The Mosquito Coast ha passato la metà della stagione cambiando sostanzialmente (e nuovamente) il suo DNA, mutando e diventando ora una serie tv di spionaggio e narcotraffico che, però, continua a non convincere pienamente. Certo, questi due episodi si lasciano guardare e soprattutto “Positive, Front-Facing Optics” è decisamente una spanna sopra “Goat Head Taco” e, ovviamente, nemmeno comparabile con l’immondizia chiamata “Talk About The Weather” e “A Rag, A Bone, A Hank Of Hair“.
È evidente che la mano di uno sceneggiatore esperto come lo è quella di Evan Katz (ha vinto un Emmy con 24) fa la differenza, specialmente se comparata con quelle di altri sceneggiatori meno esperti, vuoi per un curriculum più scarno, vuoi perché semplicemente scrivere sceneggiature non rappresenta proprio il lavoro che alcuni dovrebbero fare. La differenza si nota già con “Goat Head Taco” che risolve in maniera frettolosa uno dei pochi momenti di tensione decente che si è visto in questa stagione di The Mosquito Coast, preferendo lo spostamento del focus nell’accampamento dove Richard Beaumont, Margot e Charlie si minacciano a vicenda più e più volte.
In tutto ciò Neil Cross, che è ancora lo showrunner sulla carta, non si è minimamente degnato di sedersi al tavolo e firmare una sceneggiatura in questa stagione, cosa che comunque non fa dalla dimenticabile “Everybody Knows This Is Nowhere“, terzo episodio della scorsa annata. E la scelta fa ovviamente riflettere.
“Your actions have pushed us further into environmental collapse. The effects of which will be suffered not by you, but by the future generations. We are their representatives here to enact their vengeance. This will be our final warning.“
UNA SERIE CHE NON SA COS’È
La serie di Neil Cross soffre fondamentalmente di diverse lacune ma, come ogni cosa che appare confusa e poco chiara, soffre principalmente della mancanza di un piano a lungo termine.
La tensione crescente che esplode a fine puntata tra Margot e Allie è un qualcosa che deve essere affrontato in maniera corretta e non semplicemente riproposto più e più volte per poi assopirlo e dimenticarsene. Lo stesso vale per la relazione con la figlia Dina, ormai sempre più nauseata da entrambi i genitori e fondamentalmente non felice di essere lì dov’è. Il problema rimane però sempre lo stesso, ovvero dove Cross e i suoi sceneggiatori vogliano portare lo spettatore e soprattutto che cosa vuole essere questo adattamento dell’omonimo romanzo di Paul Theroux.
Nella 2×05 la serie sembra prendere delle tinte da spy-story mista a drama sul narcotraffico, così all’improvviso, mentre nella 2×06 (che come già detto offre una risoluzione affrettata della vicenda) il melodramma e le problematiche famigliari prendono il sopravvento cambiando completamente il tono. Lo stesso si può dire del resto della stagione con una buona season premiere sul passato, diventata poi una road boat-trip con il secondo episodio e proseguita con una generale mancanza di chiarezza nelle altre due puntate.
Fondamentalmente serve un punto di svolta ed un chiaro obiettivo da raggiungere che, per ora, sembra solamente offuscato da trame verticali e personaggi secondari che si susseguono senza lasciare veramente il segno, anche a causa di una sceneggiatura il più delle volte scadente.
Margot: “Allie, we’re here because you dragged us here.“
Allie: “We are here because you murdered someone.“
Margot: “That’s the most hateful mischaracterization of our history. You’ve called the shots for 13 years. But apparently, you’ve honed and saved up a toxic piece of poison to hurl in my fucking face, when I have fucking agreed with one fucking thing you’ve wanted! We were never supposed to be this unhappy.“
Allie: “You’re not doing this.“
Margot: “Well, you’re fucking wrong, because I am.“
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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The Mosquito Coast, in qualche modo, riesce a portare a casa una sufficienza scarsa che è per lo più dovuta all’interesse generato da “Positive, Front-Facing Optics” piuttosto che alla trama in generale che, infatti, continua a non avere una chiara direzione. In tutto ciò, i vari character continuano a non essere quel prototipo di personaggi con cui lo spettatore può empatizzare e questo, come già detto svariate volte, è un problema gigantesco.
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.