Giunti a pochissimi episodi dal season finale, era necessario per lo show di Graeme Manson uscire dal torpore e dare uno scossone agli eventi.
“Ouroboros” in questo senso fa il suo sporco lavoro, intrattenendo il pubblico e garantendo un plot-twist finale che getterà nel caos la trama delle restanti puntate.
In un delirio onirico di Layton, i viaggiatori dello Snowpiercer vivono attraverso i loro alter-ego, cercando di aiutare l’uomo a scendere a patti con quanto accaduto nello scorso episodio.
Per quanto Andre abbia tentato di allontanare Wilford, alla fine non si scoprirà così diverso da lui e dalle sue bugie.
LA NATURA CICLICA DELLE COSE
L’uroboro è un simbolo che raffigura un serpente o un drago che si morde la coda. Secondo i popoli e le culture più antiche, l’uroboro rappresenta la rinascita, l’eterno ritorno, una visione circolare della vita e dell’indissolubile legame tra l’inizio e la fine.
Questa creatura mitologica, oltre ad essere la forma assunta dal treno secondo la mente sognante di Layton, è anche una metafora perfetta per questa terza stagione. Snowpiercer, infatti, ormai da troppi episodi, si trova incastrato in un loop ineluttabile fatto di eventi e situazioni che ciclicamente si ripetono. Un comandante del treno, una ribellione interna, un colpo di stato, tante vittime e l’insediamento di un nuovo leader a guidare le 1029 carrozze. Nel mezzo, i continui attacchi e stacchi tra i vagoni dello Snowpiercer e quelli della Big Alice.
Questa fastidiosa ripetitività di trama viene momentaneamente spezzata dal settimo episodio che assume tratti e colori decisamente diversi da quelli a cui il pubblico è abituato.
IL SOGNO/INCUBO DI LAYTON
La trama verticale di “Ouroboros” è divisa in due parti e segue due dimensioni alternative ma parallele. In una, si ritrovano i protagonisti che lottano contro il tempo per salvare la vita di Andre, entrato in coma dopo il finale della scorsa puntata. Nell’altra dimensione, invece, il pubblico entra nella mente di Layton che ricrea uno Snowpiercer fittizio – il cosiddetto Ouroboros – dove è costretto a risolvere vari enigmi per riuscire a tornare a casa e, quindi, risvegliarsi.
Christoph Schrewe dirige un episodio atipico: il treno in cui si trova Layton è saturo di colori, di umidità, di musica e profumi, come se fosse davvero una creatura vivente. I protagonisti vengono presentati con lo stesso volto, ma con caratteristiche e funzioni diverse (tranne per la psicopatica LJ) e rappresentano dei vari step che Layton deve superare per arrivare alla verità.
Il viaggio nella mente e nell’inconscio di Andre permette a quest’ultimo di affrontare le conseguenze delle proprie scelte: l’omicidio di Pike, la bugia su Asha e il Nuovo Eden.
UN PLOT-TWIST CHE SALVA L’EPISODIO
“Ouroboros” è sicuramente un buon episodio, anche se completamente differente dagli altri. Un pregio, oltre al comparto tecnico, è quello di essere tornati all’atmosfera da noir della prima stagione.
Layton, infatti, è un detective nato e vederlo ragionare e risolvere un puzzle dopo l’altro ha ridestato nello spettatore sentimenti assopiti da tempo. Le doti attoriali di Daveed Diggs non vengono sprecate questa volta e alzano l’asticella della puntata. Il viaggio all’inferno di Layton si conclude con un colpo di scena eclatante e piazzato ad hoc.
Il climax con il quale il pubblico viene accompagnato (assieme a Layton) all’amara sorpresa finale rappresenta il punto più alto di questa terza stagione. Negli ultimi momenti dell’episodio Layton si risveglia con una nuova consapevolezza: ciò che ha sempre detestato e respinto, la smania di potere e di controllo di Wilford, in realtà non sono così distanti come lui credeva. Forse Pike aveva ragione, in fondo.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Il save dato alla puntata è sicuramente di incoraggiamento per la giusta direzione intrapresa dallo show. Nonostante un episodio atipico, infatti, Snowpiercer si guadagna nuovamente la fiducia del suo pubblico con un colpo di scena da dieci e lode.
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Se volete entrare nelle sue grazie, non dovete offendere: Buffy The Vampire Slayer, Harry Potter, la Juventus. In alternativa, offritele un Long Island. La prima Milf di Recenserie, ma guai a chiamarla mammina pancina.