Inside No. 9 6×05 – How Do You Plead?TEMPO DI LETTURA 3 min

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Inside-no-9-6x05Come consueta abitudine, Inside No. 9 conclude la propria stagione con un sesto episodio più cupo, sanguinolento e a volte carico anche di elementi fantasy.
Era stato così con “Private View”, “Tempting Fate” ed il ben più recente “The Stakeout” dove la storia ruotava attorno ad un vampiro. In questa sesta stagione, però, Pemberton e Shaersmith decidono di rimescolare le carte giocando d’anticipo e cercando di cogliere impreparato lo spettatore.
“How Do You Plead?”, infatti, ha tutte le caratteristiche del consueto “episodio sei” pur non essendo l’ultimo della stagione, elemento che gioca a favore della trama dell’episodio altrimenti di suo ben poco accattivante considerato che il contro plotwist finale in cui Urban e Webster si scambiano i ruoli per essere puniti dal Diavolo appariva in un certo tal senso telefonato.
Un finale a suo modo non di livello o tutt’al più non qualitativamente vicino al resto della puntata.
Fatta eccezione, infatti, per gli ultimi minuti in cui vengono dipanati misteri e segreti, il resto dell’episodio ha a suo modo la caparbietà di nascondere in ogni singola sequenza alcuni elementi in cui lo spettatore progressivamente inizia a dubitare.

REALISMO DI SCENA


Il primo è ovviamente la presenza di Pemberton nell’ascensore che lì rimane relegato fino al termine della puntata facendo domandare allo spettatore quando e come il co-creatore dello show entrerà in gioco; parallelamente, l’eccentricità di Webster (Derek Jacobi) getta dubbi sull’autenticità della scena mantenendo la possibilità che il tutto sia una sceneggiata abilmente orchestrata per qualche sordido motivo da parte di Urban (Shearsmith). Dubbi e insicurezza che proseguono tra flashback a tinte horror e attacchi respiratori che potrebbero diventare mortali, tutti elementi che aiutano ad alimentare il senso di incertezza dello spettatore donando all’episodio solidità e magnetismo.
Un magnetismo che, tuttavia, viene annacquato con il finale di cui già in precedenza si è parlato. Forse, più del mancato colpo di scena, a non convincere è la scelta di appoggiarsi all’elemento fantasy per concludere la storia e dare un senso a tutto. Quello che infatti ha sempre colpito di Inside No.9 è il realismo della storia e della morbosità (a tratti macabra) che l’animo umano messo in scena riesce a rappresentare: a colpire sono episodi come “Simon Says” o “Lip Service” che per quanto al limite del credibile sotto certi aspetti rappresentano la crudeltà umana quando c’è da portare a termine un determinato obbiettivo, compito o lavoro. Spaventa molto di più l’uomo ed il suo dubbio moralismo messo in scena da Pemberton e Shearsmith che un blando fantasma/diavolo, caricatura proprio di quel male umano.

UN EPISODIO (NON) UNICO


Questo quinto capitolo è poi privo anche di una vera e propria sua caratteristica tecnica (“Wuthering Heist” canzonava gli heist movie e la commedia dell’arte; “Hurry Up And Wait” una, seppur misera, copia di un Piccolo Brividi) rendendolo di fatto il peggior episodio della stagione fino ad ora. Un “peggiore” che deve essere chiaramente preso con le pinze in quanto non si sta parlando di una puntata insufficiente, quanto piuttosto di un appuntamento settimanale non in linea con il livello medio dello show. C’è da sperare con una cartuccia ancora a disposizione Inside No.9 non sbagli mira e riesca a fare centro, altrimenti inanellare tre episodi solamente sufficienti sarebbe un pessimo risultato stagionale.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Surrealismo narrativo che aiuta nel creare dubbi
  • Musica che aiuta a creare ulteriori domande nello spettatore
  • Mancanza di un elemento proprio dell’episodio in grado di contraddistinguerlo dagli altri
  • Plot twist finale
  • Chiusura fantasy

 

Dopo “Hurry Up And Wait”, che aveva i suoi pregi ed i suoi difetti, Inside No.9 non aggiusta il tiro e regala un episodio ancora sotto la media, cercando di anticipare la puntata fantasy della stagione. C’è margine di miglioramento, ovviamente, e raramente Pemberton e Shearsmith hanno lasciato deluso il proprio pubblico per così tanti episodi di fila.

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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.

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