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Argentina, 1985

Il candidato come Miglior Film Internazionale agli Oscar 2023 riesce ad unire simpatia e risate mentre ricostruisce con cura il miracolo processuale che diede modo all’Argentina di chiudere un terribile periodo storico e voltare definitivamente pagina.

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Una squadra di avvocati affronta la sanguinosa dittatura militare argentina negli anni ’80 in una battaglia contro le probabilità e una corsa contro il tempo.

Argentina, 1985 è il primo film argentino prodotto dagli Amazon Studios. Si tratta di un film drammatico-storico in cui la recitazione, seppur lasci a desiderare, viene messa in secondo piano da un racconto ben cadenzato, un’ottima gestione della dilatazione temporale, una ricostruzione fedele di molti aspetti legati al processo. Ma è soprattutto il monologo conclusivo (circa otto minuti di intensissimi primi piani all’interno dell’aula di tribunale) di Julio César Strassera (Ricardo Darin) ad impreziosire la pellicola e renderla, di fatto, un must watch di questo 2022. Soprattutto in vista dei prossimi Oscar dove è stata selezionata come film per rappresentare l’Argentina nella categoria del Miglior Film Internazionale ed è entrata nella short-list finale.
Santiago Mitre e Mariano Llinàs confezionano uno spaccato storico terribile e, tramite gli occhi delle vittime, riescono ad emozionare minuto dopo minuto.

Metterai Videla in carcere. E Massera. Non è pericoloso? Beh, possono ucciderti. Non puoi dire di no?

Il film prende in esame il Juicio a las Juntas, il processo alla Giunta Militare Argentina dalla sua proposta nel 1984, fino alla sua vera e propria esecuzione nel 1985. Un processo che vedeva coinvolti come imputati:

Si tratta tutt’oggi di un avvenimento più unico che raro: un paese democratico (tornato così da poco) che processa un regime dittatoriale. Il più grande processo per crimini di guerra dopo quelli di Norimberga.
Un coraggioso processo che assume, all’interno del film, anche il ruolo di cambio generazionale: incaricato del ruolo di accusa, Julio César Strassera cerca di trovare aiuto vista e considerata la mole di lavoro che l’attende anche se da tutti quelli a cui si rivolge ottiene sempre la medesima risposta. No.
Gli viene quindi affiancato un giovane, inesperto, professore ed avvocato: Luis Moreno-Ocampo. I due costruiranno una squadra solidissima con la quale riusciranno a portare a termine uno dei processi più importanti del secondo Dopoguerra.
Dove è il cambio generazionale? Da un lato ci sono i volti conniventi della procura e gli avvocati, cresciuti all’interno del regime di Videla che si sarebbero trovati a processare si erano negati; dall’altro i giovani, spregiudicati (ed inesperti, giusto sottolinearlo), pieni di ideali e carichi di energia si trovano senza troppa fatica. La squadra di Strasserra e Ocampo era giovane e con pochissime (o nulle) esperienze, ma ha dalla sua una visione disincantata del mondo dove ad ogni azione sbagliata corrisponde la certezza della pena.
Un ideale limpido, cristallino, che risveglia Strassera (un ottimo Ricardo Darin) e che infervora la narrazione specialmente nella fase del reperimento delle prove.

Il 4 febbraio 1977, fui sequestrata mentre ero a casa mia. Mi misero su un’auto. Appena l’auto girò l’angolo, mi misero un maglione in testa, mi buttarono per terra e mi calpestarono. Poi iniziarono a dirmi che mi avrebbero ucciso. Mi fecero scendere, mi tolsero il maglione, mi misero una benda sugli occhi e mi ammanettarono con le mani dietro. In quel periodo, ero incinta di sei mesi e mezzo, quindi già piuttosto in là con la gravidanza. Mi torturarono, nonostante la mia condizione. (Adriana Calvo De Laborde)

La fase del processo è la parte del film più densa e toccante. I racconti delle vittime del regime creano angoscia soprattutto per il trasporto in scena: fondamentali da questo punto di vista sono i primissimi piani sapientemente utilizzati da Mitre.
Il dramma all’esterno del tribunale, riguardante i due protagonisti (Julio e Luis) non offusca l’esposizione dei fatti e il racconto delle vittime. Ai due viene riservato il giusto spazio: le minacce ricevute, gli sguardi torvi carichi di giudizio con cui vengono accolti all’interno delle stanze, i pregiudizi che crescono nei loro confronti. Si tratta di elementi ben rappresentati ma debitamente circoscritti: Argentina, 1985 ha sì l’intento di raccontare il coraggio dei due avvocati, ma cerca di mantenerlo sullo sfondo per poter dedicare il giusto spazio alle storie dei sopravvissuti che iniziano a riecheggiare all’interno del tribunale.
Il film non manca di evidenziare, tramite gli interventi in TV di Ocampos, il reale nocciolo fondamentale della questione: essere contrari alla guerra. La Giunta Militare Argentina è una realtà ancora troppo recente, un passato ancora presente (per molti) e per questo complicato da giudicare senza rischiare di essere giudicati a propria volta. Essere contro i Generali significa essere a favore dei guerriglieri/terroristi? Un punto di osservazione totalmente sbagliato che cerca di vedere solo o il bianco, o il nero, ignorando la possibilità che ci siano altre strade. Per esempio, come si è già detto, essere contrari alla guerra in ogni sua forma.

La violenza regnava in tutto il Paese, quando tre degli imputati decisero, una volta ancora, a nome delle Forze Armate, di prendere il potere con la forza disprezzando la volontà popolare. Che risposta diede lo Stato, dopo questo golpe, alla guerriglia sovversiva? Per descriverla, signori Giudici, bastano tre parole. Feroce, clandestina e codarda. I guerriglieri sequestravano e uccidevano. Cosa faceva lo Stato per fermarli? Sequestrava, torturava e uccideva in una scala infinitamente più grande e, cosa più grave, al di fuori di qualsiasi ordine giuridico.

Come citato in apertura di recensione, la requisitoria di Strassera rappresenta la ciliegina sulla torta di un film che aveva già fortemente convinto.
Si potrà discutere sulla decisione di riassemblare il discorso cambiando l’ordine delle frasi,però ciò che resta è un monologo di circa otto minuti nel totale silenzio della sala di tribunale, senza musica di sottofondo, che cattura per forza di cose l’attenzione. Una coltellata per le truci parole dell’avvocato dirette agli uomini che, fino a pochi anni prima, avrebbero potuto decidere del suo destino con un semplicissimo comando.

Nunca más.

Le parole chiave di Argentina, 1985 sono: memoria, verità e giustizia.
La memoria è ciò che occorre alla squadra di Straserra per raccogliere le prove (709 casi e 833 testimoni) e poter delineare un preciso schema di violenza, torture, belligeranza silenziosamente appoggiata da diverse istituzioni all’interno dell’intero Stato.
La verità è ciò che il processo cerca di restituire: racconti cruenti, veri, costellati da volti in lacrime e da donne commosse da ciò che viene raccontato perché rappresenta anche la loro storia, dai foulard bianchi di Plaza de Mayo.
La giustizia è l’ultimo atto del processo, ciò a cui Strassera anela con tutto se stesso per poter donare ai propri figli e alle generazioni future un’Argentina più sincera, più bella, più limpida. Un’Argentina in cui vivere non debba più rappresentare un continuo rischio per la propria vita, ma un’incredibile opportunità.


Argentina, 1985 riesce ad unire simpatia e risate rappresentate dai continui siparietti famigliari in casa Strassera, il tutto senza dimenticare i terrificanti racconti dei sopravvissuti del regime dei Generali.
Si tratta di un film il cui intento non è la rappresentazione eroistica dei due protagonisti, bensì la delicata ricostruzione di un vero e proprio miracolo processuale che diede modo all’Argentina di chiudere un terribile periodo storico e voltare definitivamente pagina.
La regia di Mitre in certe sequenze sembra ricordare quella tipica dei film produzione Rai, casereccio e poco curato, ma sono più i momenti di estrema cura dei dettagli a far risaltare la mano del regista.

 

TITOLO ORIGINALE: Argentina, 1985
REGIA: Santiago Mitre
SCENEGGIATURA: Santiago Mitre, Mariano Llinàs
INTERPRETI: Ricardo Darín, Peter Lanzani, Alejandra Flechner, Norman Briski, Carlos Portaluppi, Laura Paredes, Marcelo Pozzi, Jorge Gregorio, Joselo Bella
DISTRIBUZIONE: Amazon Studios
DURATA: 140′
ORIGINE: Argentina, UK, USA
DATA DI USCITA: 03/09/2022, 79ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia

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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.

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