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Messiah 1×07 – It Came To Pass As It Was SpokenTEMPO DI LETTURA 4 min

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Dopo un episodio come “We Will Not All Sleep“, bisogna prendersi del tempo per riflettere e rispondere fondamentalmente ad una ed una sola domanda (che in inglese suona anche meglio): “do I believe in this?”
L’impatto mediatico di una camminata sulle acque a Capitol Hill, in puro stile Gesù Cristo, non può lasciare indifferenti e, infatti, rigenera la figura discussissima di Al-Masih, dando nuova linfa ai suoi “credenti” sparsi nel mondo. Ad una primissima visione, la ragione lascia spazio allo stupore e alla piacevole sorpresa del miracolo, successivamente però, anche abbastanza naturalmente, si va a cercare una spiegazione che arriva ovviamente dai detrattori ma anche, un po’ a sorpresa, dal mago/illusionista Dynamo (in Italia principalmente noto per il suo programma Dynamo: Magie Impossibili su DMAX). Dynamo infatti, per promuovere il lancio del suo show, nel 2011 aveva camminato sulle acque del Tamigi davanti a centinaia di persone che assistevano e riprendevano incredule l’evento sul cellulare. Ricorda niente? Ecco, diciamo che il “miracolo” di Al-Masih non è una novità.

Adar Golshiri:My brother always liked to tell stories. He was always such a liar. Payam.
Always loved to be at the center of the room. Now he’s at the center of the world.
[…] We were raised here in Iran by our uncle. Our uncle dragged us all over. He was a… how do you call? Vagabond, yes? A trickster. Sometimes, we would travel with the circus, during the summers. Other times, we’d busk in markets, run scams. Pickpocket.
[…] Put us to work from the very beginning. Pulled us from school. Beat us. But he also taught us everything he knew. English. Books. The art of illusion. Uncle Yusuf was a magician. A master. And we were his apprentices.
The trick is not so much the mechanics of it. That’s just practice. The real trick is making you believe.

L’intervista fatta al fratello di Payam, Adar, è fondamentale per sviscerare il character di Al-Masih e provare a capire se sia un fake Messiah o meno. Nella diatriba fede/scienza che attanaglia lo spettatore sin dall’inizio, la rivelazione circa la crescita e l’educazione dei due fratelli è un altro mattoncino in favore del lato scientifico che, ora, diventa più grande di quello religioso. Il tutto va visto sempre in prospettiva di un equilibrio che Michael Petroni ed i suoi vogliono mantenere: con il “miracolo” avvenuto nello scorso “We Will Not All Sleep” si è sentita la necessità di ridurre il gap e ripristinare, almeno parzialmente, l’ambiguità perduta.
La calma ed il modo di parlare di Payam sono ovviamente anche più di un’ottima motivazione per credergli, specie per il modo in cui interagisce con la prostituta che si finge una sua credente oppure durante le discussioni con la figlia di Felix. Ci sono tante cose che portano a credergli, ma ce ne sono anche molte altre che rimandano al mittente questa teoria. Il tutto mentre in Medioriente proseguono gli sviluppi delle sue azioni sulle e da parte delle persone che lo hanno seguito sin dal principio.

Eva:Every time we crack down on one form of terrorism another threat pops up in its place. al-Qaeda, ISIL, it evolves. What we’re facing now is a state-sponsored social disruption.
This is a new world. This isn’t just about one man. This is a war of ideas.
Cameron:You can call it whatever kind of war you like, but it looks like we’re losing. The president doesn’t care about your half-baked deep-state conspiracies. Get us a smoking gun.

La certezza di un attentato è abbastanza sicura, così come è anche chiaro il tentativo di mostrare come gli Stati Uniti siano sempre quella sorta di guardiani della giustizia, ma tutte le storyline che si svolgono al di fuori del continente americano hanno una valenza molto più ridotta per lo spettatore. Manca quella tensione narrativa legata all’assenza del protagonista, manca perché una volta c’era e poi è stata spostata e ora, invece che terminare quelle trame, si è scelto di farle proseguire con l’ovvia mancanza. Scelta giusta o sbagliata che sia, qui si può solo giudicare un certo attendismo e l’assenza di carattere che, altrimenti, avrebbero permesso di rivalutare anche questa storyline secondaria. Purtroppo.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Cliffhanger finale necessario
  • Intervista al fratello di Payam che contestualizza finalmente un po’ di più le sue azioni
  • Puntata molto lenta ed introspettiva
  • Quello che accade in Medioriente non è molto rilevante
  • Tante, troppe storyline secondarie aperte e tenute in piedi dal nulla
  • Pochissima analisi del miracolo
  • Felix: sempre

 

Questo non è sicuramente un episodio che entrerà nella storia del piccolo schermo, e non è nemmeno qualcosa che è stato piacevole vedere a causa dei tanti troppi momenti morti/inutili che hanno letteralmente riempito la puntata. Il tutto senza contare il personaggio di Felix che riesce a farsi odiare ogni istante sempre di più.

 

We Will Not All Sleep 1×06 ND milioni – ND rating
It Came To Pass As It Was Spoken 1×07 ND milioni – ND rating

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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.

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