La Vita Davanti A Sè recensione
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La Vita Davanti A Sé

Recensione di La Vita Davanti A Sè, la pellicola di Netflix con protagonista Sophia Loren racconta una difficile storia di integrazione

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Mohammed detto Momò ha 12 anni ed è immigrato in Italia dal Senegal. A causa di un furto, Momò conosce Madame Rosà, che decide di prendersi cura di lui. È l’inizio di una convivenza travagliata tra due personaggi con un passato molto complicato alle spalle.

Tratto dal famoso e omonimo romanzo di Romain Gary, il film scritto e diretto da Edoardo Ponti, figlio della Loren, e prodotto da Netflix racconta una storia di integrazione e dolore, cambiando l’ambientazione dell’opera cartacea che dalla periferia di Parigi si sposta a quella di Bari. La pellicola è il remake italiano dell’omonimo film del 1977 del regista israeliano Moshé Mizrahi, premiato come miglior film straniero agli Oscar nel 1978.

SOPHIA LOREN


E’ inutile girarci intorno: il grande interesse che vi è stato attorno al film e il motivo per cui Netflix ha deciso di finanziarlo è il ritorno di Sophia Loren sullo schermo, un’attesa che è stata sicuramente ripagata. Nel ruolo che fu di Simone Signoret (all’epoca premiata con un César e un David di Donatello per l’interpretazione) la Loren non fa certo rimpiangere la collega ed è protagonista di una grande performance attoriale, perfetta in ogni singola scena, con una mimica facciale spesso più efficace dei dialoghi in dialetto.
Non è certo un caso se per tale ruolo la madre del regista si è aggiudicata il David di Donatello come miglior attrice protagonista, un’impresa considerando la sua età, 86 anni.
E’ evidente come l’intero film ruoti intorno al personaggio di Madame Rosà e sia stato scritto appositamente per lei, vero centro della narrazione insieme a Momò, l’esordiente Ibrahima Gueye autore di una buona interpretazione vista la giovane età.
Il problema principale però risiede proprio qui visto che se si escludono le storie dei due protagonisti principali del film rimane ben poco.

L’EMARGINAZIONE


Il tema centrale del film è senza dubbio l’emarginazione che nei quartieri multietnici di Bari spesso si intreccia con vicende umane complesse, caratterizzate da dolore e una complicatissima integrazione.
Così dal ragazzino-ladro di colore arrivato dal Senegal alla prostituta transessuale, senza dimenticare i figli delle prostitute accolti da Madame Rosa, tutti i personaggi del film tentano con grosse difficoltà di essere accettati dalla società per come sono, affrontando ogni giorno pregiudizi e razzismo che, insieme a una difficile situazione economica, li rendono dei veri e propri emarginati.
Il problema è che tematiche così importanti e delicate vengono trattate in maniera grossolana, paternalistica, con uno sguardo superficiale e molto retrò che punta a conquistare il cuore dello spettatore, ma mostra tutti i suoi limiti man mano che la trama si evolve.
Tale operazione eccessivamente melodrammatica affossa lo sviluppo della narrazione, piatta e che non approfondisce mai veramente i personaggi, non solo quelli secondari praticamente inesistenti, ma anche quelli a cui è dedicato un maggior screen time.
Il film non lascia quasi mai il segno nello spettatore ed è privo di picchi emotivi degni di nota, nonostante la forte impronta sentimentale data al racconto, anche a causa di una regia scolastica, senza infamia e senza lode, con Ponti che rinuncia a dare un tocco personale alle pellicola e si limita a fare il suo dovere con il minimo sforzo.

I PREMI SFUMATI


Si è parlato molto sui canali d’informazione della colonna sonora del film, visto che la canzone originale “Io si/Seen” scritta e cantata da Laura Pausini per il film è stata candidata all’Oscar e anche ai David di Donatello come miglior canzone originale (in entrambi i casi i premi sono sfumati e sono stati vinti da altri brani).
Nonostante la grande risonanza mediatica ricevuta dal brano della Pausini, sono altri i brani che colpiscono, in particolar modo “Io Vengo Dalla Luna” di Caparezza che assume un significato particolarmente rilevante all’interno della pellicola se accostato ai temi dell’emarginazione e del razzismo, un evidente richiamo al focus narrativo della storia raccontata.
Da segnalare inoltre l’ottima resa visiva della città, con una Bari povera, popolare e decadente ma splendida grazie all‘ottima fotografia di Angus Hudson di cui si è erroneamente parlato poco.


Non basta una grande attrice a salvare un film mediocre, remake lontano anni luce dal film del 1977 premiato con l’Oscar al miglior film straniero. Una pellicola morta, narrativamente parlando, che non riesce a prendere il volo a causa di una regia pigra e una narrazione piatta, nonostante gli ottimi riferimenti a disposizione tra il romanzo e il film precedente. Con il budget di Netflix e l’ottimo materiale a disposizione si può sicuramente parlare di una grande occasione persa.

 

 

TITOLO ORIGINALE: La Vita Davanti A Sé
REGIA: Edoardo Ponti
SCENEGGIATURA: Edoardo Ponti
INTERPRETI: Sophia Loren, Ibrahima Gueye, Renato Carpentieri,Abril Zamora
DISTRIBUZIONE: Netflix
DURATA: 94′
ORIGINE: ITALIA, 2020
DATA DI USCITA: 13/11/2020

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Venera due antiche divinità: Sergio Leone e Gian Maria Volontè.
Lostiano intransigente, zerocalcariano, il suo spirito guida è un mix tra Alessandro Barbero e Franco Battiato.

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