Con The Wilds, Amazon Prime Video dà vita a un teen drama inconsueto che tenta di coniugare i temi tipici di questo genere con ispirazioni prese da Lost e Il Signore delle Mosche.
La trama è apparentemente piuttosto semplice: un gruppo di ragazze adolescenti è in volo verso un campus giovanile alle Hawaii quando l’aereo precipita; le giovani protagoniste si ritrovano così da sole su un’isola deserta e devono tentare di sopravvivere fino all’arrivo dei soccorsi.
L’episodio – e di conseguenza la serie stessa – parte in medias res, con le vicende narrate da una delle protagoniste, Leah. È reso subito chiaro che le ragazze (non viene esplicitato se tutte o solo alcune) siano infine state recuperate dall’isola, ma queste vengono interrogate così che le autorità – e allo stesso modo anche gli spettatori – possano avere una visione chiara degli eventi.
Già da queste primissime scene emerge la teatralità dei dialoghi, elemento che rende il tutto molto artificioso e poco credibile. Purtroppo in molte fiction adolescenziali degli ultimi anni è sempre più abusata questa scelta di non attenersi alla verosimiglianza e affidare invece ai protagonisti non più che teenagers monologhi e battute troppo drammatiche e poco credibili. In un contesto simile, come un interrogatorio postumo ad un avvenimento così traumatico, la risolutezza e la serietà del personaggio di Leah stonano parecchio. C’è da dire che potrebbe essere semplicemente un espediente per caratterizzare il suo personaggio, ma andando avanti nella visione è sempre più evidente questa sospetta incapacità di rendere delle reazioni umane credibili.
“I don’t mean to say that what happened wasn’t traumatic. Obviously, it was traumatic. To end up where we did, in the middle of nowhere, completely cut off from the lives we left behind. That brings us to the real question, doesn’t it? What was so fucking great about the lives we left behind?”
Il culmine di questa mancanza si raggiunge nel momento della morte di uno dei personaggi, Jeanette. La ragazza, partita e naufragata con le altre protagoniste, aveva già subito un trauma fisico ed era stata soccorsa con una manovra di rianimazione cardiopolmonare. Tuttavia sembra avere una ricaduta poco dopo e perde la vita. La cosa sembra non sconvolgere affatto le ragazze (che è bene ricordarlo: sono delle teenager), ma anzi con una eccessiva freddezza – che quasi rasenta l’indifferenza – trasportano il cadavere, lo seppelliscono e iniziano a cantare “Raise Your Glass” di Pink per commemorare l’amica, mettendosi cinque minuti dopo a giocare a Never Have I Ever intorno a un falò.
Prendendo in esame invece la caratterizzazione dei personaggi, anche in questo ambito sono evidenti diverse lacune. Sicuramente l’intento era di rendere ogni personaggio differente l’uno dall’altro, ma il risultato è una caratterizzazione troppo stereotipata, in cui ognuna delle ragazze rientra in una stretta categoria e lì rimane, senza alcuna sfumatura (l’emarginata, la ragazza acqua e sapone devota a Dio, la sportiva, l’irascibile, la ricca alla moda e così via).
Per quanto il finale di puntata solleciti la curiosità dello spettatore, The Wilds pecca nella costruzione dei personaggi, rendendoli fin troppo finti e inflessibili. La serie rimane pur sempre un drama adolescenziale, questo è chiaro, ma ci sono espedienti sensati per far emergere questo lato ed espedienti meno sensati e poco credibili in un determinato contesto.
È evidente come The Wilds voglia creare una serie accattivante a tema e target adolescenziale seguendo in qualche modo la scia di altri teen drama recenti quali Elite (per quanto riguarda la costruzione in medias res e gli interrogatori volti a mettere insieme i pezzi della trama per lo spettatore), The Society (per quanto riguarda invece lo studio comportamentale degli adolescenti in un contesto di autosufficienza e di autogestione) o un più classico Pretty Little Liars (un gruppo di ragazze deve risolvere un mistero e capire chi vuole far loro del male e perché).
In linea di massima non è un’idea malvagia e, anzi, come incipit la serie ha già da subito una discreta attrattiva. Il problema risiede poi nella resa all’atto pratico che purtroppo, almeno per quanto riguarda questo “Day One”, non soddisfa le aspettative.
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.