Raised By Wolves 1×03 – Virtual FaithTEMPO DI LETTURA 3 min

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Nonostante un pilot molto criptico, dopo questo terzo episodio di Raised By Wolves sembra delinearsi chiaramente lo scontro tra Atei e Mitraici, come se questi primi appuntamenti non fossero altro che una grande introduzione ad un conflitto destinato ad esplodere, probabilmente, solo nella seconda metà della stagione.
In questo senso risultano interessanti, seppur molto brevi, i flashback riguardanti Caleb che caratterizzano la fazione degli atei,  guidati da un fanatismo non inferiore a quello dei propri avversari, i quali sembrano odiare profondamente gli androidi, a differenza dei seguaci di Sol che invece se ne servono tranquillamente.
Il plot twist emerso nella puntata precedente riguardante Caleb/Marcus è un espediente interessante che può raccontare non solo l’ideologia dell’altra fazione, ma cambiare radicalmente le carte in tavola, visto che l’ateo si ritrova ora ad essere un Capitano di Sol.
Il fanatismo religioso, l’idolatria, il complicato rapporto uomo-macchina, tutte tematiche più attuali che mai declinate da Ridley Scott in un contesto sci-fi che ha un grande potenziale, anche se per ora stenta a decollare.
Certo Kepler 22-b sembra essere ben lontano dall’Eden senza guerra dove i Mitraici pensano di arrivare e ricostruire la propria civiltà, con tanto di profezia al seguito (“an orphaned boy, lost and alone in a barren place, will lead humans to the promised land“) che potrebbe riguardare sia Paul che Campion, vista la minacciosa presenza di animali selvaggi alieni.
Senza dubbio qualche spiegazione in più non guasterebbe, per una storia che è ancora priva di una contestualizzazione ben approfondita, elemento negativo che unito al lento ritmo narrativo rende la visione della show molto impegnativa, per un prodotto televisivo che potenzialmente potrebbe essere eccellente ma, per ora, a brillare è soprattutto la parte prettamente tecnica.
Infatti il comparto tecnico della serie è veramente degno di nota, con un impatto visivo eccelso che colpisce l’occhio dello spettatore e una fotografia splendida, caratterizzata da colori freddi, cupi e algidi che rendono in maniera ottimale l’austerità di Kepler 22-b e la durezza della vita nel desolato pianeta.
Da segnalare, inoltre, le scene riguardanti Madre in modalità Negromante, una goduria per gli occhi e un perfetto strumento di sterminio di massa, anche se ancora non si capisce con chiarezza chi sia il vero creatore di Padre e Madre. L’androide materno è interpretato da Amanda Collin, che è protagonista di una grande prova attoriale, riuscendo a caratterizzare al meglio un personaggio complesso, con tante sfaccettature e che ora risulta di gran lunga il più interessante e riuscito della serie.
È interessante notare come Campion venga immediatamente corrotto dai Mitraici, tradendo la fiducia dei suoi genitori androidi e dubitando di essi, segno di quanto la natura umana sia debole e corruttibile, soprattutto se guidata dal cieco fanatismo religioso.
L’apparizione dell’animale selvatico, forse una sorta di lupo alieno, nel finale di puntata e la decisione dei Mitraici di intraprendere una missione di salvataggio sembrano essere foriere di una svolta narrativa, a meno che lo scontro tra le diverse fazioni non venga ulteriormente rimandato.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • L’impatto visivo della serie è notevole
  • La splendida fotografia dello show
  • Le scene di Madre in modalità Negromante sono veramente splendide
  • L’eccelsa prova attoriale di Amanda Collin
  • Il ritmo narrativo è ancora molto lento
  • Qualche spiegazione in più non guasterebbe, una maggiore contestualizzazione gioverebbe non poco alla storia

 

Un  buon episodio per la nuova serie di casa HBO che tuttavia, sulla falsariga dei precedenti, stenta a decollare a causa di una narrazione lenta e poco contestualizzata, motivo per cui la valutazione di questo terzo appuntamento si limita a una semplice sufficienza. I margini di miglioramento sono enormi e il comparto tecnico è già eccelso, non ci resta che aspettare e sperare in una decisa svolta narrativa.

 

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Venera due antiche divinità: Sergio Leone e Gian Maria Volontè.
Lostiano intransigente, zerocalcariano, il suo spirito guida è un mix tra Alessandro Barbero e Franco Battiato.

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