Per arrivare a dove si è oggi bisogna innanzitutto tornare indietro e riconsiderare l’inizio. Questo vale in generale per la serialità, ma soprattutto quando ci si trova di fronte ad un finale di stagione del genere.
Snowpiercer è innanzitutto una bellissima graphic novel (intitolata in lingua originale La Transperceneige di Jacques Lob e Jean-Marc Rochette). Diventa poi un film nel 2013 diretto da un giovane Bong Joon-ho (che poi raggiungerà il successo definitivo qualche anno dopo con Parasite). E, infine, proprio sull’onda del successo del film e del suo regista, una serie tv, prima per Netflix (in collaborazione con TNT) e poi per AMC.
Uno show che ha subito vari sbalzi fra alti e bassi continui, dividendosi fra una regia comunque sempre interessante e varie interpretazioni di livello, ma anche con una ripetitività narrativa e una costante deriva nel soapish che, alla lunga, ne ha affossato gli spunti ottimi. Soprattutto per quanto riguarda la tematica scelta, più che mai attuale, che prevede un forte messaggio ambientalista e di fratellanza, purtroppo ancora fluttuante nella coscienza collettiva.
“ONE TRAIN”
E forse, proprio per questo motivo, lo show si è dovuto adattare a seconda dell’umore del momento degli spettatori perdendo la sua freschezza iniziale. Da qui, il generale punto di non ritorno che ha fatto sì che la qualità dello show degenerasse fino ad arrivare ad ora, con una stagione da dieci episodi che non nasconde il suo intento di chiudere tutte le storylines presenti nella maniera più veloce possibile. Il tutto, dovendo sottostare alle rigide regole dello streaming televisivo che impongono un certo numero di episodi, quando per un finale del genere ne sarebbero bastati giusto 4-5.
Al di là di queste considerazioni, sarebbe anche ingiusto non considerare il fatto che “Last Stop” è il finale giusto per questo show. Non fosse altro perché fa esattamente il suo dovere, rendendo protagonisti nella giusta misura tutti i vari character principali in una corsa mozzafiato lungo tutte le “mille e una carrozze” (ormai in realtà un po’ meno dalla prima stagione) del treno.
Una corsa frenetica (diretta in maniera magistrale da Cristoph Schrewe) che ha lo scopo di riprendersi il comando del mezzo ma anche di sventare un possibile olocausto nucleare. Il che riporta subito alla mente le prime stagioni dello show per la tematica insurrezionale e ambientalista, come non si vedeva da tempo.
E forse, proprio per questo motivo, il finale risulta emozionante, almeno per lo spettatore che ha visto la serie dall’inizio e che ora può finalmente riassaporare le stesse sensazioni della prima “rivoluzione” compiuta da Layton e soci.
ALCUNI DIFETTI, MA CAST PERFETTO
Non che manchino dei difetti anche in questo episodio, s’intende. Alcuni plot twist e soluzioni finali (una su tutte: proprio il mancato olocausto nucleare e la morte di Nima) lasciano un po’ l’amaro in bocca per via della rapidità e semplicità con cui avvengono.
Risulta palese che, per alcuni aspetti della vicenda, autori e sceneggiatori abbiano voluto concludere nella maniera più rapida possibile senza troppi problemi. È un peccato perché, con un episodio dal tasso di adrenalina così alto ci si sarebbe aspettato forse uno sforzo in più.
Ma è palese come l’attenzione qui si sia rivolta soprattutto ai personaggi, al loro percorso di formazione e alla loro vittoria finale che ne sancisce la fine delle vicende a bordo del treno.
Un finale quindi un po’ “a tarallucci e vino“, soprattutto per quanto riguarda il concerto/reunion finale e la tremenda “scena di speranza” (un fiore che rinasce sulle montagne, roba che Leopardi spostati proprio) realizzata con una CGI che dire pessima è farle un complimento.
Per il resto, almeno lo spettatore storico non può che unirsi al coro finale anche solo per festeggiare la fine di questa stagione inutile per congratularsi con un cast che comunque è sempre stato abbastanza azzeccato, rispolverando vecchie glorie altrimenti destinate all’oblio (Jennyfer Connelly, Sean Bean e Clark Gregg) e giovani attori meritevoli d’attenzione (Rowan Blanchard, Katie MacGuinness e Mickey Sumner fra gli altri).
Perfino Daveed Diggs, più volte in nomination come “peggior attore cane” nelle varie classifiche di fine anno, riesce qui a brillare nel suo congedo finale.
CONCLUSIONI
Con un po’ di fatica Snowpiercer è riuscito ad arrivare alla sua naturale conclusione. Rimane comunque un prodotto notevole per capacità produttiva (e capacità di re-inventarsi) e come unicità, almeno per quanto riguarda lo stile e la regia sperimentale.
Il messaggio ambientalista e umanista, pur perdendosi un po’ negli ultimi episodi, riesce qui a recuperare qualcosa lanciando comunque un messaggio di speranza che, nell’epoca attuale, è più che doveroso.
Menzione speciale per la storyline riguardante il rapporto fra Melanie e la figlia Alex, anche qui risolto con meno superficialità rispetto al resto, e che testimonia la bravura e la chimica delle rispettive interpreti.
Il viaggio dello Snowpiercer finisce dunque così, sperando che i prossimi show post-apocalittici possano imparare dai pregi di questo show e cercare di evitarne i difetti, per quanto possibile.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
|
|
Un finale di stagione che ha il merito (non scontato) di riabilitare un’intera stagione che (forse) non si doveva proprio fare. I difetti presenti non intaccano una suspense continua, realizzata con uno stile di regia unico e un cast tutto sommato degno di nota.
Quanto ti è piaciuta la puntata?
3
Nessun voto per ora
Tags:
Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!