Suburræterna non è più una sorpresa, ormai giunti al sesto episodio. Colpiscono la scrittura scorrevole, la chiarezza delle sottotrame, l’utilizzo centellinato (comunque presente) di elementi soap, oltre che un’ambiguità di fondo che regna, come è giusto che sia, su tutto il parco personaggi. Esistono infatti fazioni, non persone per cui tifare.
Si può parteggiare per Spadino, ma Cinaglia non brilla in simpatia, e i due sono alleati. Può fare un pochino più simpatia Armando Tronto (ma neanche troppa, trattandosi di uno degli elementi soap di cui sopra), rispetto a Nascari e a quella recitazione teatrale vagamente eccessiva, ma il vescovo omicida è dello stesso schieramento dei Luciani, non proprio persone con cui si andrebbe a cena. E così via.
Il mischione è costruito in modo che non si possa effettivamente prendere una parte. Assodato che sul piano etico nessuno si salva, lo spettatore si trova quasi in una bolla di imparzialità, tifando unicamente per il ritorno di Spadino a Berlino, con una triste consapevolezza che questo è molto difficile che avvenga. Perché così vogliono le leggi della criminalità, perché verosimilmente così vuole Netflix, nell’ottica di spremere un po’ di più anche questo prodotto.
L’AGGUATO E COME SI SAREBBE POTUTO OSARE ULTERIORMENTE
“Ho resistito pure troppo Angè.”
Si parte dalla fine. Semplicemente perché è palese che gran parte del minutaggio dell’episodio è una continua carica a molla per un finale in cui qualcosa si sarebbe dovuto smuovere.
Nadia saluta e questa è difficile che potesse essere una sorpresa. La ex di Aureliano, infatti, è risultata nei precedenti episodi personaggio per cui provare un minimo di empatia, tuttavia quasi pedina fuori posto nello scacchiere disegnato tra intrighi politici e criminali.
Nadia decide di sacrificare Spadino per il bene di Angelica, ma in cuor suo, visto il modo in cui saluta l’amica, sa che sta comunque sacrificando sé stessa. Da una parte perché, anche sopravvivendo, si sarebbe macchiata di un enorme tradimento con cui forse avrebbe faticato a convivere. Il suo mettersi in prima linea nello scontro a fuoco si trasforma in un più o meno inconscio sacrificio totale.
Ed è Victor a sparare il colpo decisivo. Che stesse per diventare una pedina importante anche lui era palese per la continua attenzione che la regia gli stava riservando. Lo spettatore scafato nelle storie criminali poteva essere facilmente tratto in inganno per il fatto che un colpo di testa del figlio di Manfredi, disobbedendo agli ordini di sorvegliare la bara, avrebbe potuto portare alla morte del ragazzo che, episodio dopo episodio, sta acquisendo tridimensionalità e un senso nel suo rapporto con Spadino.
La morte di Nadia era atto necessario e dovuto ad asciugare lo show di un personaggio tanto carismatico quanto difficile da collocare. Morte poi utile a smuovere gli equilibri. Forse, visto il carico di tensione, si poteva anche pensare ad un’ulteriore morte eccellente. Sicuramente le pedine avranno modo di disporsi al loro posto negli ultimi due episodi e fornire ad ognuno il destino che merita, tuttavia la sensazione della montagna che partorisce il topolino è comunque forte.
ERCOLE, CINAGLIA E UNA BARA
Al di là dello scontro a fuoco, anche gli intrighi politici sono tutt’altro che statici. La cosa da apprezzare è che questi sono direttamente collegati con le guerre tra le famiglie, come è sicuramente più realistico che sia, senza poi creare quello scollamento scenico tra momenti adrenalinici e noiosissimi scambi di battute da palazzo. Spadino è con Cinaglia ma poi partecipa alla sparatoria; la ricerca del collaboratore di Armando della bara scatena l’incursione di Cesare Luciani, eccetera eccetera.
Le figure legate al potere sono direttamente maledette, si sono sporcate le mani con omicidi, sono legate a famiglie criminali (come nel caso di Ercole).
Questo insieme di elementi pareggia la curiosità per gli eventi futuri anche del settore politico ed ecclesiastico, rispetto alle faide tra famiglie. Soprattutto sulla figura di Cinaglia, improvvisamente privato dei suoi figli da parte del suocero.
Ah, la Murtas vuole diventare sindaco di Roma.
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Suburræterna continua a confermarsi. Forse, nella realizzazione di questo spin-off/sequel si è tenuto conto di alcuni errori della serie madre, abbracciando tra l’altro la matrice più fumettistica del racconto, per quanto ancorata nell’attualità.
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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.