Napoleon recensione film
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Napoleon

Ridley Scott era l'unico a potersi cimentare nella trasposizione della vita di Napoleone, ma il risultato finale è al di sotto delle aspettative. Esteticamente sontuoso, il film zoppica sotto il peso di una storia che poteva essere costruita meglio.

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Mentre la Francia è scossa dalla Rivoluzione Francese, il giovane ufficiale dell’esercito Napoleone Bonaparte è incaricato di recuperare il forte di Tolone, in mano agli inglesi. Da questo successo ha avvio una carriera gloriosa che lo porterà a diventare generale, poi Primo Console di Francia, infine imperatore dei francesi. E parallelamente vivrà una storia d’amore tormentata ma intensa con l’aristocratica Giuseppina de Beauharnais.

Napoleone Bonaparte non ha bisogno di presentazioni. Ridley Scott nemmeno. Si tratta di un regista che ha fatto la storia del cinema con capolavori come I Duellanti, Alien, Blade RunnerIl Gladiatore. Si è persino cimentato nella televisione, producendo opere come The Man in the High Castle e Raised by Wolves.
Può piacere o meno come uomo e come artista, ma non si può negare che non sappia il fatto suo dietro la cinepresa. Ed è per questo che, paradossalmente, era il regista più adatto a cimentarsi in un film su Napoleone. Un soggetto che persino un genio come Kubrick ha inseguito per anni, senza riuscire a dargli forma.
“Paradossalmente”, perché Scott è ben noto per la libertà (per usare un eufemismo) con cui tratta la materia storica. Anche se è vero che un film non è un documentario e una certa dose di modifiche rispetto ai fatti veri andrebbe accettata. O quantomeno tenuta in conto quando ci si approccia alla visione. Ecco perché chi scrive ha trovato un tantino esagerate le tante critiche mosse a Scott per la sua scarsa fedeltà. Ma ha dovuto anche riconoscere che questo Napoleon, al netto del tanto hype creato, delle aspettative altissime e delle potenzialità enormi del soggetto, è tutto sommato un film sufficiente.

LA SONTUOSITÀ DELLA GUERRA


Partiamo dalla fine: il lungometraggio si chiude con una conta dei morti lasciati sul campo da Napoleone. Nessun accenno, in tutto il film, al Codice Napoleonico che ha gettato le basi per il diritto contemporaneo del mondo occidentale. O al suo ruolo nella diffusione degli ideali rivoluzionari fuori dalla Francia. Come se l’unico lascito del Corso sia stato quello del condottiero e non dello statista, al punto che lo si vede quasi sempre in uniforme militare o con l’inseparabile feluca.
Scott è ossessionato dalla guerra in questo film. Le sequenze di combattimento sono lunghe, certosine e crude. Entro i primi minuti di film si ha già un cavallo sbudellato da una palla di cannone e un giovane Bonaparte coperto di sangue che si lancia verso le mura di Tolone, combatte, mena fendenti, fatica ad avere la meglio su un avversario. L’insistenza sui cannoni che sparano, sui soldati morti, sulle mutilazioni, sui poveri cristi che sacrificano le loro vite per gli ideali e le ambizioni dei loro superiori è maniacale. Ed è voluta. Eccome se lo è.
Ciò che resta allo spettatore dopo due ore e mezza di visione è che la guerra è un gran brutto affare, sporco e per nulla eroico, per quanto Napoleone si riempia la bocca di discorsi sull’onore e rinfacci i suoi avversari di non averne. Si resta ipnotizzati ma anche inorriditi di fronte ai corpi dilaniati dalle palle di cannone o agli Austriaci e ai Russi che affondano nei laghi ghiacciati durante la ritirata.
Scott sa come dirigere le battaglie e renderle una gioia per gli occhi (un po’ meno per le orecchie, perché tutte quelle cannonate al cinema sono davvero rumorose). La presa di Tolone è il perfetto antipasto di Austerlitz, Borodino e soprattutto Waterloo, ricostruite non senza licenze poetiche e palesi falsità (una su tutte: Napoleone non ordinò mai di bombardare la superficie ghiacciata del lago di Satschan e gli storici moderni la considerano una menzogna della propaganda nemica) ma in maniera così viva e vibrante da spingere a perdonare anche questi peccatucci di infedeltà. Certo, Waterloo di Sergej Fëdorovič Bondarčuk resta tuttora insuperato, ma non si può rinfacciare a Scott l’incapacità di immergere lo spettatore nel tumulto dello scontro.

NAPOLEONE & GIUSEPPINA


Raccontare la vicenda umana di Napoleone in due ore e mezza di film è compito arduo, forse impossibile. Ci sono troppe cose da dire e da mostrare, troppi personaggi che meriterebbero spazio, troppi argomenti da toccare. Per questo Scott ha fatto una cernita doverosa, seppur non sempre soddisfacente. Ma di questo si parlerà più avanti.
Ampio spazio è concesso alla relazione con Josephine de Beauharnais. Ed è giusto che sia così, perché questo rapporto ebbe un ruolo fondamentale nella vita di Napoleone. A cominciare dal peso politico che gli permise di acquisire, in quanto Josephine aveva tra i suoi amanti Paul Barras, uno dei membri del Direttorio, e sicuramente sfruttò la cosa per far ottenere i primi, importanti favori al marito.
É evidente che lo scopo di Scott fosse quello di mostrare sullo schermo una relazione intricata, complessa e contorta, a tratti tossica, facendo venire alla luce da una parte l’importanza di Josephine nella vita dell’imperatore e dall’altra la fragilità del Napoleone umano. Intento lodevole, senza dubbio. Meno lodevole la rappresentazione finale: i dialoghi fra i due sembrano spesso tirati fuori dai Baci Perugina e le situazioni in camera da letto fanno sbadigliare più che interessare.
Inoltre, per quanto sia apprezzabile rappresentare Napoleone come un uomo con le sue insicurezze e le sue debolezze, a volte si calca troppo la mano su questi aspetti fino a trasformare il personaggio, in alcuni frangenti almeno, in una macchietta neanche tanto simpatica.

UN RACCONTO ZOPPICANTE


Alla scelta di concentrarsi molto sulla relazione fra Napoleone e Josephine, oltre che sulle battaglie più importanti, viene sacrificato tutto l’impianto del film. Interi pezzi di storia vengono saltati, come le campagne d’Italia, l’attentato della rue Saint-Nicaise, la guerra in Spagna o la battaglia di Lipsia. E fin qui poco male, non si poteva infilare tutto. Ma vengono tagliati malamente anche i tanti personaggi, pure fondamentali, che hanno affollato la vita del condottiero corso. Non c’è traccia dei tanti ufficiali e marescialli, a cominciare da Murat, che diventerà addirittura cognato di Napoleone, o da Bernadotte, che sposerà la sua prima fidanzata e poi diventerà re di Svezia, tradendolo. Al massimo c’è Ney, ma citato per nome appena una volta.
Anche la famiglia di Napoleone è molto ridimensionata. Una certa importanza ha il fratello Luciano, ma solo perché sarebbe stato impensabile portare in scena il colpo di Stato del 18 brumaio senza di lui. Non c’è traccia di Giuseppe, di Luigi, di Girolamo o delle sorelle, e ovviamente nessuna menzione alle corone che Napoleone regalò loro (e in un caso tolse pure). Il rapporto col figliastro Eugenio non pervenuto e di Ortensia ci si ricorda verso la fine del film.
Anche le varie campagne militari e le vicende politiche sono tagliate con l’accetta. Si ha l’impressione che vi siano delle scene perse in fase di montaggio o che, come accadeva nell’indimenticabile Alexander di Oliver Stone, arriverà più avanti un flashback per spiegare qualcosa che non è stato detto. É tutto un susseguirsi di scene incollate fra loro con lo sputo: lo spettatore non ha grosse difficoltà a capire cosa sta succedendo, ma al contempo sente che manca qualcosa.
Alcuni passaggi sono decisamente repentini e non danno il tempo di metabolizzarli. Napoleone parte per la Russia e due sequenze dopo già batte in ritirata. É esiliato sull’isola d’Elba e due sequenze dopo già evade. Perde Waterloo e due sequenze dopo già è morto (per di più in una scena finale che sembra omaggiare malamente Il Padrino – Parte III).
Forse il problema sta proprio nel fare un film sulla vita di Napoleone: è così ricca di roba che o tiri fuori un film di 20 ore o fai una miniserie (come si tentò nel 2002) o ti concentri su un singolo episodio, come fece appunto Bondarčuk nel 1970.

GIOIE E DOLORI DEL CAST


Per il cast di Napoleon il buon Scott è andato ora sull’usato sicuro, compreso un solido Rupert Everett nei panni del burbero duca di Wellington, ora su volti meno noti ma non meno bravi.
L’Empereur è Joaquin Phoenix, l’ex Commodo del Gladiatore. E in un certo senso i due ruoli sono simili: entrambi autocrati, entrambi ambiziosi, entrambi destinati alla rovina. Con una differenza. All’epoca del Gladiatore, Phoenix era ventiseienne e nei panni di un giovane imperatore ci stava più che bene. Nei panni di Napoleone no. In una storia che intende coprire la vita di un uomo dalla giovinezza alla morte, un attore dell’età di Phoenix non va bene. O meglio, sarebbe andato bene se si fosse fatto qualcosa per ringiovanirlo artificialmente, magari digitalmente, nelle prime scene e mostrarne via via l’invecchiamento. Invece no: il Napoleone di Ridley Scott sembra un cinquantenne fin dall’inizio, anche quando dovrebbe avere ventiquattro anni. Phoenix regala comunque un’ottima performance, ma conoscendo l’attore ci si dovrebbe stupire del contrario.
Un altro problema del film, se proprio si vuole fare i pignoli, è la scelta dell’attrice femminile. Nulla da eccepire sulla bravura di Vanessa Kirby, già apprezzata in The Crown (piccola curiosità en passant: in questa serie la Kirby interpretava la principessa Margaret e il suo amante Peter Townsend era interpretato da Ben Miles, che in questo film fa Armand Augustin Louis de Caulaincourt). Però nella realtà Josephine aveva 6 anni in più rispetto a Napoleone e per una volta sarebbe stato bello vedere sullo schermo una coppia in cui lei sembra più grande di lui, in modo da scardinare anche il luogo comune che vorrebbe l’uomo accompagnarsi sempre e solo a donne più giovani. Un’occasione persa, peccato.


Per riassumere il giudizio in poche parole: Napoleon è un grande gigante dai piedi d’argilla, sontuoso e imponente ma narrativamente debole e storicamente inconsistente. Non tanto per l’infedeltà alla storia vera, ma per la scelta di raccontare la vita del grande Napoleone saltellando da un evento all’altro, sacrificando molto e banalizzando troppo.

 

TITOLO ORIGINALE: Napoleon
REGIA: Ridley Scott
SCENEGGIATURA: David Scarpa
INTERPRETI: Joaquin Phoenix, Vanessa Kirby, Tahar Rahim, Rupert Everett
DURATA: 158′
ORIGINE: USA, Regno Unito
DATA DI USCITA: 22 novembre (USA, UK), 23 novembre (Italia)

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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.

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