Dopo aver dato la svolta definitiva alla trama unendo tutti i pezzi della contorta mente di Danny Sullivan in “The Crowded Room“, la serie di Akiva Goldsman si sposta su binari più lineari.
Già dallo scorso episodio, infatti, la narrazione aveva iniziato a seguire un flusso più concreto, con lo stesso protagonista che iniziava a venire a patti con l’esistenza delle sue personalità multiple.
Ad un episodio dal finale, si esce dal labirinto mentale di Denny per spostarsi direttamente nell’aula di tribunale per quel processo che era ormai solo questione di tempo.
INIZIO DEL PROCESSO
Nella scorsa recensione si era già sottolineato come, conoscendo la vera storia di Billy Milligan da cui è tratta la serie, non si poteva certo puntare tutto sul verdetto finale per dare un’ulteriore scossa allo show.
Sono altri gli elementi che dovranno prendere il sopravvento per chiudere degnamente il cerchio di un prodotto che finora è stato caratterizzato da alti e bassi. Sin dalla season premiere, infatti, The Crowded Room non ha propriamente eccelso nel suo racconto, collezionando episodi abbastanza confusionari che non avevano lasciato una buona prima impressione. Con lo scorrere delle puntate, e con la comprensione che si è fatta sempre più strada nello spettatore, anche la storia ne ha giovato, fino a giungere a quel settimo episodio che ha unito al meglio rivelazione e resa scenica per un risultato ampiamente apprezzato.
Prima di arrivare al finale, dove si presume sarà certamente Danny al centro della scena, gli autori hanno deciso di sfruttare i (comunque troppi) 1o episodi a disposizione e mettere sotto la lente d’ingrandimento anche altri elementi. Ci si sposta quindi su un racconto più “normale”, presentando la canonica sequenza in tribunale fatta di giuria, arringhe e testimoni. Un metodo narrativo che non stanca mai nonostante, la sua peculiarità nulla nei confronti di scene e situazioni simili già viste e riviste. Anche in questo caso, infatti, “Family” svolge il giusto ruolo narrativo per presentare il caso e, di conseguenza, apparecchiare fatti ed eventi che saranno poi minuziosamente rivelati nel finale.
IL TURNO DI EMMY ROSSUM
L’inizio del processo circoscrive così un altro differente capitolo di questa serie che, dopo il focus sul personaggio di Rya Goodwin, si sposta su un altro character da analizzare: Candy Sullivan.
La madre di Danny era rimasta finora in disparte, lasciando maggiormente spazio alla figura di Marvin che ha sicuramente influito maggiormente sul disturbo mentale di Danny. Tuttavia, gli indizi su un ulteriore passato tragicamente simile erano già stati disseminati negli scorsi episodi e, con un Danny troppo confuso e chiuso nella sua personale “stanza affollata”, Candy prometteva di essere la fonte più attendibile per ricostruire l’ennesimo capitolo dell’infanzia del figlio.
Un pattern, quello della madre convinta dagli avvocati a testimoniare, che è sempre utilizzato in situazioni simili, spesso svolgendo una specie di deus ex machina per vincere la causa. The Crowded Room, invece, cambia questa regola non scritta rendendo tutta la sequenza infinitamente più brutale, forte e reale. Seguire Candy nella sua decisione è stato un viaggio ben gestito che non ha lasciato alcuna traccia. La minaccia di Marvin, infatti, arriva sicuramente non inaspettata ma la serie riesce a costruire al meglio la scena lasciando quel dubbio che assale fino alla fine della testimonianza di Candy.
Da questo punto di vista, ad emergere è Emmy Rossum che sale finalmente in cattedra e si prende la scena unendosi al gruppo formato da Amanda Seyfried e Tom Holland che finora hanno saputo regalare una marcia in più alla storia soprattutto grazie alle loro performance.
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Ad un solo episodio dal finale, The Crowded Room si è dimostrata migliore di quanto ci si potesse aspettare.
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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.