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La Donna Alla Finestra

Recensione di La Donna Alla Finestra, film con Amy Adams che riprende la struttura narrativa de La Finestra Sul Cortile senza però convincere.

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La psicologa Anna Fox da tempo soffre di agorafobia e trascorre le sue giornate chiusa nella sua casa di New York, interagendo solamente online o per poco tempo con un ristretto gruppo di persone. Un giorno, mentre spia i vicini dall’altra parte della strada, assiste ad un brutale crimine, che sconvolgerà ulteriormente la sua esistenza.

 

Un cast stellare. Un plot narrativo che sì, è un adattamento dell’omonimo romanzo di A. J. Finn, ma che ricorda fin troppo il celebre La Finestra Sul Cortile di Alfred Hitchcock. Una sequenza di colpi di scena ben assestati. Joe Wright in cabina di regia e Tracy Letts in sceneggiatura.
Gli elementi positivi, grosso modo, terminano qui, visto e considerato che La Donna Alla Finestra, presentatosi con tutti gli elementi per candidarsi a potenziale blockbuster, finisce per diventare la parodia di se stesso, rifugiandosi prima in plot twist poco discutibili, poi in passaggi di trama per nulla spiegati ed abbandonati a se stessi, ed infine, terminando la corsa con un finale blando, privo di mordente ed indebolito, apparentemente, dalla perdita di energie lungo il percorso. La cosa più frustante, forse, è l’essersi lasciati abbindolare dal cast (Amy Adams, Julianne More, Gary Oldman, Jennifer Jason Leigh, Anthony Mackie) scoprendo solo a film in corso che buona parte di questi viene sfruttata come pura e semplice comparsata.

LA FINESTRA SUL CORTILE 2? HITCHCOCK AVREBBE DA RIDIRE


La storia si dipana su otto giornate raccontate dall’immenso appartamento di New York di Anna Fox, una pediatra per bambini che soffre da diverso tempo di agorafobia. I rapporti con l’esterno sono ridotti all’essenziale: il terapista (interpretato dallo stesso Tracy Letts) e le sue sedute; il coinquilino che abita nel seminterrato (Wyatt Russell); i colloqui con il marito (Anthony Mackie). Tutto si movimenta quando, nell’appartamento di fronte al suo, si trasferiscono i Russell: Alistair (il padre, Gary Oldman), Jane (la moglie, Jennifer Jason Leigh) ed Ethan, il primo ad entrare in contatto con Anna con cui lega fin da subito forse complice il lavoro a stretto contatto con i ragazzi (e con le relative problematiche) del personaggio di Amy Adams.
Durante la serata di martedì, Halloween, la trama riceve la seconda spinta: spinta dall’aggressività di un gruppo di ragazzini verso la sua porta d’entrata, Anna, tenta di uscire venendo sopraffatta dalle sensazioni e svenendo. A portarla in casa ci pensa una donna che si presenta come Jane Russell, la moglie/mamma della casa di fronte.
È questo incontro a sfalsare la verità e a condizionare il già precario equilibrio mentale di Anna: “Jane” altri non è che Katie, la madre naturale di Ethan. La psicologa, che ormai sta seguendo una dieta a base di psicofarmaci e superalcolici, si autoconvince della mostruosità di Alistair nei confronti sia di Jane, sia di Ethan arrivando a difendere a spada tratta proprio quest’ultimo perché “i bambini vanno protetti”. Proprio da questo tentativo di protezione si intravede non tanto l’influenza lavorativa di Anna, quanto piuttosto quella familiare. Come lo spettatore avrà modo di scoprire più avanti, infatti, la donna aveva una figlia di nome Olivia a cui stava cercando di celare, nascondendola sotto una cappa di vetro, il rapporto con il padre che stava andando in frantumi.

LA PROTAGONISTA, UNA VOCE INAFFIDABILE


La trama, una volta introdotta la figura della misteriosa donna ed il probabile omicidio di cui Anna è testimone dal suo lato dalla strada, intraprende vistosi parallelismi con La Finestra Sul Cortile e, a sostituire James Stewart momentaneamente infortunato alla gamba, c’è Amy Adams bloccata dalla sua agorafobia (elemento che richiama un’altra pellicola di Hitchcock, Vertigo). Perché si parla di “probabile omicidio”? Perché La Donna Alla Finestra si nutre dei dubbi del proprio pubblico allo stesso modo in cui Shutter Island (anche quello tratto da un romanzo, L’Isola Della Paura di Lehane) fece nel 2010: lo spettatore ha la certezza che la protagonista, voce narrante della vicenda, sia a tratti inaffidabile, ossessionata ed esagerata nelle deduzioni. Eppure, nonostante tutto, c’è la percezione che qualcosa di terribile stia per avvenire (se non già avvenuto). Ad aiutare, in tal senso, ci pensa la regia e l’ottima soundtrack che rendono i vari dialoghi tra Anna e David oppure tra Alistair e Anna pungenti, criptici ed in un certo senso premonitori di qualcosa di orribile.
Il tempo è scandito dal passare dei giorni e come trascinato da un vortice, la sanità mentale della psicologa svanisce giorno dopo giorno, una indagine da stalker dopo l’altra. Talmente tanti sono i dettagli dubbi che la storia getta nella mischia che, ad un certo punto, tutti sembrerebbero poter essere colpevoli e pronti a inscenare una farsa pur di incastrare l’unica persona che ci aveva visto giusto, Anna.
Ovviamente non è così e la verità sopraggiunge presto in scena: la famiglia di Anna, Olivia ed Edward, con cui la donna si ritrova spesso a dialogare (ascoltata dal solo spettatore, ovviamente) è morta anni prima in un incidente d’auto. Da qui il dettaglio della neve e della luce che, come una costante, svegliano ogni mattina Anna: si tratta delle ultime due cose percepite prima che avvenga lo schianto della macchina sul fondo del precipizio.

“È stato in prigione per aggressione. Non dovrebbe essere a New York. È stato a casa sua. Deve averla incontrata! Il suo orecchino è accanto al suo letto e ha preso un coltello da me ed è stato in prigione. E lui è stato licenziato. La sua assistente è morta.
Lui mi ha minacciata. In casa mia. Picchia suo figlio. Sono una psicologa. So riconoscere un bambino in pericolo, che viene abusato.
E ho visto Alistair schiaffeggiare Ethan a casa mia, ieri. Un secondo. Sì. Ieri. Vedo… Vedo come mi state guardando tutti. Non sono pazza. Non ho le allucinazioni. Vi sembro irragionevole? Ho le prove. C’era quel disegno fatto e firmato da Jane e c’è una foto che qualcuno mi ha scattato mentre dormivo. Non mi importa cosa pensate di me. Se mi approvate.
Se pensate che io sia attendibile. C’è un ragazzo in pericolo in quella casa. Aiutatelo, vi prego. Lei è padre. Non vorrebbe aiutare un ragazzo? Se mio marito fosse qui, lo aiuterebbe. Lui mi crederebbe. Non so come potrete convivere con voi stessi, se permetterete che accada qualcosa a un bambino.”

DETTAGLI NO-SENSE


Ma oltre ai dettagli ben calibrati che la pellicola nasconde tra le varie sequenze, ce ne sono altri di cui non si può capirne il senso senza aver un minimo approfondito il romanzo.
Durante il flashback che la vede tentare di soccorrere Olivia ed Edward, Anna mette in bocca della neve alla figlia. Il film non concede risposta, fortunatamente il romanzo sì: la ragazzina era ancora viva, ma aveva perso conoscenza ed i soccorsi, considerata la zona di montagna, sarebbero arrivati solo alcuni giorni dopo, quindi la donna cercava semplicemente di mantenere idratata la figlia.
Altro elemento è la giustificazione dell’agorafobia che viene ricondotta a questo incidente. Ancora una volta il film non concede risposta, ma il romanzo sì: lo shock causato dall’incidente e dall’essere rimasta bloccata, da sola, all’addiaccio mentre i suoi cari le morivano tra le braccia hanno scosso nel profondo Anna tanto da portarla a ripudiare qualsivoglia aspetto del mondo esterno, sentendosi ben più sicura tra le mura di casa sua.
Dettagli che non sono dettagli, in fin dei conti, considerata l’importanza che hanno per poter comprendere fino in fondo la psiche della protagonista ed il suo status mentale. Anzi, risultano delle pure e semplici scene gettate a casaccio all’interno del flashback utili solamente a creare confusione, mancando l’obiettivo di far capire la storia di Anna. Da annotare poi che mentre le allucinazioni e/o voci di Anna vengono spiegate al pubblico, nessuno dei presenti fa alcuna menzione di Katie (ormai venuta a galla) aiutando a non dissipare alcun dubbio su quanto visto accadere nell’appartamento dei Russell: perché David, considerata la sequenza in cui spiega chi è Katie a ridosso del finale, non interviene già lì per aiutare la donna in evidente stato confusionale? Semplice salvaguardia della propria privacy o incresciosa svista in fase di sceneggiatura?

UN FINALE DEMOTIVATO E FRETTOLOSO


Il film arriva al finale stanco, demotivato e senza alcun desiderio alcuno di movimentare ulteriormente la storia scadendo nel più rozzo e discutibile b-movie: Ethan aveva ucciso Katie ed ora piomba in casa di Anna per ucciderla, ma prima si libera di David. La sequenza dell’inseguimento tra i due mantiene un alto livello di suspense più per la musica che per la messa in scena visto e considerato l’ampio utilizzo dei più svariati cliché horror a cui si possa pensare (il buono è inafferrabile anche se esanime e bloccato a terra; l’arma colpisce e viene usata solo alla fine; il cattivo ha un pessimo equilibrio, mira, non è veloce e ci vede anche poco). Ad aiutare Ethan, tuttavia, ci pensa la conformazione strutturale del piccolo attico in cui, evidentemente, non sono state studiate delle grondaie o delle vie di fuga per l’acqua considerato l’accumulo; oppure, più semplicemente, un monsone si è abbattuto su New York e lo spettatore ne è ignaro. Da menzionare, poi, la pessima scena del tetto di vetro in cui una Anna presa a botte a destra e a manca riesce a sopraffare Ethan, letteralmente “spingendolo” contro il vetro e facendolo precipitare nella tromba delle scale.
Dopo aver superato la sequenza dello scontro il film mostra ancor di più il fianco alla stanchezza e cerca di condensare in cinque minuti (!):

  • Anna in ospedale che viene salvata e curata;
  • Detective Little che si scusa con Anna perché “aveva visto bene”;
  • Flashforward di nove mesi dove Anna ha venduto casa, è guarita dall’agorafobia e sta lasciando l’appartamento.

Un finale frettoloso che conclude una pellicola deludente, soprattutto considerate le premesse. A far storcere il naso non sono tanto i dettagli senza senso sparsi qui e là, quanto piuttosto il pessimo utilizzo del tempo che poteva essere utilizzato a spiegare in maniera più approfondita la fase di transizione di Anna dopo l’incidente; oppure un maggior minutaggio ai Russell (escluso Ethan) che, con le sole due comparsate in casa Fox, appaiono a tutti gli effetti degli estranei con cui il pubblico fatica a relazionarsi e ad assimilare.


Molti sono i dettagli che strizzano l’occhio allo spettatore: dal chiaro richiamo ad Hitchcock e alle sue pellicole ai dettagli cinematografici di grande impatto (la neve e la luce), passando per il nutrito numero di pellicole noir che Anna guarda prima di perdere conoscenza e addormentarsi stremata. Tutti elementi non sufficienti per riuscire a colpire ed incantare, considerate le aspettative createsi automaticamente attorno a La Donna Alla Finestra una volta usciti i nomi di cast, regista, produzione, sceneggiatura.
Delusione.

 

TITOLO ORIGINALE: The Woman in the Window
REGIA: Joe Wright
SCENEGGIATURA: Tracy Letts
INTERPRETI: Amy Adams, Gary Oldman, Anthony Mackie
DISTRIBUZIONE: Netflix
DURATA: 100′
DATA DI USCITA: 14 maggio 2021

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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.

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