recensione Kind Of Kindness
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Kind Of Kindness

Dopo il successo di Povere Creature!, Lanthimos torna "alle origini" dirigendo un trittico di episodi dove, ancora una volta, il leitmotiv sono i rapporti umani e le loro infinite contraddizioni. Questa volta però con una consapevolezza maggiore nei propri mezzi e uno stile che mette insieme il dark humor tipicamente americano con il gusto esistenzialista delle pellicole europee. Un po' sottotono rispetto ad altre pellicole del regista ma interessante.

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Dopo il successo di Povere Creature!, Lanthimos torna “alle origini” dirigendo un trittico di episodi dove, ancora una volta, il leitmotiv sono i rapporti umani e le loro infinite contraddizioni. Questa volta però con una consapevolezza maggiore nei propri mezzi e uno stile che mette insieme il dark humor tipicamente americano con il gusto esistenzialista delle pellicole europee. Un po’ sottotono rispetto ad altre pellicole del regista ma interessante.

Torna a meno di un anno dalla vittoria dei Premi Oscar (e come vera e propria superstar al recente Festival di Cannes) Yorgos Lanthimos, ormai unico erede di un certo cinema intellettuale europeo capace però di sbancare anche in terra hollywoodiana, con una commedia corale divisa in tre episodi ricchi di dark humor.
Nonostante l’evidente “americanità” del prodotto (che nello stile e nelle scelte musicali pare ricalcare i film di Tarantino e dei fratelli Coen) tuttavia Lanthimos cerca, in questo Kind Of Kindness, di riabbracciare in realtà lo spirito dei primi suoi lavori, sia nella tematica che nel montaggio, rimanendo fedele ad un suo ideale di cinema particolare ed autoriale, per cui tutto si può dire di questa pellicola tranne che non sia un “Lanthimos puro al 100%”.

SWEET DREAMS ARE MADE OF THIS…


Lo si evince soprattutto dalla tematica scelta. Riunitosi infatti al suo sceneggiatore storico Efthymis Filippou, il regista greco decide di continuare ad affrontare il tema dei rapporti umani tossici, tematica che già ha fece la fortuna del regista con il suo primo film di successo Dogtooth e che è stata ripresa più volte nei successivi The Lobster e La Favorita (ma in fondo è sempre stato il tema principale dei film di Lanthimos fra cui anche Povere Creature!).
In questo caso già il titolo del film svela praticamente tutto. Il tema infatti è la “kindness“, parola angolofona volutamente ambigua la cui traduzione va dalla “gentilezza” fino alla “premura”, ma anche la “gratuità dell’amore” fino al “piacere” (inteso in senso però fortemente sessuale). E anche la canzone che campeggia nei titoli di testa iniziali (e nel trailer) la dice molto lunga su quale sia il pensiero e la filosofia di Lanthimos al riguardo. In quel “everybody’s looking for something” sta infatti tutta l’ironia amara e il pessimismo cosmico di cui sono intrise le tre “parabole lanthimoniane” di cui si compone il film.

TRITTICO DI “CASI UMANI”


Nel primo episodio del film il protagonista Robert (Jesse Plemons) è un impiegato d’ufficio che lavora per un singolare “padrone” (Willem Dafoe) che controlla e regola ogni singola parte della sua vita (da come deve vestirsi a come e cosa mangiare), comandandolo praticamente a bacchetta. In cambio però la vita di Robert scorre senza particolari problemi. Quando però questo rifiuterà di eseguire un ordine fin troppo spinto da parte sua, il moderno “Fantozzi vedrà ogni sua certezza e sicurezza sgretolarsi man mano, tanto da dover fare per forza una scelta e dover addirittura ragionare con la propria testa.
Nel secondo episodio invece lo stesso Plemons interpreta un altro character interessante (il cast è sempre lo stesso per tutti e tre gli episodi, il che rappresenta una buona garanzia essendo tutti gli interpreti degli aficionados dei film di Lanthimos). Il poliziotto Daniel ritrova la moglie Liz (Emma Stone) dopo che questa era considerata dispersa su un’isola. La felicità per il ritrovamento però fa presto spazio al dubbio e al terrore per il fatto che la personalità di Liz pare cambiata completamente. Addirittura la donna pare non ricordare episodi fondamentali e segreti intimi della propria vita di coppia. Da qui i numerosi tentativi (maniacali e ossessivi) da parte di Daniel per scoprire se quella che ha accanto è effettivamente sua moglie.
Per ultimo, l’episodio finale vede come co-protagonisti Emily e Andrew (gli stessi Plemons e Stone), in cerca di un leader carismatico che guidi la loro setta religiosa. E per farlo ovviamente devono “testare” i probabili candidati facendogli resuscitare un cadavere. La scelta pare ricadere sulla giovane infermiera Ruth (Margaret Qualley), ma anche a miracolo ottenuto, nel finale le cose non vanno esattamente come dovrebbero.

PASSO INDIETRO DI LANTHIMOS?


L’ironia amara e il cinismo la fanno da padroni in tutti e tre gli episodi, che mostrano ben poca “gentilezza” nei confronti del prossimo. Eppure il pessimismo cosmico mostrato nel film, per quanto ben girato e ritmato (165 minuti che tuttavia scivolano via in un batter d’occhio), non sembra aggiungere granché alla filmografia del regista, risultando piuttosto un compensato dell’arte di Lanthimos solo in una versione un po’ più “americana”, con delle trame tanto ben delineate quanto abbastanza prevedibili e scontate.
Rimane comunque un film godibile soprattutto per il cast scelto (Plemons, Stone ma anche Dafoe e Qualley con l’aggiunta di comprimari di tutto rispetto come Hong Chau e Mamodou Athie) e per la messa in scena. Ma la sensazione finale è quella di aver assistito ad un ottimo esercizio di stile che, per quanto bello, poteva tranquillamente essere trascurabile, soprattutto perché di film simili ne esistono altrettanti, anche se magari meno autoriali.
Lanthimos cerca qui un difficile compromesso fra una pellicola che comunque deve essere pop rimarcando però il suo stile prettamente “europeo”, cosa che riesce solo in parte, mentre appare evidente invece il vuoto di significato (che comunque può anche essere un effetto voluto) lasciato dopo i titolo di coda.


Forse anche per l’hype rilasciato da una pellicola ben più sperimentale come Povere Creature! (e per l’hype ad esso connesso) questo “ritorno al passato” di Lanthimos calato in un contesto hollywoodiano è una grande occasione persa. Il che ovviamente non vuol dire che il film sia brutto, anzi. Rimane una delle pellicole più interessanti uscite in questa stagione, vuoi per il formato (di fatto gli episodi sono come singole puntate di un’unica miniserie, tanto che il formato scelto è quello televisivo), vuoi per la tematica affrontata che è più che attuale. Ma al di là di ribadire Lanthimos come uno degli autori cinematografici viventi più riconoscibili, è effettivamente un po’ fiacco, forse il primo vero “passo falso” nella carriera artistica del regista greco.

 

TITOLO ORIGINALE: Kind Of Kindness
REGIA: Yorgos Lanthimos
SCENEGGIATURA: Yorgos Lanthimos, Efthymis Filippou

INTERPRETI: Emma Stone, Jessie Plemons, Willem Dafoe, Hong Chau, Margareth Qualley, Joe Alwyn, Mamoudou Athie, Hunter Schafer   
DISTRIBUZIONE: Searchlight Pictures
DURATA: 165′
ORIGINE: USA/UK/Irlanda, 2024
DATA DI USCITA: 06/06/2024

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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!

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