, rimandando prepotentemente ai tempi di Breaking Bad. Naturalmente anche Michael continua ad inciampare in errori abbastanza pesanti, sempre dettati dal senso di colpa (l’intervento su sua richiesta del miglior avvocato per Kofi Jones ad esempio) che è logico supporre ad un certo punto esploderanno. Ma anche con questi passi falsi, la figura del giudice rimane quella che maggiormente catalizza l’interesse e quando la sua parte attiva viene un po’ ristretta, come in questo episodio, la mancanza si fa decisamente sentire.
GLI ALTRI
In “Part Three” l’attenzione quindi si sposta prevalentemente su gli altri personaggi coinvolti nelle conseguenze del tragico incidente provocato da Adam. Come sottolineato nella scorsa recensione, l’introduzione di Kofi Jones si è rivelata altamente stimolante per la narrazione, dato che serve ad aumentare il materiale intorno ai due protagonisti principali, aiutandoli nello sviluppo delle loro false piste. Dopo l’attenzione particolare riservata al povero Jones in “Part Two”, qui si vede finalmente entrare in scena in modo più pressante anche l’altra famiglia coinvolta nell’incidente, i Baxter. La comparsa dell’altro figlio del boss è utile per allargare il focus su questa famiglia e mostrare in maniera diretta le modalità di azione da loro seguite.
Il finale di puntata lascia con il dubbio su ciò che potrà accadere, ma in questo caso la morte per mano di una “giustizia fai da te” sembra abbastanza improbabile se presa dal punto di vista dello sviluppo della storia dei Desiato. Senza contare che Kofi Jones potrebbe ancora rivelarsi una variabile da non sottovalutare.
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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.