Nell’entertainment odierno è tutta una questione di franchise. Ogni colosso punta ad avere un roster di marchi da poter vendere al consumatore per assicurarsi un abbonamento, almeno finché quel franchise continuerà a vivere. Netflix, tra tutte, è stata quella più svantaggiata, non possedendo alcuna proprietà intellettuale. Così è partita cercando di costruirsene delle proprie (Stranger Things, Army Of The Dead), oppure collaborando con altri colossi (The Sandman con Warner) per ottenere la sua gallina dalle uova d’oro.
Ecco che Cobra Kai, estendendosi all’universo di Karate Kid, potrebbe essere proprio quel che fa al caso di Netflix e Sony, rispettivamente distributori e produttori dello show. E non è un caso infatti che, con un rinnovo assicurato alle spalle (mentre si vocifera già di un futuro spin-off quando la serie non avrà più nulla da dire) Sony Pictures fissa già una data per un futuro “film dell’universo di Karate Kid”. A quanto pare i piani per Daniel-san e Johnny Lawrence non sono a stretto giro, e con un finale così non si chiudono le porte a numerosi spunti futuri.
Pastinaca: “Mr. LaRusso. Come with me if you wanna live?“
RITORNI INATTESI
Il cliffhanger che chiudeva “Survivors” viene presto svelato iniziando a sparare i colpi di scena sin dai primi momenti. Il misterioso rapitore non è un membro del Cobra Kai, bensì il dimenticato Mike Barnes, riprendendo una storyline lasciata appesa sin da “Playing With Fire“. Il ritorno di Sean Kanan appare però poco costruito, indebolendo quel che poteva essere un asso nella manica degli autori per il gran finale. Il dialogo con cui Mike, Johnny e Chozen decidono di invadere letteralmente in casa di Terry Silver non è da meno. La sceneggiatura gioca troppo sulla poca lucidità data dall’alcol, mal supportata però da una recitazione un po’ troppo macchiettistica.
Funziona, invece, l’altro ritorno, quello di Pastinaca. A differenza di Mike Barnes ecco che invece qui gli autori si sono impegnati nel costruire un comeback di tutto rispetto, persino per una spalla comica come il personaggio di Paul Walter Hauser. È stato infatti proprio lui la scheggia impazzita, capace di sovvertire gli equilibri partendo dal salvataggio di LaRusso, fino ad arrivare alla testimonianza decisiva per l’incarcerazione di Terry Silver. Un ritorno che si spera non resti qualcosa di sterile, al mero servizio della trama.
SCONTRI FINALI
Non sarebbe un finale di stagione che si rispetti senza combattimenti e rese dei conti. Da questo punto di vista “Head of the Snake” non delude le aspettative, anzi alza ancor di più l’asticella. Tra katane e sai gli autori tracciano una linea adulta e seriosa, che mai prima d’ora era stata così presente in Cobra Kai. Stavolta i duelli sono all’ultimo sangue, essere sconfitti per mano di Terry Silver equivarrebbe alla morte, e lo sa bene Chozen con le cicatrici che si è procurato. Inoltre, è impossibile non menzionare ancora una volta Johnny Lawrence, mattatore del suo show. Zabka è protagonista di una delle sequenze più badass dell’intera serie, che funziona alla grande nonostante tutti i cliché del caso e qualche salvataggio last minute telefonato (vedasi alla voce Mike Barnes).
Nel dojo lo scontro assume connotati totalmente diversi. I ragazzi sono chiamati a difendere Falco e Demetri impegnati ad hackerare il laptop di Silver, per far venire a galla tutte le sue malefatte. La rissa si rivelerà una prova d’astuzia per gli allievi del Miyagi-Fang (quindi si chiama così?), che scopriranno l’utilità della tattica impartitagli dal sensei Toguchi in “Bad Eggs”.
Un enorme percorso climatico per arrivare finalmente fino al rematch più importante di tutti, tra Daniel-san e Terry Silver. Il combattimento, c’è poco da fare, emoziona e fa molto bene il suo lavoro, alternando anche footage di Karate Kid III col metodo “Argento vivo”, nell’intento di coinvolgere ancor di più i fan di vecchia data. Gli stunt stavolta riescono a non far sfigurare il buon Ralph Macchio su un tatami, rendendolo credibile anche grazie ad una recitazione sentita ed efficace.
CHE NE SARÀ DEL COBRA KAI?
Giunti al termine della quinta stagione diventa doveroso porsi delle domande. Quali sono i piani per Cobra Kai? Quanto ancora andrà avanti? Per quanto si possano spendere belle parole con la serie che rappresenta una specie di guilty pleasure per i suoi spettatori, l’originalità inizia a mancare. La struttura è ormai consolidata e prevedibile per lo spettatore che già si aspetta colpi di scena e non si sorprende più come nelle precedenti stagioni. Urge quindi porre un traguardo, stabilire un finale (che potrebbe arrivare proprio nella sesta stagione), prima di iniziare a valutare ulteriori estensioni del franchise di Karate Kid che arriveranno sicuramente.
Ciò che è certo è che praticamente il Cobra Kai è ormai smantellato. Tutti i teenager che potevano essere considerati antagonisti con “Head of the Snake” hanno avuto una conversione. Se Tory aveva avviato questo processo già a inizio stagione, persino Kenny, ritenuto il papabile futuro main villain, prende coscienza di sé e decide di mollare il dojo che l’ha reso ciò che ha giurato di voler combattere.
Un finale certamente emozionante e appagante ma forse fin troppo, non lasciando possibili altri sbocchi sul lato teen per futuri scontri. Una speranza potrebbe risiedere in John Kreese, protagonista di un ottimo percorso personale in questa stagione, che dopo la sua evasione in stile Lupin, sulle note di My Way, promette vendetta a LaRusso e Lawrence.
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Nonostante i parecchi punti deboli è impossibile non dare almeno un Thank per tutto il pathos messo in campo. O anche solo per la rivincita di LaRusso contro Silver. Tuttavia è indubbio che una stagione 6, magari incentrata sul così atteso Sekai Taikai, potrebbe rappresentare un finale giusto per uno show che ormai è uno dei punti fermi del roster Netflix. Magari impiegando anche l’ultima risorsa rimasta dai film, Hilary Swank, che intanto svia le domande su una sua futura apparizione.
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Giovane musicista e cineasta famoso tra le pareti di casa sua. Si sta addestrando nell'uso della Forza, ma in realtà gli basterebbe spostare un vaso come Massimo Troisi. Se volete farlo contento regalategli dei Lego, se volete farlo arrabbiare toccategli Sergio Leone. Inizia a recensire per dare sfogo alla sua valvola di critico, anche se nessuno glielo aveva chiesto.