Judas And The Black Messiah recensione
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Judas And The Black Messiah

Recensione di Judas And The Black Messiah, film di Shaka King con Daniel Kaluuya e Lakeith Stanfield.

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Nel 1968, tra le proteste degli afroamericani per i diritti civili, Fred Hampton diventa capo delle Black Panther dell’Illinois e accusa la polizia di usare ingiustificatamente la violenza verso gli afroamericani. L’FBI decide quindi di far infiltrare William O’Neal, ricattato a causa dei suoi furti, tra le file delle Black Panther. O’Neal, inizialmente scettico, comincerà a conoscere meglio le qualità e la leadership di Fred, il tutto mentre continua a fare il “Giuda” con l’FBI.

 

Era il 2014 quando Kenny Lucas e suo fratello Keith proponevano a Netflix e all’indipendente A24 un biopic sulla vita di Fred Hampton. Anche se all’epoca non se ne fece niente, si erano già adocchiati diversi attori per interpretare Hampton, tra cui O’Shea Jackson Jr. e Jaden Smith, mentre per la regia si aveva già una mezza conferma con F. Gary Gray.
A posteriori non è difficile pensare che sarebbe stato un film ben diverso rispetto a questo piccolo capolavoro messo in piedi dai fratelli Lucas, Berson e Shaka King. E proprio Shaka King è una delle più belle rivelazioni di questa pellicola, ma su questo punto si ritornerà più avanti.

IL GIUDA DI ATLANTA


Judas And The Black Messiah è un titolo molto arrogante, blasfemo in un certo senso, eppure totalmente comprensibile già nella primissima mezzora di girato.
Daniel Kaluuya nei panni di Fred Hampton e Lakeith Stanfield come William “Bill” O’Neal sono encomiabili nelle loro interpretazioni e giustificano pienamente tutte le nomination e i premi che si stanno guadagnando. Non per niente, per esempio, Kaluuya ha già vinto il Golden Globe come Best Supporting Actor, e ci sono sei nomination in ballo agli Oscar tra cui Miglior Film. Tanto per dire.
Bisogna però sottolineare questo “supporting actor” perché, pur essendo uno dei due protagonisti della pellicola, Kaluuya nelle vesti di Fred Hampton è più un espediente narrativo per far luce su O’Neal piuttosto che il contrario. La storia proposta qui dal quadriumvirato Shaka King/Fratelli Lucas/Will Berson è totalmente votata al character di Lakeith Stanfield e, solo di riflesso, si sofferma a più riprese sulla vita di Hampton. La distinzione non è così netta e Shaka King è piuttosto bravo a delineare una narrazione molto fluida nel corso di queste due ore, soprattutto per aver condensato 3 anni di storia in così poco.
Le musiche scelte e le prospettive delle riprese sottolineano quasi sempre due piani narrativi che lo spettatore deve sempre tenere in considerazione: lo si vede perfettamente nella scena del comizio scelta per rappresentare la pellicola, ma è evidente che ci sia un sottotesto neanche tanto velato che si nasconde dietro tutto il film, vuoi con parole, vuoi con immagini.
Giusto per sottolineare l’importanza di O’Neal, il film si apre con la riproposizione dell’unica intervista concessa nell’aprile del 1989 alla PBS con Stanfield protagonista, mentre poi la pellicola si chiude con il vero O’Neal che risponde alle domande. Una contrapposizione molto sottile che magari può sfuggire nel corso delle 2 ore di film, ma che dimostra l’attenzione ai dettagli e anche tutto lo studio che c’è stato dietro.

I was part of the struggle. That’s the bottom line. I wasn’t one of those armchair revolutionaries.
One of those people that wanna sit back now and judge the actions or inactions of people when they sit back on the sideline and did nothing. At least I had a point of view. I was dedicated. And then I had the courage to get out there and put it on the line, and I did.
I think I’ll let history speak for me.

IL MESSIA NERO DI CHICAGO


La storia di Fred Hampton sta diventando molto famosa in quest’ultimo periodo, non solo per via di questo carismatico lungometraggio ma anche per la più recente partecipazione nel film di Aaron Sorkin Il Processo Ai Chicago 7 (li interpretato da Kelvin Harrison Jr.). Anche a causa per merito del movimento Black Lives Matter, il recente focus di Hollywood verso storie “diverse” è aumentato parecchio permettendo a film come questo di venire alla luce. Il botteghino, principalmente per motivi legati ad una certa pandemia in atto, ha rappresentato un flop importante (4.6 milioni di dollari contro 26 milioni di budget), eppure a livello qualitativo non si può che parlare di un mezzo capolavoro.
La parabola ascendente di Fred Hampton (il Black Messiah del titolo) si incrocia perfettamente con quella discendente di Bill O’Neal, torturato nell’anima da una collaborazione con l’FBI nata come via di fuga ma presto trasformatasi in una trappola. Il carisma di Hampton si contrappone alla contraddittorietà di O’Neal e, soprattutto, alla sua doppia faccia. Gli occhi di Kaluuya e Stanfield trasudano sofferenza e passione per tutti i 126 minuti, e si contrappongono a quelli sogghignanti di un Jesse Plemons che è sempre perfetto in ruoli ambigui come quello dell’agente dell’FBI Roy Mitchell.
Il pubblico si muove all’unisono empatizzando con il dualismo di O’Neal e con la voglia di cambiamento di Hampton, si percepisce perfino la strana situazione in cui si trova Mitchell, costretto ad agire controvoglia come O’Neal. L’unico personaggio libero da ogni schiavitù è Hampton, ma le sue coercizioni arrivano in modi diversi.

So, if you were asked to make a commitment at age 20, and you said, “I’m too young to die,” then you’re dead already!
If you dare to struggle, you dare to win!
If you dare not struggle, then, God damn it, you don’t deserve to win!


Il secondo film firmato da Shaka King ha tutti i crismi per diventare un piccolo cimelio degli anni ’20 di questo nuovo millennio. L’aderenza storica, il ritmo incessante, la sofferenza dimostrata e uno script curatissimo non sono un qualcosa che si vede tutti i giorni. Sfortunatamente la notorietà della pellicola è stata danneggiata dalla pandemia, si confida però negli Oscar per ridare lustro ad un film che andrebbe visto e rivisto almeno un paio di volte.

 

TITOLO ORIGINALE: Judas And The Black Messiah
REGIA: Shaka King
SCENEGGIATURA: Will Berson, Shaka King, Kenny Lucas, Keith Lucas

INTERPRETI: Daniel Kaluuya, Lakeith Stanfield, Jesse Plemons, Dominique Fishback, Ashton Sanders, Darrell Britt-Gibson, Lil Rel Howery, Algee Smith, Martin Sheen
DISTRIBUZIONE: Warner Bros. Pictures
DURATA: 126′
ORIGINE: USA, 2020
DATA DI USCITA: 12/02/2021

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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.

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