The Underground Railroad non è certamente una serie per tutti. L’eccessiva lunghezza del minutaggio (qualsiasi puntata sopra i 50 minuti dovrebbe essere illegale) e la lentezza della narrazione, rendono lo show meno accattivante di ciò che, invece, potrebbe essere.
Appare chiaro fin da subito che Barry Jenkins abbia voluto discostarsi dal recentissimo Them, altro prodotto sempre targato Amazon la cui storyline ruota attorno al razzismo, alla discriminazione, ai soprusi e alle loro conseguenze.
Nonostante le due serie possano essere accomunate dalla potenza visiva e dalla carica emotiva, la linea scelta dal regista di Moonlight è molto più intimista e simbolista.
Il comparto tecnico è sicuramente spinto al massimo e lampante è il lavoro di ricerca dietro al montaggio di ogni scena, dietro le luci e i colori della fotografia, dietro ogni espressione facciale dei protagonisti. Ma tutto questo potrebbe non bastare per sostenere l’attenzione del pubblico.
SPAESATI, DI NUOVO
Un altro elemento che caratterizza la creatura di Jenkins, è il non seguire un percorso lineare o, comunque, logico.
Già all’inizio della seconda puntata, infatti, lo spettatore aveva avuto la sensazione di essersi perso qualche passaggio durante la fuga di Cora e Caesar a bordo della ferrovia sotterranea. “Chapter Two: South Carolina” esordisce, per l’appunto, in medias res in un mondo totalmente opposto rispetto al pilot, destabilizzando per un attimo la narrazione. Al pubblico viene lasciata la facoltà di immaginare quanto tempo possa essere passato dalla puntata precedente e quali avvenimenti abbiano portato i due protagonisti a Griffin.
Anche per questo quarto appuntamento, Barry Jenkins (coadiuvato da Adrienne Rush alla sceneggiatura) decide di dare uno stacco netto alla storyline, presentando una puntata Ridgeway-centrica, completamente basata sul passato del cacciatore di taglie.
Il minutaggio scende drasticamente, assestandosi sui 40 minuti e regalando, finalmente, un episodio più digeribile, nonostante il ritmo tendenzialmente lento.
LIKE FATHER, LIKE SON? ABSOLUTELY NOT!
Arnold Ridgeway, antagonista principale dello show, è un personaggio funzionale per mescolare le carte in tavola e sconvolgere la tranquillità – solo apparente – di Cora e Caesar, costringendoli a separarsi. La sua storia personale era ancora avvolta nel mistero e di lui si conosceva solamente l’astio verso i neri, la determinazione nel suo lavoro e l’unico rimorso di non essere riuscito a catturare Mabel, la madre di Cora.
Questo quarto capitolo balza all’indietro di circa vent’anni e mostra l’inizio del viaggio all’inferno del giovane Arnold, corroso dall’invidia e incapace di provare empatia e sentimenti sinceri.
Il padre, completamente diverso da lui, è un uomo integerrimo e compassionevole, contrario alla schiavitù tanto da assumere solo neri liberi e da pagarli per i loro servizi.
Arnold, rimasto orfano di madre alcuni anni prima, si ritrova intrappolato in una vita fatta di sacrifici ed abnegazione, mentre cresce in lui l’ambizione e la smania di potere. Non condivide la visione del padre riguardo la popolazione nera, considerando questi ultimi come degli esseri inferiori che, stando a lui, dovrebbero lottare per ottenere la libertà e non averla di diritto.
L’unica via di uscita da questa gabbia, il giovane Arnold la trova nei cacciatori di schiavi con i quali collabora per potersi permettere un cappotto nuovo. Questa iniziazione sancirà anche la rottura definitiva con il padre, sconvolto dall’evoluzione (o meglio, devoluzione) del figlio e deluso dal suo cuore avvolto nell’astio e nel rancore.
IL POTERE DEI SILENZI
“Chapter Four: The Great Spirit” pur essendo una puntata meno lunga delle precedenti, mantiene comunque un ritmo lento, fatto di immagini e silenzi, più che di azione e dialoghi.
Le scene proposte portano con sé un grande carico emotivo e riescono a colpire lo spettatore in pieno petto, grazie alla loro resa visiva ma anche alla mimica facciale di Peter Mullan (Ridgeway Senior) e Fred Hechinger (il giovane Arnold).
I pochi scambi di battute presenti durante la puntata, soprattutto tra padre e figlio, dipingono perfettamente la realtà di un giovane ambizioso, insensibile, crudele e di un padre disilluso e amareggiato.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Un filler sotto mentite spoglie che getta luce sul passato dell’antagonista principale e regala sequenze di grande impatto emotivo.
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Se volete entrare nelle sue grazie, non dovete offendere: Buffy The Vampire Slayer, Harry Potter, la Juventus. In alternativa, offritele un Long Island. La prima Milf di Recenserie, ma guai a chiamarla mammina pancina.