Maren, una giovane donna, impara a sopravvivere ai margini della società. |
Cercando di riassumere Bones And All si potrebbe tentare richiamando alla memoria la cruda esposizione di The House That Jack Built di Lars von Trier e Into The Wild di Sean Penn.
Il film di Guadagnino, infatti, ha si tutte le caratteristiche dell’horror romantico che si potrebbero immaginare, ma riesce a coadiuvarle in un road movie a tutto tondo dove i due protagonisti non sono semplicemente alla ricerca della loro verità, ma anche della loro personale posizione nel mondo, del loro ruolo. Maren e Lee sono due giovani che cercano di conoscere loro stessi attraverso un viaggio introspettivo e materiale, mentre il loro disturbo diventa parte stesso del viaggio, strumento utilizzato per raccontare con maggior dovizia di dettagli i due protagonisti.
La pellicola è un adattamento (di David Kajganich) basato sull’omonimo romanzo di Camille DeAngelis.
Devo dirti delle cose, e poi… devi assicurarti che il nastro sia distrutto, non tenerlo. C’è la mia voce. Non mi vedrai più, Maren. Non posso… più aiutarti. Non c’è niente che io possa fare. Non posso chiamare la polizia… o fare cose che altri farebbero. Devo lasciare che te la cavi da sola. Come tua madre. Mi dispiace… lo sai cosa intendo. Non so quanto ricorderai di quello che sto per dire. Già… non l’ho mai saputo. Ma in ogni caso, ti dirò tutto quello che so.
Il film è ambientato negli anni ’80 e racconta la vita della giovane Maren Yearly (Taylor Russell), una ragazza cannibale, e delle sue pulsioni. Queste ultime sembrano costellare la vita anche del padre, l’unica persona di “famiglia” che la giovane conosce, costretto a fuggire per l’intero Paese in seguito alla necessità di Maren di saziare la propria fame. Ed è proprio da questo preciso punto che il film inizia, senza eccessivo tergiversare e senza alcuna pretesa di voler presentare antefatti o voler filosofeggiare su qualcosa.
Maren è una cannibale? Sì. Ecco quindi che il film inizia fin da subito a mostrarne le sembianze di “mostro”, parallelamente a quelle di placida e gentile ragazza. Una ragazza che si ritrova a fronteggiare un problema ben più grande di lei: suo padre (interpretato da André Holland) la abbandona appena la ragazza raggiunge la maggiore età, dal momento che a suo avviso sarebbe stata in grado di farcela anche da sola.
Un gesto che potrebbe sembrare ingiusto e riprovevole ma il film si addentra talmente in profondità (nelle viscere si potrebbe dire, no pun intended) del lato umano dei personaggi che anche il comportamento del padre risulta logico e comprensibile fino a prova contraria.
Rimasta sola, quindi, alla ragazza vengono concesse maggiori informazioni sul proprio passato e in particolar modo il suo luogo di nascita e il nome della madre. Da qui l’inizio del road movie di cui si accennava nel precedente paragrafo: Maren inizierà ad attraversare parte degli Stati Uniti d’America occidentali per incontrare la madre o, quanto meno, arrivare sulle sue tracce. Un cammino che la porterà a fare conoscenze positive e negative, traducibile come un percorso formativo e di vita a tutto tondo di cui lo spettatore sarà testimone.
La prima volta avevi tre anni. All’epoca avevi una babysitter. Si chiamava Penny. Quando sono entrato, era sul pavimento del bagno. C’era… così tanto sangue. Il viso era completamente dilaniato, ma la parte peggiore era il collo. Probabilmente ti teneva in braccio, quando l’hai aggredita. Le sue mani erano tutte mangiate. Pensavo che anche tu fossi morta. Che qualcuno avesse ucciso entrambe, ma tu dormivi. Quando ti ho girato, ho visto il sangue sulla tua bocca. Avevi… qualcosa sulla guancia. L’ho preso ed era morbido, come un pezzo di gomma e c’era un buco in mezzo. Per gli orecchini. Ho pensato che per fortuna non ne aveva o avresti potuto soffocare.
Maren vive reclusa all’interno della propria casa, costretta dal padre ad avere pochi, centellinati, contatti con persone estranee. A ragion veduta, in realtà, visto che la ragazza non ha il totale controllo di sé come si constata fin da subito durante la visione del film.
Ritrovarsi quindi in totale libertà a vagare per il Paese permette a Maren di entrare in contatto con altre persone che come lei sono cannibali. Sully (Mark Rylance) è la figura più estroversa e strana, dedita a saziare i propri bisogni senza perseguire una chiara etica/morale.
Figure simili, per quanto il contatto con Maren è solo marginale, risultano essere anche Jake (Michael Stuhlbarg) e Brad (David Gordon Green). Quest’ultimo, in aggiunta, non è spinto da pulsazioni irrefrenabili come gli altri, ma si presta al cannibalismo volontariamente.
Sarà però Lee, interpretato da un sempre ottimo Timothée Chalamet, la figura più importante per Maren.
Lee è un giovane ragazzo, anch’egli cannibale, dal passato burrascoso e che si è allontanato da casa da diversi anni ormai. Esattamente come Maren sta cercando la propria strada, un proprio posto nel mondo, in una parola la ricerca è quella di una casa.
Ma “casa”, come raccontava anche Nomadland di Chloé Zhao, è un costrutto non tanto fisico, quanto sociale: Maren e Lee trovano casa nel momento in cui riescono a conoscersi meglio, ad aprirsi sui dettagli più torbidi della loro esistenza e a cementare parte della loro storia insieme. Il genere del road movie si percepisce anche in questa fase di avvicinamento dei due personaggi, “costretti” al viaggio insieme e quindi a condividere piccoli aspetti di vita quotidiana.
Della recitazione risulta ben poco da appuntare: le interpretazioni dei due protagonisti, Timothée Chalamet e Taylor Russell, risulta d’altissimo livello. Allo spettatore rimane sia il lato animalesco e spregiudicato dei due cannibali, sia quello prettamente umano ed inconsapevole di due giovani alle prese con un disturbo/malattia da cui non riescono a sottrarsi nemmeno volendo. I dialoghi sono costruiti per buona parte con semplicità, ma quando vi è la necessità, Bones And All dimostra di poter calare l’asso dalla manica. I diversi faccia a faccia tra Maren e Lee, così come gli incontri lungo la strada, stimolano le emozioni del pubblico e, complice un’ottima scelta nell’accompagnamento musicale, aiutano a mantenere alto il pathos quando necessario (l’incontro con Jake e Brad o quello iniziale con Sully, per esempio).
Ho portato via il corpo, pulito tutto tre volte e ce ne siamo andati. Non l’hanno mai ritrovata. Quella è stata l’ultima volta che ho usato il nostro vero cognome. Ora sai il perché. Per anni non successe nulla e io ero più calmo. Dovevi iniziare la scuola e ho pensato che non lo avresti fatto in pubblico e così è stato. Ma ti sei fatta furba. Davvero furba.
Il richiamo a The House That Jack Built non deve far pensare a Bones And All come un film attento, crudo e gelido nel raccontare determinati fatti. Al contrario l’opera di Guadagnino si esalta proprio con il sangue in scena: è in quei frangenti che la storia diventa più delicata, introspettiva e le uccisioni (per sfamarsi) diventano parte di un’esperienza di cui lo spettatore viene messo a conoscenza. Un momento di intimità reso pubblico per alcuni, rapidi, frangenti.
Il titolo richiama un dialogo di Jake che espone l’intensità e l’importanza di consumare un corpo “bones and all”: si tratta di un’esperienza, a detta di Jake, unica e che permette a chi si sta sfamando di entrare in profonda sintonia con la persona che sta mangiando. Un’esperienza di sublimazione estrema, quindi, in grado di elevare qualsivoglia tipo di rapporto: due anime unite all’interno dello stesso corpo per l’eternità.
Maren: “Non voglio far del male a nessuno.”
Lee: “Le ultime parole famose.”
Bones And All è un romantic-horror movie e racchiude al suo interno tutti gli elementi cardine dei due generi. Una commistione complicata e che rischiava di rendere la pellicola di Guadagnino un banale teen drama come tanti ne vengono sfornati oggi giorno. Fortunatamente il regista siciliano (unitamente a David Kajganich che ha gestito l’adattamento) si allontana dal pericolo con un film introspettivo, capace di sfruttare il cannibalismo per raccontare la diversità e il mondo dei diversi dall’interno. Una metafora scenica che funziona e che aiuta nel racconto horror, spesso tradotto in splatter e visivamente forse disturbante per una porzione di pubblico. Ciò che resta, tuttavia, non sono le scene cruente, bensì l’umanità raccontata anche questa volta da Guadagnino e l’interpretazione di Russell e Chalamet, iconiche figure di questo road movie rivisitato.
TITOLO ORIGINALE: Bones And All REGIA: Luca Guadagnino SCENEGGIATURA: Taylor Russell, Timothée Chalamet, Michael Stuhlbarg, André Holland, Chloë Sevigny, David Gordon Green, Mark Rylance DISTRIBUZIONE: Warner Bros. Pictures International DURATA: 130′ ORIGINE: Italia-USA, 2022 DATA DI USCITA: 02/09/2022, 79ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia |