recensione Joker: Folie A Deux
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Joker: Folie À Deux

Todd Phillips sforna una pellicola divisiva (specialmente per chi non ama i musical) e oggettivamente inferiore rispetto alla precedente. Lady Gaga e Joaquin Phoenix fanno del loro meglio per tenere a galla un film che avrebbe avuto il potenziale di essere qualcos'altro e che invece ha scelto consciamente di non essere. Rischioso e non per tutti.

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Due anni dopo i fatti di Joker, Arthur Fleck (Joaquin Phoenix) sta scontando la sua pena all’interno del carcere di Arkham. Si avvicina il giorno del processo che deciderà se dovrà scontare l’ergastolo o la pena di morte, quando nella sua vita compare l’enigmatica Harleen “Lee” Quinzel (Lady Gaga), un’altra paziente della stessa struttura che gli confessa di essere una sua grande fan e di desiderare una vita con lui al di fuori della legalità. Da qui i confini fra realtà e immaginazione si faranno sempre più labili nella mente del povero Arthur Fleck.

Annunciato dai numerosi teaser e trailer, discusso di recente nel nostro podcast e accolto con grande trepidazione all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, Joker: Folie À Deux, sequel del fortunat(issim)o Joker di Todd Phillips, non ha avuto purtroppo la stessa accoglienza del primo capitolo che, con tutti i difetti del caso, è comunque rimasto nell’immaginario collettivo per la sua scrittura e per lo stile visivo che, all’epoca (si parla ormai del 2019), si presentava come qualcosa di impattante e “a sé” rispetto all’ennesima riscrittura di uno dei personaggi più iconici della DC comics.
Forse il difetto più grande risiede proprio nell’eccessivo hype dato a tale pellicola che, pur rimanendo un ottimo prodotto di regia e scrittura, ha perso quella “spinta anarchica” che connotava il precedente capitolo della saga di Arthur Fleck.

JOAQUIN PHOENIX E LADY GAGA


Il film riprende esattamente due anni dopo gli eventi del primo Joker, con il processo ad Arthur che è imminente. Una giuria dovrà decidere se condannarlo all’ergastolo (cosa che la difesa vorrebbe se si dimostrasse l’infermità mentale di Arthur) o direttamente condannarlo a morte tramite sedia elettrica. Quello che viene presentato all’inizio è un Arthur stanco e depresso per tutto quanto gli è successo, una persona che vorrebbe solamente dimenticare quanto accaduto ed essere dimenticata accettando passivamente il proprio destino.
Ma un barlume di speranza arriva nei panni inaspettati di una “fan”, tale Harlen “Lee” Quinzel (il cui nome contratto è Harley Quinn), interpretata da una stranamente meno cagna del solito Lady Gaga.
I due inizieranno una relazione altamente tossica in cui lei farà di tutto per risvegliare il “Joker dentro di lui” che naturalmente non vede l’ora di uscire fuori e riprendersi ciò che è suo di diritto (la propria fama e gloria). Ma, allo stesso tempo, farà sì che la psiche del povero Artur si comprometta ancora di più non distinguendo più la fantasia dalla realtà.

UN FILM “PARODIA DI SÈ STESSO”?


L’accoppiata Phoenix-Gaga funziona in maniera decisamente egregia per la pellicola. I due risultano ottimi nei panni di due “Joker e Harley Quinn” tremendamente realistici e reali, come lo stile di Phillips impone. Peccato che la scelta del regista qui si sia rivelata controproducente proprio per quanto riguarda la rappresentazione dei due principali co-protagonisti della pellicola.
La scelta di fare della vicenda dei due una sorta di semi-musical (non si può infatti definire bene il genere a cui la pellicola appartiene, ma c’è una certa dose di scene cantate e ballate) è infatti palesemente fatta apposta per valorizzare al meglio la performance di Lady Gaga (e giustificarne anche i 12 milioni di dollari di cachet).
Non che anche nel primo film non si fosse data una certa importanza data alla musica e alle coreografie che simboleggiavano i cambiamenti d’umore e stato del protagonista (l’ormai celebre scena della scalinata) ma, se nella prima pellicola questi erano centellinati e motivati all’interno di una scenografia comunque realistica, qui diventano l’ossatura stessa del film portando quasi all’esasperazione il concetto stesso.
Praticamente ogni 15 minuti il film prende una piega surreale per cui i due sono protagonisti di momenti onirici in cui ballano e cantano, tanto che in alcuni casi poi il confine fra momenti onirici e realtà diventa fin troppo confusionario. Certamente può essere considerato un effetto voluto dal regista stesso per rimarcare la schizofrenia del protagonista che non riesce più a distinguere realtà e sogno però alla fine “il troppo stroppia” facendo diventare il film una sorta di parodia di sé stesso, o meglio della prima pellicola.

META-CINEMA “Á LA TODD PHILLIPS


Proprio per questo motivo la pellicola non riesce ad essere così incisiva come dovrebbe in quanto non riesce a distaccarsi da quel surrealismo onirico che, alla lunga, diventa fin troppo “esagerato”, concentrandosi più sulle performances e sullo show che non sula sostanza. Ed è un peccato perché comunque anche questa film dimostra di avere ancora molte cose da dire e presenta alcuni spunti interessanti, per cui il giudizio finale non può essere fin troppo negativo.
Molto bella, ad esempio, la scena iniziale realizzata come un “cartone animato” della Warner Bros (bella auto-ironia da parte della casa di produzione) che preannuncia di fatto il tema principale dello show, ovvero il conflitto fra Arthur e la sua “immagine pubblica” di Joker.
In questo senso la pellicola si caratterizza come meta-cinema in cui tutte le discussioni vertono sul motivo per cui il Joker è diventato una celebrità, mettendo in guardia sulla sua mitizzazione. Quasi un’autoriflessione dello stesso Todd Phillips sul successo della sua pellicola (che col senno di poi ha davvero anticipato i tempi del populismo moderno) che si riflette sul peso, da parte di Arthur, nel dover portare pubblicamente la maschera di Joker.
Non a caso viene fatto spesso riferimento a un film tratto dalla storia di Arthur che ne avrebbe accresciuto il mito, di cui non si può non vedere un’autocritica da parte del suo autore ma anche una critica “esterna” al mondo dei vari cosplayer e cultori della pellicola che, forse, non ne hanno mai capito il vero significato al di là dell’aspetto visivo-estetico.

CONCLUSIONI


E forse, proprio per questo motivo, Phillips decide di andare sempre meno di metafore e di rendere molto più “palpabile” e semplice la psicologia dei suoi personaggi. A contraltare di questa scelta c’è però il sacrificio di tutto l’aspetto tridimensionale di Harleen e Arthur (lo stesso character di Lady Gaga funge solo da deus ex machina ma non è mai veramente approfondito).
Rimane comunque l’aspetto meta-narrativo del film che di fatto è ciò che lo salva dalla banalità. Le scene del processo ad Arthur Fleck sono, da questo punto di vista, realizzate splendidamente. Soprattutto la scena di confronto con l’amico Gary (uno straordinario Leigh Gill) che, in poche battute, condensa da solo tutto il significato della pellicola e risulta molto più incisivo di tutti gli altri attori con più minutaggio. Soprattutto perché svela il vero significato nascosto della vicenda di Arthur: non è altro che l’ennesimo personaggio che è costretto ad indossare una “maschera” per sopravvivere, maschera che non cela nulla di nobile, anzi. Non è poi così diverso dalle altre persone che, pur di ottenere gloria e fama sono disposti a compiere anche gli atti più ignobili.
Forse anche per questo motivo Phillips decide ulteriormente di deludere “appositamente” il pubblico con una pellicola molto più “mediocre” rispetto al primo capitolo, ma tale intento risulta comunque recepito solo a metà in quanto risulta soffocato dalle troppe (e inutili) canzoni che tolgono spazio a tutto il resto. Specialmente considerando le due ore abbondanti di girato.

 

TITOLO ORIGINALE: Joker: Folie À Deux 
REGIA: Todd Phillips
SCENEGGIATURA: Todd Phillips, Scott Silver 
INTERPRETI: Joaquin Phoenix, Lady Gaga, Catherine Keener, Brendan Gleeson, Zazie Beetz, Harry Lawtey, Steve Coogan, Jacob Lofland, Leigh Gill, Bill Smitrovich 
DISTRIBUZIONE: Warner Bros
DURATA: 138′
ORIGINE: USA, 2024
DATA DI USCITA: 02/10/2024

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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!

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