La scoperta di un giacimento di petrolio nel sottosuolo della ridente New Babylon porta il gruppo dei protagonisti in trasferta, alla ricerca di una trivella, in un episodio decisamente filler che lascia poco alla trama orizzontale, ma che regala una bella scena d’azione.
Dopo tre episodi sembra definitivamente chiaro che la rivisitazione di Django vira verso una ricercata introspezione, apprezzabile nell’intento, ma eccessiva nella riuscita.
UN PASSATO NEBULOSO
L’avanzare degli episodi rende sempre più chiara la presenza di un filo che lega tutti i protagonisti della vicenda.
In un modo o nell’altro, il passato è il protagonista di ogni puntata e il terreno comune che congiunge i personaggi principali emerge in maniera lenta ma costante concedendo al pubblico tanto quanto basta per godersi la puntata, ma sempre meno di quel che serve per capirci qualcosa in più.
Dopo la scoperta nello scorso episodio del legame di sangue tra Django e Sarah (padre e figlia), il terzo capitolo della nuova serie Sky lancia l’occhio a un tempo imperfetto in cui Ellis e Elizabeth erano amici.
SPAGHETTI WESTERN
L’espediente narrativo dell’acquisto della trivella è chiaramente funzionale alla scena centrale dell’episodio, che vede i protagonisti dialogare a colpi di pistole in pieno stile western.
La scena merita più di un elogio e tiene alta la tensione grazie al lavoro che fanno la regia, la colonna sonora e l’imperscrutabile sguardo dei protagonisti dell’azione. Nota di merito per lo stallo alla messicana tra Nicholas Pinnock e Noomi Rapace, entrambi magnetici e reali. E in effetti, uno dei principali pregi della serie è quella di rendere credibile un genere, immortale senza dubbio, ma solitamente di nicchia. Per quanto abbia spopolato anche negli anni a venire grazie al nome di registi come Leone e Corbucci, il western è davvero poco presente nella produzione degli ultimi decenni. Il rischio di sfregiare un’insegna come quella di Django e produrre una poco credibile storia di pistole e atmosfere a cui ormai il pubblico non è più abituato, era davvero dietro l’angolo. Nelle scene prettamente action la serie non perde un briciolo di credibilità e tiene salda la presa su un genere oggigiorno poco esplorato, ma ben definito.
E COMUNQUE, CHE RAZZA DI NOME E’ DJANGO?
Come sottolineato nelle precedenti recensioni, Django non è il protagonista di questa storia. Ne dà il nome, ma rimane sempre in una troppo comoda penombra.Il personaggio di Matthias Schoenaerts fatica ad emergere e lo spazio che si prende è sempre diverso da quello che il pubblico di Corbucci o Tarantino si aspetterebbe. Ma va anche bene così.
Il character di Django è qui analizzato sotto un aspetto più fragile, in una veste più umana che lo dispensa dalla figura che occupa nell’immaginario collettivo.
Il problema è che per il momento il personaggio ha occupato un ruolo marginale e nei prossimi episodi sembra destinato a rivestire unicamente un ruolo riflessivo. La sensazione che si ha riguardo la scelta della rivisitazione di Django è che possa risultare, quale arma a doppio taglio, fine a sé stessa in un racconto che alla fine potrebbe avere poco a che fare con il genere western. Una volta spenti i fari sulle scene d’azione, infatti, i momenti più tormentati e riflessivi rischiano di tradursi quasi in un luogo comune.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Un episodio che rimane sul solco tracciato dai due precedenti, con un’atmosfera ancora un po’ tiepida e una storia che fatica a fare breccia nel cuore dello spettatore. Le premesse buone per i prossimi episodi, in ogni caso, potrebbero esserci tutte.
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Lunatica, brutta, cinefila e mancina. Tutte le serie tv sono uguali, ma alcune sono più uguali delle altre.