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Love & Death 1×01 – The HuntressTEMPO DI LETTURA 4 min

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Love & Death 1x01 recensione pilotPer chi ha già guardato, magari anche di recente, “Candy” con protagonista Jessica Biel (nei panni, appunto, di Candy), Love & Death potrebbe risultare una mera minestra riscaldata essendo entrambe basate sulla stessa storia crime realmente accaduta in Texas negli anni Ottanta. Chi scrive questa recensione, però, non ha il suddetto metro di paragone (purtroppo o per fortuna) e si limiterà perciò a giudicare soltanto il prodotto più recente della HBO.
Coloro che ignorano la vicenda criminale che ha coinvolto Candy Montgomery, potranno facilmente intuire la materia della trama dal titolo eloquente della miniserie di Lesli Linka Glatter (direttrice di alcuni episodi di grandi successi come Twin Peaks e Mad Men) e David E. Kelley (tra i produttori di titoloni come Big Little Lies e Nine Perfect Strangers). Non si tratta, infatti, di un sapiente gioco di parole di una comedy dai toni dark, piuttosto di un vero e proprio giallo biografico. Il pilot si tinge di sfumature thriller grazie al gioco di flashback e flashforward che gli conferiscono una struttura circolare (“The Huntress”, infatti, inizia e termina con la stessa ambientazione). La suspense, che accompagna lo svolgimento abbastanza lento di questa prima puntata, viene alimentata ulteriormente dal rilascio settimanale dei 7 episodi (a eccezione dei primi 3 usciti insieme il 27 aprile scorso) previsti per la seconda messa in scena di questa triste storia.

UN PO’ COME BRIE VAN DE KAMP


Candy: “My heart asked «what’s the answer?». I said «what answer?», it said «you know!». I said «I don’t know! I give up. What’s the answer?» and the heart said «the answer is don’t give up»”

C’è subito da dire qualcosa già sull’intro che con l’intensa voce di Nina Simone – nonché la scelta del brano giusto – crea l’atmosfera ideale che rende sorprendentemente facile sentirsi quasi parte delle poche anime di Wylie, la cittadina americana dove l’evento (prima reale e fittizio poi) prende luogo. In questa piccola comunità texana (che non raggiunge neanche 100.000 abitanti), si svolge la vita più o meno serena delle tipiche famiglie “per bene”, ovviamente molto religiose, che tengono di più all’apparire che all’essere. Candy Montgomery (Elizabeth Olsen), che spicca tra tutte per il suo charm prima ancora che la sua innegabile bellezza e apparente perfezione, si accorge presto che la stagnante quotidianità domestica e la sicurezza di un buonuomo al proprio fianco come Pat (Patrick Fugit) non sono più abbastanza. Viene riproposto quindi la tipica figura della madre attenta e casalinga modello, impegnata nel coro della chiesa locale e in tante altre attività del quartiere, che all’improvviso realizza di avere bisogno di un diversivo. Non sarà però un corso di cucina né un nuovo sport o l’uscita settimanale con le amiche a soddisfare le sue necessità, bensì una relazione extraconiugale con Allan Gore (Jesse Plemons) che stressato dalle pressioni della moglie Betty (Lily Rabe) per concepire un secondo figlio che fatica ad arrivare, non lascerà a lungo insoddisfatto il desiderio dell’affascinante vicina bionda.
Ciò che sorprende è sicuramente il modo di agire di Candy che, non solo confesserà in maniera chiara e diretta la sua attrazione ad Allan (da qui il titolo del primo episodio, in italiano “La Cacciatrice”), ma farà lo stesso con le sue amiche Sherry Cleckler (Krysten Ritter) e Jackie Ponder (Elizabeth Marvel) alle quali rivela le sue intenzioni alla prima buona occasione. Insomma, ci si aspetterebbe di vederla correre da loro a fatto compiuto, per dare voce alla coscienza ormai sporca, e invece (come se fosse la cosa più lecita di tutte) gliene parla da prima che tutto avvenga. Viene quindi messo in chiaro che si tratterà di un tradimento programmato e non “accidentale” (che comunque resterebbe ingiustificabile), rivelando l’egoismo e l’instabilità di Candy che per il proprio benessere mette in secondo piano quello dei figli.
Il primo di una serie di appuntamenti fedigrafi, verrà infatti programmato dai due nei minimi dettagli senza lasciare nulla al caso data la consapevolezza di entrambi che ciò a cui stanno per dare inizio non porterà a nulla di buono.
Non va tuttavia dimenticato che si è pur sempre davanti alla riproduzione di un caso di cronaca nera reale e alcuni elementi che potrebbero risultare scontati, non sono da imputare a un ipotetico calo di creatività della produzione. Bisogna quindi approcciare la serie con un occhio più neutro per ciò che concerne il plot, serbando piuttosto il proprio giudizio per le doti attoriali del cast e la regia, altrimenti si rischia di non apprezzarla come si deve.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • “Don’t Let Me Be Misunderstood” di Nina Simone come opening
  • Una magistrale Elizabeth Olsen nei panni di Candy
  • L’atmosfera thriller fomentata dai flashforward che incuriosiscono lo spettatore e lo tengono attaccato allo schermo
  • I capelli rossi della Ritter: #armocromiaportamivia

 

Nonostante si tratti della seconda serie  che nel giro di un anno propone la stessa storia criminale e con essa dei cliché prevedibili (ma inevitabili in quanto presi in prestito dai fatti realmente accaduti), la bravura di Elizabeth Olsen su ogni altro attore del cast (per ora), la regia e l’impostazione dell’intero episodio, lasciano sperare per il meglio.

 

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Amante della letteratura, decisamente meno della matematica, procrastinatrice seriale la cui unica costanza nella vita è la pizza. Giunge a Recenserie per mettere a tacere i sensi di colpa del troppo tempo speso a guardare serie TV anziché studiare e farsi una carriera.

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