Elisa, Riccardo, Mark e Sofia si incontrano sul camper di Fabrizio che sarà l’autista del loro viaggio. Durante la notte e con il favore dell’alcol Mark, che è alla guida, ha un colpo di sonno e Fabrizio, per evitare che investa un animale morto, sterza con violenza facendo finire il veicolo contro un albero. Al risveglio i cinque si accorgono che non sono più sul ciglio della strada, ma in una pianura in mezzo al bosco, accanto ad una spigolosa e solitaria casa rossa. |
Il panorama horror italiano è, da anni, sterile. Negli ultimi tempi si sta assistendo ad un ritorno in auge del cinema italiano, sia per quanto riguarda i film ma anche le serie tv (Suburra e Romanzo Criminale, ad esempio), tuttavia, il campo dell’horror sembra essere completamente dimenticato. Per questo la notizia che Netflix avrebbe prodotto il progetto di Roberto De Feo (già regista di The Nest) e Paolo Strippoli è stata accolta positivamente, soprattutto dopo il teaser trailer che mostrava già una breve scena gore.
Il film è uscito il 14 luglio, approdando su Netflix con i due registi già vincitori del premio per la miglior regia alla 67° edizione del Taormina Festival. Un’ottima presentazione dunque che anticipa un film interessante e ben fatto, anche se, allo stesso tempo, risulta un’occasione mancata per poter diventare un cult.
UN GRUPPO DI SCONOSCIUTI IN MEZZO AL BOSCO
A Classic Horror Story si presenta come un film slasher degli anni ’80: un gruppo di sconosciuti che si ritrovano nello stesso camper ricalcano i classici personaggi macchietta che popolano il genere da quarant’anni.
Elisa è uno dei personaggi cardine degli slasher, la final girl sveglia e tenace che ricopre il ruolo più razionale.
Fabrizio è appassionato di cinema e parla per citazioni. Il primo impatto col suo personaggio è quello di una persona solare ma fastidiosa che riprende i cinque prima di partire per poter mettere il video sulla sua pagina Instagram “gli amici di Fabrizio”. La sua conoscenza delle leggende del luogo si mescola al folk horror oltre che a renderlo il personaggio narratore, il collante non solo tra gli altri compagni di viaggio ma anche per lo spettatore.
Immancabile è la coppia di fidanzati rappresentati da Sofia e Mark, quest’ultimo è un ragazzo americano. Nell’horror, non è raro trovare un personaggio straniero con un forte accento (o che parli totalmente un’altra lingua, come in questo caso) a rappresentare il diverso.
L’unico adulto, e colui che chiude il giro di rappresentazioni, è forse il personaggio più fantasioso e nuovo tra quelli presentati: Riccardo appare come un irascibile e una testa calda, con un passato e una storia familiare fin troppo comuni.
La prima parte di film è dedicata proprio alla conoscenza dei cinque ragazzi che, come lo spettatore, non si conoscono e non hanno idea con chi dovranno condividere il viaggio.
IL CITAZIONISMO REGNA SOVRANO
Il citazionismo è il motore del film, un miscuglio di generi e sottogeneri che impediscono alla narrazione di prendere una direzione netta e ottenere una propria identità. Per la piega che il film prende questo, però, non è un difetto né uno svantaggio.
Fin dal titolo A Classic Horror Story vuole presentarsi come l’ennesimo film horror che popola i cinema (e le piattaforme streaming), lanciandosi nel citazionismo sfrenato di snuff movie, folk horror, slasher e mockumentary.
Midsommar è il film che, esteticamente, viene citato maggiormente. L’horror di Ari Aster viene ripreso non solo nella parte iniziale di trama, ma soprattutto nelle scenografie spigolose e nell’atmosfera di disagio che si respira pian piano che le dinamiche tra il gruppo e i loro assalitori si fanno sempre più consolidate.
La casa rossa nel mezzo della pianura è la protagonista dei momenti più gore del film. Tra le scene diurne e notturne il cambio d’atmosfera è notevole e i virtuosismi della fotografia raggiungono l’apice proprio la notte, quando le scene sono illuminate con neon dai colori accesi ed accecanti blu, verde e rosso.
A Classic Horror Story non ha paura di far paura. Anche se i momenti più cruenti sono limitati, quelli presenti sono espliciti e si rifanno direttamente ad una cultura splatter conosciuta anche fuori dagli schemi dell’horror, Tarantino in prima linea. Alle scene più crude viene accostata una scelta musicale inconsueta ma di forte impatto. Il maggior esempio si trova proprio nel teaser trailer già citato, dove uno dei ragazzi viene torturato con una musica infantile che rimbomba.
FOLKLORE ITALIANO
È la leggenda di Osso, Mastrosso e Carcagnosso. La gente moriva di fame e loro promisero di salvarli. Ma non si fa mai niente per niente.
Il folk horror è l’ispirazione, assieme allo slasher, più diretta che ha condizionato l’intera narrazione.
I cinque ragazzi scoprono, all’interno della casa dove speravano di trovare ristoro, svariate fotografie di un gruppo di donne e uomini dai visi nascosti da maschere grottesche e tre enormi affreschi dedicati a tre patroni. Fabrizio racconta ai quattro ragazzi la leggenda di Osso, Mastrosso e Carcagnosso e di come si prendessero cura della comunità in cambio di un sacrificio.
È raro trovare in film italiani una rilevanza – e anche solo una menzione – alle leggende popolari italiane e alle storie di folklore del paese. Una forte componente che rende il film molto originale. De Feo e Strippoli riescono a miscelare molto bene questi due elementi: una delle leggende italiane sconosciute ai più ma che narra le origini delle tre organizzazioni criminali più famose. Secondo la storia, infatti, Osso ha fondato la mafia, Mastrosso la ‘ndrangheta e Carcagnosso la camorra.
Alla novità si unisce anche una delle peculiarità più utilizzate negli horror, molti dei quali hanno proprio una leggenda o una storia di folklore o di mera immaginazione alla base.
SOTTO LA SUPERFICIE
A Classic Horror Story non è Midsommar né gli si avvicina, e l’intendo degli autori non è di certo creare un remake italiano dell’ultimo film di Aster.
Strippoli e De Feo puntano a costruire una critica all’Italia e non solo quella degli ultimi anni. Un’Italia dove i giovani non vanno avanti senza raccomandazione o senza spinte economiche e non da parte dei genitori. La presentazione che viene fatta di Elisa è emblematica in tal senso: una giovane neo laureata che sta andando ad abortire perché non può tenere il bambino anche se vorrebbe, a causa di un lavoro sottopagato.
La critica si allarga anche allo sciacallaggio che permane il Paese – come dice uno dei personaggi arrivando dritto al punto del discorso che regista e autori sono intenzionati a portare avanti – la morte in Italia piace ma soprattutto vende. La situazione, però, si capovolge quando si parla di cinema, in particolare quello horror che in Italia non viene prodotto o incoraggiato.
È raro che un film horror non voglia scavare nella psiche umana o che non abbia un messaggio da trasmettere e, anche in questo, A Classic Horror Story rassomiglia ad un classico visto e rivisto. Ma grazie al folklore italiano e ai messaggi che vuole trasmettere, il film riesce ad essere originale e a portare una sferzata d’aria fresca in un panorama italiano vuoto per quanto riguarda l’horror, un genere che ha cavalcato la cresta dell’onda negli anni ’70.
Tuttavia, sebbene i registi dispongano di tutti gli elementi con chiarezza, manca il mordente necessario per costruire una struttura che in A Classic Horror Story è traballante.
Un buon film sotto molteplici punti di vista, sia inediti che citazionisti, ma che cade nel voler trattare troppo in fretta troppi argomenti, con il risultato di creare indubbiamente un buon film horror con degli spunti interessanti ma non sviluppati come avrebbero meritato.
TITOLO ORIGINALE: A Classic Horror Story REGIA: Roberto De Feo, Paolo Strippoli SCENEGGIATURA: Roberto De Feo, Paolo Strippoli, Milo Tissone, David Bellini, Lucio Besana INTERPRETI: Matilda Anna Ingrid Lutz, Francesco Russo, Peppino Mazzotta, Will Merrick, Yuliia Sobol DISTRIBUZIONE: Netflix DURATA: 95′ ORIGINE: Italia, 2021 DATA DI USCITA: 14/07/2021 |