Dopo la visione di questo episodio, si può tranquillamente affermare che “Goose” aveva tutte le carte in regola per essere un finale di stagione. Dopo che questo secondo ciclo di Servant non è riuscito a offrire le grandi rivelazioni che ci si aspettava, il penultimo episodio è stato invece di fatto pieno di sviluppi da capogiro.
UNA REGIA AZZECCATA
Al regista Nimród Antal (che aveva già diretto altri episodi, come “Marino“) è affidato il compito di raccontare il Natale in casa Turner: un Natale atipico e al limite dell’assurdo. Gli eventi che si susseguono sembrano semplicemente aprire la strada all’incredibile cliffhanger finale, in cui la celeberrima “lei” si palesa più inquietante che mai suonando il campanello di casa.
Il regista riesce a mostrare con maestria l’assurdità perturbante della situazione attraverso gli occhi dei protagonisti, con uno stile preciso, dettagliato e grottesco. L’attenzione è posta sui dettagli, dal crudo sventramento dell’oca per il pranzo al gioco dei mimi, per poi passare al delirio di Julian assuefatto dalla droga e alla sua conseguente overdose.
Nulla è lasciato al caso in questa regia che ha dell’eccezionale. Degne di nota sono anche le performance degli attori. Ancora una volta Rupert Grint convince con la sua interpretazione credibile ed efficace. Non si può dire lo stesso di Lauren Ambrose che rende la sua Dorothy credibile nella sua inquietante pazzia, ma a volte sembra oltrepassare il limite cadendo nell’esagerazione.
ANCORA MISTERI E TEORIE
Misterioso è stato ancora una volta l’intervento di Leanne che sembra riportare in vita proprio Julian dopo l’overdose. Nel corso della serie gli sceneggiatori avevano già gettato i semi per far comprendere questo suo potere, utilizzato su insetti e animali. Tuttavia, la sua abilità non è mai stata esplicitamente dichiarata ma solo lasciata intendere. Si potrebbe ipotizzare, dopo i piccoli indizi lasciati, che Leanne sia a tutti gli effetti un angelo, mandato sulla Terra per fare del bene e, addirittura, per resuscitare le persone.
Ancora più emblematico è il racconto di Julian appena risvegliato: ha incontrato qualcuno nell’aldilà, ma non si capisce a chi faccia effettivamente riferimento. Potrebbe essere Jericho o forse Uncle George. Con Servant occorre fare ripetutamente un processo alle intenzioni, per elaborare teorie e cercare di raggiungere il bandolo della matassa. Nessuna risposta è regalata ed è proprio questo il punto forte della serie.
LA MITOLOGIA SHYAMALANIANA
Servant si è fin dall’inizio presentato in un modo per poi cambiare pelle a più riprese nel corso degli episodi, sfuggendo, di fatto, a qualsiasi tipo di classificazione.
Questo suo essere un prodotto “ibrido” non può che suscitare fascino in alcuni ma fastidio in altri. Inizia come un dramma, si trasforma in un giallo con conseguente indagine, sfocia nella black comedy, devia nel thriller psicologico tra diverse chiavi di lettura, supposizioni e metafore, per approdare poi, finalmente, a quello che si sapeva già essere il vero intento di Shyamalan: un puro e semplice fantasy.
Ecco allora che Jericho, i Turner, Julian, Uncle George diventano semplicemente dei meri mezzi per arrivare al fulcro della questione: una serie fantastica dalla mitologia shyamalaniana dove superpoteri, messaggi divini e predestinazione fanno da padroni.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Rimane solo un episodio per terminare la seconda stagione di Servant, sperando di ottenere una conclusione che completi tutte le premesse gettate in “Goose” e nel corso delle due stagioni. Il pubblico è pronto per le risposte ma sembra che agli sceneggiatori piaccia giocare a ribaltare sempre le carte in tavola. Per soddisfare a pieno basterebbe sapere qualcosa di più sul culto segreto, su Leanne e soprattutto sul misterioso personaggio tanto temuto e appena entrato in scena.
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.