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Suzume No Tojimari

Dopo Your Name, Makoto Shinkai regala un altro gioiello di grande bellezza. Un viaggio che fa bene al cuore.

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Un’adolescente giapponese libera per sbaglio i demoni dell’Apocalisse. Dovrà cercare di rimediare con l’aiuto di un “chiudi porte” professionista… trasformato in seggiolina.

 

Messa così, la sinossi promette divertimento e colpi di scena. Questi ultimi non mancano ma, ben presto, sotto la trama action e le immagini coloratissimi emergono spunti di grande profondità.
Il regista Makoto Shinkai ha dichiarato di aver realizzato questo film per trasmettere un messaggio preciso: la mancanza di fede (nel caso specifico, fede nei valori della religione shintoista) lascia l’essere umano privo di una risorsa fondamentale davanti ai traumi e alle prove della vita.
Un messaggio profondo ma non l’unico dato che emerge anche una critica sociale alla politica del governo giapponese di questi ultimi decenni. Un esempio su tutti a spiccare sta proprio nel fatto che Suzume, residente in una cittadina di provincia, trovi la porta magica da cui parte la vicenda in un villaggio termale abbandonato. Sarebbe una delle molte grandi opere realizzate per creare posti di lavoro e consenso finite in un nulla di fatto e di cui è punteggiata la terra del Sol Levante.

PENSARE GLOBALMENTE, AGIRE LOCALMENTE


Esattamente qui, però, sta la grandezza di questo lungometraggio. Non occorre sapere nulla di shintoismo o delle vicende nipponiche degli ultimi tempi per comprendere il significato della storia.
La vicenda sa catturare lo spettatore e parlare al cuore perché tratta temi universali che ampliano il loro significato grazie alla sapienza con cui la storia è realizzata.
Si parte dalla trasformazione in seggiolina di Sato Munakata, discendente da una pregiata stirpe di “chiudi porte” professionisti. La seggiolina non è un pezzo di arredamento qualsiasi, bensì si tratta del più prezioso ricordo che Suzume possiede della madre e ha solo tre gambe. Un elemento simbolico collegato ad un evento ben preciso, quando questa è rimasta danneggiata a causa di “una cosa brutta brutta”, ovvero un incidente in cui è morta la madre di Suzume.

CHIUDERE IL CERCHIO


La ragazza afferma di non ricordarsi cosa sia successo di preciso, in quanto “era molto piccola”, avendo appena quattro anni.
Ben presto, comunque, il viaggio verso gli specifici punti da sbarrare per impedire ai mostri di dilagare distruggendo tutto, si trasforma anche e soprattutto in un profondo viaggio interiore.
Non viene detto esplicitamente quale sia il fatto brutto brutto e forse questa è l’unica, piccola pecca imputabile al film che lascia un alone di mistero su tale avvenimento. Tuttavia, lo spettatore mediamente informato può rendersene conto pian piano attraverso lo scorrere della vicenda e, in questo modo, compiere un parallelo e simbolico percorso personale insieme ai protagonisti.
Quando, infatti, viene spiegato che Suzume da piccola abitava nella prefettura di Miyagi, si può subito fare il conto: chi ha sedici anni nel 2023 aveva quattro anni nel 2011. Un collegamento utile giusto per prepararsi alle scene del ritorno nei luoghi dell’infanzia della ragazza.

CHIUDERE LE PORTE


Non a caso, nel momento in cui la protagonista si accinge alla battaglia decisiva contro il demone maggiore, il regista cita se stesso e un altro suo film, In Viaggio Verso Agartha.
E se nel precedente film si parla delle peripezie di una ragazzina decisa a riportare in vita il padre defunto, qui, seppur una resurrezione della madre di Suzume è fuori discussione, alla fine il tema è lo stesso: l‘importanza di accettare quanto è accaduto, di crescere e andare avanti.
Un discorso così profondo e impegnativo che qui viene proposto in modo molto scorrevole e brioso. Tra le altre cose, il demone minore, trasformatosi in gatto, assume atteggiamenti dispettosi tali da risultare quasi simpatico anche a chi non conosce le leggende shintoiste da cui sono tratte la sua figura e quella dell’altro demone, custode delle porte. Un lavoro ricercato a cui va dato merito all’arte del regista sceneggiatore.
Completano il tutto degnamente le musiche della band Radwimps che in realtà ha già collaborato con Makoto Shinkai  in Your Name e Weathering With You.


Dopo Your Name, Makoto Shinkai regala al pubblico un altro gioiello di grande bellezza (non prenderemo in considerazione Weathering With You che gli è riuscito meno bene, questo perché la soluzione di lasciar morire il mondo intero pur di star bene con l’amato non risulta particolarmente gradita e digeribile).
Suzume No Tojimari risulta un raro caso di film dalla cui visione si esce sentendosi quasi arricchiti. Il tema della cosiddetta elaborazione del lutto, infatti, riguarda chiunque. La narrazione, inoltre, lascia irrompere il magico e il meraviglioso senza però mai dimenticare il piano della quotidianità (vedere la scena in cui la zia che ha cresciuto Suzume le rinfaccia i sacrifici fatti per lei). In generale, un’opera da vivere più che raccontare.

 

TITOLO ORIGINALE: Suzume No Tojimari
REGIA: Makoto Shinkai
SCENEGGIATURA: Makoto Shinkai

INTERPRETI: Nanoka Hara, Hokuto Matsumura 
DISTRIBUZIONE: Sony Pictures Entertainment Italia
DURATA: 122′
ORIGINE: Giappone, 2022
DATA DI USCITA: 27/04/2023

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Casalingoide piemontarda di mezza età, abita da sempre in campagna, ma non fatevi ingannare dai suoi modi stile Nonna Papera. Per lei recensire è come coltivare un orticello di prodotti bio (perché ci mette dentro tutto; le lezioni di inglese, greco e latino al liceo, i viaggi in giro per il mondo, i cartoni animati anni '70 - '80, l'oratorio, la fantascienza, anni di esperienza coi giornali locali, il suo spietato amore per James Spader ...) con finalità nutraceutica, perché guardare film e serie tv è cosa da fare con la stessa cura con cui si sceglie cosa mangiare (ad esempio, deve evitare di eccedere col prodotto italiano a cui è leggermente intollerante).

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