Guardare e parlare di queste due ultime puntate di Shameless è, più che un dovere, un diritto. La necessità di parlare e discutere di quanto visto è spontanea, necessaria, doverosa, si sente veramente il bisogno di riorganizzare la mente alla luce dei fatti avvenuti in queste 12 puntate. Il caos che da sempre regna sovrano nella famiglia Gallagher in questa stagione è stato, se possibile, ancora più caotico, rivoluzionario in un certo senso se si paragona quest’annata alle quattro che l’hanno preceduta, eppure alla fine sembra che proprio questo caos avesse un suo senso di esistere ed una sua coerenza interna, insomma non semplice caos ma ordine. Effettivamente riuscire a capirlo non è neanche così semplice nemmeno a visione ultimata perchè è solo notando l’esistenza e l’insistenza dell’utilizzo di una parola che si può dare un senso alle gesta di Gallagher e non: happy.
Wells non è stupido, ha sempre avuto ben chiaro quale voleva che fosse il tema principale di questa stagione ma non l’ha mai esplicitato. L’ha trattato, sviscerato, reso in mille modi diversi ma non ne ha mai parlato apertamente, non fino ad ora almeno. Per tutta la stagione ogni membro dei Gallagher, nella classica maniera disfunzionale e autolesionista che gli si compete, cerca di essere felice, solo che non sa come esserlo ed è per questo che sperimenta ogni possibile variante per raggiungerla. Può essere un matrimonio lampo, il finire in riformatorio per uscirne da leader, o anche solo la creazione della bevanda perfetta per ubriacarsi come una divinità. La felicità è una sensazione effimera, non rimane mai a lungo e generalmente per raggiungerla ci vuole molto più tempo di quello che poi si passa a goderne. La si può cercare nelle piccole cose, nei gesti di una persona, ma molto spesso la si ottiene solo stando accanto ad un altro essere umano che comprende paure, ansie e condivide gioie e dolori. Molto spesso dicevamo, non sempre.
Da questo punto di vista Bianca e Ian affrontano la loro malattia in maniera differente e, sempre differentemente, percorrono un viaggio che li porta ad ottenere una risposta che abbraccia due filosofie di pensiero diametralmente opposte ma dalla soluzione univoca: la solitudine. Bianca, accompagnata dal fido Frank in Costa Rica, prosegue il suo viaggio alla ricerca dell’esperienza estrema, quella che dia un senso ultimo ai suoi giorni sulla Terra, che l’aiuti a compensare gli anni di pacatezza passati seguendo le regole, gli anni grigi, senza picchi di emozioni, neutri. Nel suo caso per essere “happy” può bastare un po’ di crack o una roulette russa in riva alla spiaggia, ma solo per alcuni secondi, minuti, poi l’infelicità ritorna a regnare sovrana. Alla fine l’unica vera cosa che conta, in momenti come quelli vissuti dall’ex dottoressa, è il non essere soli, il non sentirsi “isole”, l’essere collegati a qualcuno con cui condividere le stesse esperienze perchè, per quanto non lo si voglia ammettere, solo condividendo la felicità si rende reale quest’ultima. “Thank you. You’ve made me happy” è quanto basta per riassumere il suo pensiero.
Per Ian tuttavia la questione è diversa, diverse malattie portano a diverse soluzioni del problema anche se il tema principale è e rimane l’essere felici. “People like us? We can be happy” è il mantra che Monica fa ronzare nella testa del rosso di casa Gallagher, un mantra che però non combacia con la realtà, vuoi per follia, vuoi per la non accettazione. L’esperienza di Ian con Monica è servita per aprire gli occhi al ragazzo sul fatto che effettivamente la felicità è solo un miraggio dettato dal bipolarismo: non è la persona a dettare ciò di cui ha bisogno per essere felice ma è la malattia a dettare legge, sempre e comunque. Essendo che la malattia in questo momento è l’unica costante nella vita di Ian, per quest’ultimo reprimerla con i farmaci equivale a venir meno ad una parte di sè, una condizione totalmente inaccettabile che ha poi scaturito la rottura con Mickey. “Too much is wrong with me. That’s the problem, isn’t it? Too much is wrong with me, and you can’t do anything about that. You can’t change it. You can’t fix me, ‘cause I’m not broken. I don’t need to be fixed, okay? I’m me! This is it” è sufficientemente esplicativo.
A raggiungere una conclusione in questo season finale su chi si debba avere al proprio fianco per essere felici è anche Fiona, ovviamente. Mai come in questa stagione il cuore di Fiona è stato così indeciso sul da farsi, mai come in questi dodici episodi il pensiero razionale e l’istinto irrazionale sono stati così in conflitto. Se all’inizio Sean partiva favorito, successivamente, tra l’arrivo di Gus ed il ritorno di Jimmy/Steve, le cose si sono fatte sempre più confuse: il cervello di Fiona diceva una cosa, il cuore diceva un’altra, il corpo faceva ciò che voleva. Il raziocinio insomma non è mai stato molto presente, ma d’altronde non ce lo si attendeva neanche molto da parte della stessa donna che la scorsa stagione si era giocata fidanzato e posto di lavoro per un paio di sveltine con il fratello “tossico” del moroso di turno. L’avevamo lasciata così e l’avevamo ritrovata così: confusa, inaffidabile, estremamente carnale. Per Fiona è servita un’intera stagione di ricerca, di “sperimentazione” per capire ciò che voleva veramente, per capire chi la poteva rendere felice: “You make me happy. I’m happy when I’m around you“. Di tutt’altro avviso però è Sean che con “Happy… is overrated. Grow up Fiona” getta una secchiata d’acqua gelida su qualsiasi aspettativa creatasi con il bacio dato qualche secondo prima.
Chiamatelo karma, chiamatelo Wells, ad ogni modo c’è sempre un prezzo da pagare per le proprie bravate per arrivare alla felicità che si va cercando. La si può trovare in tante forme, siano esse cose, persone o esperienze, la ricerca della felicità è stata il motore dell’intera stagione e a scoprirlo solo ora francamente è una cosa che fa sorridere. Fa sorridere perchè la felicità è accettazione e compiacimento di una situazione, è apprezzare ciò che il caos ha da offrire e amarlo per questo, e sapendo che Shameless non è altro che un enorme e imprevedibile regno del caos, per lo spettatore il raggiungimento di questo stato si è perfettamente compiuto più e più volte senza neanche rendersene conto.
Touchè John Wells.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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South Side Rules 5×10 | 1.67 milioni – 0.7 rating |
Drugs Actually 5×11 | 1.42 milioni – 0.6 rating |
Love Songs (In The Key Of Gallagher) 5×12 | 1.55 milioni – 0.7 rating |
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.