“They’re all mine, now. So, tell me, Rick, where are my guns?”
Nella stagione 2010-2011, il Milan vinse uno scudetto grazie ad una squadra niente male, eppure lontanissima dai fasti di alcuni anni prima. C’era un uomo però che faceva la differenza: Zlatan Ibrahimovic.
The Walking Dead è una serie che, negli ultimi anni, si è presa insulti a destra e a manca. Chi l’ha insultata a sua volta si è beccato altri insulti da chi la difendeva. Insomma, non c’è mai stata tanta serenità dietro lo show AMC che tanto smuove gli animi delle folle. Quest’anno è arrivato lo Zlatan Ibrahimovic di The Walking Dead: Jeffrey Dean Morgan e il suo Negan.
Pur applaudendo a scena aperta un episodio come “The Day Will Come When You Won’t Be“, eravamo ben consci del vizietto di The Walking Dead di pigiare l’acceleratore a inizio e fine stagione, per poi rallentare bruscamente in corso d’opera.
In “Service” succede ben poco, anzi non succede assolutamente niente degno di nota, se consideriamo che tutto l’evento clou cui assistiamo era un passaggio altamente obbligato e naturale, ovvero la riscossa del “pizzo”. Eppure riusciamo a stare per la gran parte dell’episodio in tensione. Perché non solo Rick e co. hanno vissuto male la morte di Abraham e Glenn, anche noi spettatori siamo rimasti pesantemente colpiti dalla crudezza del sopracitato episodio. Anche noi ci sentiamo nella stessa condizione di Rick: obbedienti, riverenti e spaventati. A tale effetto – si conceda un po’ di soggettività nella sua descrizione – contribuisce per la maggior parte l’interpretazione di Jeffrey Dean Morgan che, fatti dimenticare del tutto i panni del diversissimo detective Jason in The Good Wife o del padre dei fratelli Winchester in Supernatural, trova un punto di contatto eccellente tra un personaggio di carta e uno “di pellicola”.
La presenza quasi totale di Negan, in questo quarto episodio, sembra quindi rispondere parzialmente a ciò che ci preoccupava qualche episodio addietro: anche gli episodi di transizione riescono bene. Le dinamiche Rick – Alexandria assumono una nuova tinta di terrore, un nuovo grado di tensione nella reggenza del potere dell’ex poliziotto (“I’m not in charge anymore” ai cittadini, ma anche “You say anything like that again to me, I’ll break your jaw and knock your teeth out, understand? Say yes.” a Spencer). Rick deve mantenere il comando non mantenendolo più. Deve a sua volta diventare Negan in un contesto in cui Negan è presenza costante e minacciosa. Ma le dinamiche di Alexandria, intese come qualsiasi interazione interpersonale tra le varie persone dentro le mura, assumono anche un aspetto diverso agli occhi dello spettatore. E’ possibile vedere una rabbia e frustrazione crescente in personaggi che in altri tempi non si sono fatti chiedere due volte di reagire con violenza smodata. Lo spettatore lo sa, semplicemente perché è successo in episodi e in periodi in cui scelte simili venivano anche criticate. Volendo guardare il tutto con un occhio estremamente ottimista, possiamo dire che la presenza di Negan era stata abbondantemente preparata nelle passate stagioni, grazie a quelle tante situazioni che vedevamo come transitorie. Per chiudere il discorso e farla semplice semplice: stavolta vogliamo proprio vedere come va a finire.
La positività di “Service”, quindi, sta proprio nel suo essere un episodio tutt’altro che decisivo, forse addirittura nuovo punto di partenza. La dimensione da apparente filler della 7×03 viene quasi sconfessata, grazie alla connessione immediata che si crea tra quell’episodio e questo (vediamo un Daryl che ancora non vuole saperne di pronunciare la parola “Negan”, cosa che gli viene pure rinfacciata: i personaggi non sanno perché, noi sì).
Un periodo, si spera, felice per la serie avrebbe fatto tranquillamente accettare scelte bizzarre e controtendenza per la serie. Un’eventuale morte off-screen di Maggie sarebbe stata la ciliegina sulla torta di questo episodio. Il coraggio di far andare via silenziosamente uno dei personaggi principali, pur con un anticlimax senza precedenti, avrebbe sublimato un colpo di scena di rarissima fattura. Senza considerare che il tutto sarebbe avvenuto grazie alle parole di padre Gabriel, personaggio che probabilmente tutti avevano dimenticato. Aggiungiamo anche che, a segnare un nuovo inizio, ci saremmo risparmiati inevitabili minuti conditi da crisi, depressione e lutto. Già rabbrividiamo all’idea di un episodio monografico sulla neo-vedova. Invece, quasi come una sentenza, arriva la conferma che nulla di nuovo è avvenuto mentre noi non guardavamo. Maggie è ancora nascosta con Sasha.
Il finale, con i personaggi da soli, nell’atto di prendere iniziative solitarie, segna il punto di non ritorno per la gang di Rick. Il punto più basso – segnato da un’incomunicabilità senza precedenti – sembra essere giunto. Chissà se questa volta, risalendo, noi spettatori non vivremo intensi momenti di goduria televisiva.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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The Cell 7×03 | 11.72 milioni – 5.7 rating |
Service 7×04 | 11.4 milioni – 5.4 rating |
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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.
Maggie morta a sorpresa sarebbe stato un colpo di scena eccezionale, seriamente??
Ti avrebbe sorpreso? Se si, colpo di scena eccezionale. Non per forza scelta narrativa bella (quella la lasciamo al gusto personali), ma fuori dagli schemi di twd sicuramente.