Il secondo episodio della serie Netflix dal titolo veramente lunghissimo e difficile da ricordare è una puntata che porta ad accrescere i punti interrogativi dello spettatore. Il sopracitato titolo vagamente assurdo, la presenza di Kristen Bell e il richiamo ad altre opere di finzione della stessa natura potevano far vagamente pensare ad un’opera parodistica e quasi demenziale.
Invece la dimensione tragica, claustrofobica e ansiosa spiazza il pubblico e si conferma con un episodio in cui la natura ossessiva e traumatizzata di Anna la fa da padrone. Eppure disseminati all’interno di questo secondo appuntamento stagionale ci sono elementi che ancora stuzzicano l’idea che si stia guardando qualcosa di tremendamente stupido.
COSA STIAMO VEDENDO?
Una cosa è certa: il secondo episodio non lascia completamente indifferenti, soprattutto se si ha dalla propria un’empatia di fondo. La claustrofobia, la sensazione di percepire perfettamente la realtà rarefatta che Anna ha intorno a sé è più forte che mai.
Persino la scena finale, con Lisa in procinto di morire dissanguata, lascia delle perplessità. La differenza tra illusione e realtà è labile e lascia continuamente dubbi. Il fatto che l’intero episodio, o l’intero show, sia una continua soggettiva di un singolo personaggio trascina chi guarda in una spirale di immedesimazione continua, di senso di costante pericolo per l’andamento della vita di Anna, ma soprattutto di una continua messa in discussione sulle scelte della protagonista. Chi guarda è l’accompagnatore di una persona che ha affrontato traumi e ha ancora paura e incertezza nell’affacciarsi nuovamente alla vita.
A CHE GENERE CI SI STA AFFIDANDO?
Eppure alcune scelte narrative, come detto, lasciano abbastanza basiti sul fatto che invece non si stia guardando una brillante, sagace e crudele parodia. Se nel primo episodio si scimmiottava “La Finestra Sul Cortile” di Hitchcock con la protagonista alla finestra a causa di una semplice ustione alle mani, in questo caso alcune scelte sfiorano l’assurdo e spiazzano. Non si riesce a capire in fondo la serietà di alcune trovate. La fobia della pioggia è una di queste, ma la descrizione della morte della figlia ha una percentuale di surrealismo superiore.
Le cose sono due a questo punto: o ci si trova di fronte ad un genere differente, dove il “comico” è inserito con il contagocce all’interno del dramma, puntando verso un genere “liquido” e non definibile, oppure, molto più semplicemente, la realtà descritta dalla protagonista è distorta dai fatti surreali di cui sopra e saremo destinati a scoprire diverse verità. Difficile infatti pensare ad un’iniziativa che preveda che una figlia possa andare a trovare un serial killer in galera solo per accompagnare il padre al lavoro, assecondando un’iniziativa scolastica per giunta.
STILE NARRATIVO MINIMAL
Come detto, il tutto è mostrato secondo la visione di Anna. Un’unica soggettiva che confonde a proposito della natura della realtà presentata. Tutto questo favorisce uno stile minimal e asciutto. I personaggi si contano sulle dita di una mano, ma al contempo viene mostrata una finestra sul mondo virtuale che ormai è alla portata di tutti.
I social, Instagram nello specifico, risulta protagonista indiscusso e vera e propria ambientazione di questo episodio. In poche scene viene descritta la dinamica da stalker che caratterizza molte persone, in un vero e proprio rituale di corteggiamento del ventunesimo secolo.
Gran parte dell’episodio quindi viaggia intorno al voyeurismo, che sia la finestra, che sia uno smartphone. La vita di persone esterne viene così costruita attraverso le percezioni disturbate di un personaggio che sta affrontando un momento difficile della sua vita.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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The Woman In The House Across The Street From The Girl In The Window è uno show che può dire (o non dire) molto. Il suo stile minimal lascia punti interrogativi continui e una curiosità mista a timore nel proseguire la visione.
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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.