“Tutte le volte che qualcuno mi ha dato fiducia, l’ho tradito. Successe pure con Pietro. Lui però fece un grande sbaglio: mi sottovalutava. In questo momento non posso sottovalutare niente e nessuno.”
Il gruppo dell’Immortale sarà risicato, ma Gennaro Savastano è solo. Non solo nel significato stretto del termine, ma privo di veri e propri alleati: quelli su cui si può appoggiare sono “sudditi” persone a lui fedeli più per timore e paura che altro. Non c’è fiducia verso la sua leadership.
Questo quinto episodio raccoglie questo elemento, lascito della quarta puntata, e decide di ampliarne il valore dedicandogli un’intera puntata, l’ultima di questa prima parte di stagione ad essere diretta da Marco D’Amore.
IL PASSATO
La puntata si apre con Genny scosso da un manca fiato che trasuda paura e timore: l’Immortale è tornato, come recita la scritta. Dopo essere stato scoperto e raggiunto a Riga, Ciro era stato rinchiuso e tenuto in prigionia, torturato fisicamente e psicologicamente dai suoi aguzzini sotto richiesta dello stesso Gennaro. Una prigionia durata effettivamente poco e che ha visto Ciro prendere la decisione di tornare a Napoli, lì dove tutto è iniziato per lui, per mettere una parola fine.
L’episodio gioca sui ricordi di Ciro, presenti nel film a lui dedicato, mostrando una zona portuale in cui da piccolo si occupava del contrabbando di sigarette. Ma è l’intera prima parte di questa quinta stagione a giocare con i ricordi, con il passato dei personaggi: la morte di Attilio e la mancata telefonata alla polizia di Ciro durante la prima stagione; il fantasma di Don Pietro che aleggia ancora nell’aria; Fernando ed il suo passato da uomo fedele di Ciro durante lo scisma con i Savastano della seconda stagione; Azzurra e Pietro che sembrano progressivamente avvicinarsi alle figure di Deborah e Maria Rita. Molti elementi del passato che tornano alla luce, quindi, ma Gomorra presenta un altro episodio senza esclusione di colpi nonostante l’evidente fase di studio tra le due fazioni avverse.
UN UOMO SOLO CHE NON DESIDERA PIÙ NIENTE
Marco D’Amore porta in scena un Ciro Di Marzio esatta rappresentazione di come era stato inquadrato nel film L’Immortale: un uomo solo che non desidera più niente. Si tratta però di una solitudine diversa rispetto a quella di Gennaro: Ciro ha la consapevolezza di un gruppo a lui fedele, unito da uno spirito ed obbiettivo comuni, ma la solitudine che si intravede è quella di una figura schiva, inavvicinabile (se non per suo volere) e difficile da aggirare. Fernando, infatti, paga le conseguenze di questa solitudine.
Ciro non desidera più niente: tornando a Napoli, come dice in uno dei primi dialoghi dell’episodio, ha dovuto mettere in conto che si tratti dell’“ultima partita”, che le sue azioni non avranno un seguito. Ma a lui questo non interessa fintanto che l’eliminazione dei Savastano vada come lui vuole.
Un uomo rinato, quindi, ma ancora tormentato dai fantasmi del passato che gli impediscono di vivere con distacco molte cose.
Inusuale, da questo punto di vista, il rapporto con Enzo a cui sembra voler cedere il proprio personale testimone di eterno “secondo in comando” e burattinaio dietro le quinte. Interessante sarà osservare l’evoluzione tra i due con il prosieguo della stagione.
CRISI DI FIDUCIA
La puntata si chiude con una crisi di fiducia generalizzata nei confronti di Gennaro, fattore che evidenzia proprio quella solitudine di cui parlava Ciro nella precedente puntata: un uomo solo al comando, isolato da tutto e da tutti.
‘O Munaciello e Maestrale iniziano ad osservare con fare distaccato la figura di Gennaro, preparandosi forse psicologicamente al momento in cui dovranno abbandonare l’erede di casa Savastano per piegarsi al volere di Ciro. Si tratta di due figure che hanno acquistato sempre più risalto in questo inizio di stagione e non è dato sapere se riusciranno a sopravvivere fino alla fine (Gomorra è spietata con i personaggi che calamitano eccessivo focus) oppure se abbandoneranno la nave prima della conclusione. Ma al momento sono le figure di spicco tra i fedelissimi di Gennaro, fintanto che la leadership rimane salda.
Allo stesso tempo, però, Genny è intaccato anche sotto l’aspetto sentimentale visto e considerato che Azzurra è stata brutalmente attaccata dai sicari de O’Galantommo (ora guidati da Donna Nunzia) a casa propria. Un assalto che ha messo a repentaglio la vita della donna (pronta alla fuga all’estero) e quella del piccolo Pietro, costretti a cercare rifugio dalla persona da cui stavano fuggendo: Gennaro. Il rapporto tra l’uomo e Azzurra è ben lontano dai fasti di un tempo: c’è rancore (dettata dalla somiglianza sempre più evidente di Genny con Don Pietro), ma c’è anche un desiderio di autoconservazione da parte di Azzurra.
Proprio questa somiglianza con Don Pietro, fattore che continua a far aleggiare il fantasma del personaggio di Fortunato Cerlino all’interno della serie, viene sottolineata dalla scritta a led “PIETRO” che fa capolino sulla testa di un Gennaro pensieroso in conclusione di puntata. La regia, quindi, gioca con questo elemento e sembra volersi far beffa a sua volta di Genny.
“Mi dispiace che non sono venuto. Come ti sta guardando la gente tua in questo momento? Vorrei stare là pure lo. Pensavo che ero morto davvero…ma tu mi hai fatto rinascere un’altra volta.”
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Metà stagione ed il livello continua ad essere molto alto, facendo pregustare una conclusione degna di questo nome.
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.