The Serpent 1×05 – Episode FiveTEMPO DI LETTURA 4 min

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The Serpent 1x05 recensioneIl quinto episodio di The Serpent riprende la narrazione lasciata in sospeso nel terzo capitolo tornando nuovamente indietro per scoprire il destino che aspetta Nadine, colpevole di aver aiutato Dominique a fuggire.
Rispetto agli episodi precedenti, il quinto capitolo di The Serpent dedica un minutaggio maggiore alla storyline dell’ambasciatore Knippenberg e alle problematiche presso la stazione di polizia circa il riconoscimento di tale Alain Gautier che circola con un passaporto diverso, celando in realtà l’identità di Charles Sobhraj, nome ancora sconosciuto al diplomatico olandese.
In “Episode Five” per la prima volta i personaggi di Charles e Herman si sfiorano sulla stessa linea temporale, pur senza mai incontrarsi. Ciò però porta alla luce il più grande problema della serie: appena diminuisce il minutaggio dedicato al personaggio di Sobhraj, scema anche l’attenzione dello spettatore che assiste svogliato a un susseguirsi di eventi finalizzato solo a preparare il terreno per la prossima scena con Tahar Rahim.
Non mancano tuttavia le ottime scene, in particolare la lunga suspense iniziale tra Nadine e Alain in cui i due comunicano a parole lo stretto indispensabile, pronunciando in realtà con gli occhi un discorso decisamente più prolisso e beninteso da tutti.

COSA FUNZIONA…


Passato il giro di boa della stagione è arrivato il momento di tirare un po’ le somme del tempo speso di fronte all’assurda e raccapricciante storia di Sobhraj.
Come già sottolineato sin dall’inizio e nel corso delle recensioni precedenti, la storia narrata è di grande impatto visivo ed emotivo e un po’ per la curiosità, un po’ per l’ambientazione storica, si presta benissimo a una trasposizione on screen. Su questo non c’è nulla da obiettare: regia, scenografia e una ricostruzione storica dettagliata di ambienti e atmosfere rappresentano i punti forti della serie che non ha evidentemente badato a spese in termini di resa scenica.
Fiumi di complimenti si sono poi spesi per l’impagabile Tahar Rahim che ha fatto suo un personaggio oscuro e complesso, a tratti lineare ma mai del tutto intellegibile. Una personalità forse poco ricca di sfumature che non si decompone di fronte a nulla (banale sotto questo punto di vista, ma forse come in fondo è banale il male) ma certamente seducente e singolare, messa in scena da un Rahim eccezionale.
Alla lista dei pregi della serie vi è da aggiungere anche la tecnica della ripresa della narrazione da più punti di vista. E’ stato già sottolineato come l’utilizzo del flashback non sia una grande scelta in una narrazione che diventa troppo dispersiva e confusionaria (come così lo è ancora). Tuttavia, con il susseguirsi degli episodi e dopo essere entrato nel mood della narrazione, lo spettatore riesce a destreggiarsi meglio tra i vari salti temporali e il gioco di ritornare sulle scene già viste proiettandole dal punto di vista di un altro personaggio non si rivela poi così pesante. 

…E COSA PROPRIO NO


Ma tutto questo basta per rendere The Serpent un intrattenimento godibile?
La domanda è retorica e la serie conta una mole di difetti non indifferente che ne frenano le potenzialità, fino a renderla un prodotto insipido e poco accattivante.
La più grande pecca della serie è quella di non poter contare su personaggi secondari carismatici e interessanti, ma più su comparse che gravitano intorno al protagonista e ne dipendono in termini di resa scenica.
La cosa diventa evidente con il personaggio di Herman Knippemberg che non sfiora mai la personalità di Sobhraj con la conseguenza di essere relegato a una narrazione parallela che non interessa a nessuno. E qui certamente è un problema di scrittura e di disegno di personaggi (che dovrebbero essere comunque principali, vedi Knippemberg ma anche Monique e Ajay) che non riescono a reggere un proprio minutaggio se non con l’aiuto del più autoritario Sobhraj.
Va da sé che per una narrazione didascalica come quella di The Serpent il minutaggio risulta troppo importante: un’ora di visione che poteva indubbiamente essere sfruttata meglio. La mancanza di azione non è di per sé un problema in un racconto che mira all’inquietudine più che alla dinamicità della storia, tuttavia la mancanza di mordente non stimola una visione che rimane assopita in un susseguirsi di eventi. 

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Narrazione che riprende le fila del discorso lasciato in sospeso, una tecnica che comincia a funzionare meglio…
  • I salti temporali sono adesso più seguibili 
  • Il personaggio di Charles è il perno della storia ed è l’unico a reggere gli episodi
  • Regia, sempre ottima
  • Tahar Rahim 
  • …ma si tratta sempre di una narrazione frammentata e confusionaria che non agevola la visione
  • Personaggi secondari poco accattivanti. Il risultato è che una puntata senza un importante minutaggio di Charles non funziona
  • Narrazione dell’ambasciatore Knippenberg continua a non interessare, nonostante l’impennata presa nel presente episodio
  • Minutaggio importante 

 

Passato il giro di boa della stagione, il quinto episodio riconferma pregi e difetti di una serie che poteva certamente essere meglio sviluppata.

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