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Confini E Dipendenze

Stati Uniti d'America. Sullo sfondo di un'anomala serie di overdose da farmaci oppioidi, si incrociano le storie di un infiltrato della DEA, un architetto e un ricercatore farmaceutico.

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Stati Uniti d’America. Sullo sfondo di un’anomala serie di overdose da farmaci oppioidi, si incrociano tre storie diverse, quella di un infiltrato della DEA in un’operazione di contrabbando di fentanyl, quella di un architetto, che si sta riprendendo dalla dipendenza da ossicodone e deve affrontare la morte del figlio, e infine quella di un professore universitario, ricercatore per un farmaco antidolorifico esente da dipendenza alternativo all’ossicodone.

 

Tre storie collegate al mondo degli oppiacei negli Stati Uniti. Tre facce della stessa medaglia, una piaga che sta progressivamente mettendo in ginocchio gli USA evidenziando forti problematiche nel controllo dei medicinali. Per buona parte della critica il film è una rivisitazione in chiave moderna di Traffic di Steven Soderbergh e per quanto la struttura sia concettualmente molto simile, a livello contenutistico il lavoro di Nicholas Jarecki risulta notevolmente inferiore per svariati motivi. Su tutti, sicuramente, la superficialità esagerata con cui vengono trattate determinate sottotrame, quale ad esempio quella che vede coinvolta la sorella tossicodipendente di Jake. Secondo elemento: l’aspetto informativo, trattato con altrettanta superficialità, e che viene di fatto circoscritto ai pochissimi secondi prima dei titoli di coda.
Ciò che rimane è un (neanche troppo) avvincente poliziesco in cui le storie di Jake (Armie Hammer) e Claire (Evangeline Lilly) surclassano eccessivamente l’aspetto informativo del film portato avanti dal dottor Tyrone Brower (Gary Oldman).
Da annotare, comunque, che parte della critica sembrerebbe aver preso a cuore la stroncatura del film per le vicissitudini personali di Armie Hammer, accusato di presunte molestie a gennaio 2021, un mese circa prima dell’uscita di Crisis.

Questa è Montreal, amico mio. Qui accadono cose strane.

Tribunale del popolo a parte, il film fatica a reggersi in piedi in maniera convincente, senza che nessuno si prenda la briga di attaccarlo deliberatamente. L’idea di Jarecki (regista e sceneggiatore) di aggiornare la problematica raccontata da Traffic è avvincente e di sicuro impatto, a maggior ragione considerato il problema oppiacei negli USA. A gennaio 2020 il vicedirettore de Il Post, Francesco Costa, pubblicò il suo primo romanzo dal titolo Questa È L’America, i cui capitoli iniziali sono totalmente dedicati alla crescente piaga degli oppiacei, cresciuti a dismisura negli ultimi vent’anni. Questo estratto del libro è utile per poter cogliere i numeri di ciò che si sta parlando:

Le dimensioni di questa epidemia non hanno precedenti. […] Dal 1999 al 2018 quasi 800.000 persone negli Stati Uniti sono morte per overdose; la grandissima parte per overdose da oppiacei. Soltanto nel 2017 i morti sono stati 70.237, il doppio di dieci anni prima. […] Dieci volte il numero totale dei soldati caduti in Iraq e in Afghanistan dal 2001 a oggi, più di tutti i soldati morti in Vietnam, Iraq e Afghanistan messi insieme. […] Il numero dei morti per overdose da oppiacei quell’anno negli Stati Uniti non ha superato soltanto il numero dei morti per armi da fuoco: ha superato il numero massimo mai registrato di morti per armi da fuoco in un solo anno (il 2017). Non ha superato soltanto il numero dei morti per HIV: ha superato il numero massimo mai registrato di morti per HIV in un solo anno (il 1995). Non ha superato soltanto il numero dei morti per incidenti stradali: ha superato il numero massimo mai registrato di morti in incidenti stradali in un solo anno (il 1972).

Dei numeri che fanno riflettere, avvicinano al problema lo spettatore consapevole e che evidenziano perché sarebbe stato interessante vedere una più chiara ed approfondita trattazione della piaga degli oppiacei senza scadere nel blando thriller poliziesco.

Se avessimo saputo dell’ossicodone e avessimo potuto parlare, guarda tutti i danni che avremmo potuto prevenire, le vite che avremmo potuto salvare.

Il film, come anticipato all’inizio della recensione, si compone di tre singole sottotrame concentrate attorno a tre diversi personaggi: Tyrone Brower, un professore-ricercatore della Everett University; Jake Kelly, un agente della DEA sotto copertura; Claire Reimann, un architetto, ex tossicodipendente che deve affrontare la perdita di un figlio.
Le tre storie non si intersecano per la quasi totalità del film, fatta eccezione per Claire e Jake, che si ritrovano faccia a faccia in due sequenze dal momento che stanno dando entrambi la caccia allo stesso uomo.
Il dottor Brower è incaricato dalla Northlight Pharmaceuticals di raccogliere dati e studi a supporto del loro nuovo prodotto, il Klaralon, un antidolorifico che a detta della casa farmaceutica non dovrebbe dare alcun tipo di dipendenza al paziente. Un vero passo avanti rispetto all’ossicodone (di cui dovrebbe essere un sostituto). I test non vanno come la Northlight pensa e restituiscono un’allarmante verità: il Klaralon è peggio dell’ossicodone e mortale in molto meno tempo. Tyrone cerca così di portare alla luce i dati prima parlando con la Northlight e successivamente con l’Università. Messo alle strette si ritrova costretto a contattare la FDA, di cui diventa fonte ma con scarsi risultati: Klaralon riceve il nullaosta per la messa in vendita e Tyrone perde il lavoro.
L’agente Jake Kelly è un’agente della DEA sotto copertura che sta portando avanti un’operazione di infiltrazione in due grossi cartelli del fentanyl. Il primo è quello su suolo americano, gestito dalla mafia armena; l’altro ha sede in Canada ed è gestito da Claude “Mother” Veroche. A complicare la situazione, rendendo ancora più interconnesso il personaggio con la tematica degli oppiacei, arriva anche la sorella di Jake (Emmie), tossicodipendente.
L’operazione non procede come da copione e, dopo una violenta sparatoria, gli armeni fuggono senza poter essere accusati di qualsiasi tipo di crimine, mentre Mother è in fuga con i soldi sottratti durante lo scambio di fentanyl che doveva essere l’inganno per poter arrestare tutti.
Claire Reimann è un architetto che si sta riprendendo da un recente passato di tossicodipendenza che si ritrova, per cause esterne, in una storia più grande di lei. Il figlio David viene trovato morto per strada a causa di una overdose. Da qui inizia la ricerca della verità e di giustizia di Claire che dopo indagini, ricerche e pedinamenti si ritroverà al cospetto di Mother pronta per vendicarsi della perdita che gli ha causato.

È la più grande crisi di salute pubblica dai tempi del tabacco! Non possiamo semplicemente chiudere un occhio!


Oltre alle problematiche già evidenziate, altre cose andrebbero segnalate. Innanzitutto la semplicità di reperire informazioni (a volte estremamente personali) con cui Claire riesce ad avvicinarsi progressivamente a Mother e al suo ritrovo (il ristorante La Marina). Tra Facebook e ricerche su Google, in certi frangenti le sue indagini assumono delle sembianze quasi grottesche e surreali considerata l’eccessiva semplicità.
Maggiore impatto, inoltre, avrebbe avuto Tyrone se si fosse messo in contatto con la FDA attraverso altri mezzi: diciamo che contattarli tramite un form online, come se fosse una richiesta di assistenza qualunque, debilita un po’ l’intera scena, inizialmente costruita e pensata come carica di pathos e tensione.
Il cast, dal canto suo, sopperisce alle mancanze della sceneggiatura, ma riesce a salvare la situazione fino ad un certo punto. Il finale, infatti, risulta ingiustificabile e totalmente incomprensibile rendendo a conti fatti il film inconcludente sotto ogni punto di vista: da quello informativo per la pessima gestione di Oldman e della sua sottotrama; da quello poliziesco per la perdita di contatto con la realtà dell’agente Kelly non solo nel finale, ma anche in altre sequenze precedenti.

 

TITOLO ORIGINALE: Crisis
REGIA: Nicholas Jarecki
SCENEGGIATURA: Nicholas Jarecki
INTERPRETI: Gary Oldman, Armie Hammer, Evangeline Lilly, Greg Kinnear, Michelle Rodriguez, Luke Evans, Lily-Rose Depp, Guy Nadon
DISTRIBUZIONE: Quiver Distribution, Elevation Pictures
DURATA: 118′
ORIGINE: USA, 2021
DATA DI USCITA: 26/02/2021, Netflix

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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.

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