Guillermo Del Toro’s Cabinet Of Curiosities 1×04 – The OutsideTEMPO DI LETTURA 3 min

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Guillermo Del Toro's Cabinet Of Curiosities 1x04 recensione“The Outside” è la puntata che segna la metà della stagione e arrivati a questo punto è lecito tirare le prime somme tra fallimenti evidenti come questo episodio, un mezzo capolavoro, una buona puntata ed una riuscita a metà. Il risultato: per ora non a livello delle aspettative che, bisogna ammettere, non erano comunque altissime.
Tra gli elementi positivi visti fino ad ora, una cosa molto curiosa ed apprezzabile (ma chiaramente non replicabile in altre serie) di Guillermo Del Toro’s Cabinet Of Curiosities è sicuramente l’introduzione che il regista fa a ciascuna puntata. Un’introduzione molto misteriosa e velata che lascia spazio alla curiosità che, non a caso, è parte integrante del titolo della serie.
Il problema in tutto ciò nasce quando l’introduzione e la tematica dell’episodio non ci azzeccano e, come conseguenza, si ha la sensazione che il breve monologo iniziale di Del Toro sia fatto semplicemente per darsi un tono. Nel caso attuale, la magia del telecomando (“This cabinet is controlled by a magic wand made of cheap plastic and numbers. It fits right in your hand, and it is hard to let go.“) non ha molto senso in relazione all’impatto dato dalla crema e dalla voglia di appartenere ad un gruppo di persone e il disappunto nasce proprio da qui.

UN EPISODIO SOPORIFERO


Guardando “The Outside” non si può non pensare ad uno degli episodi più recenti della 2° stagione di American Horror Stories, quel “Facelift” che trattava praticamente lo stesso argomento ma da un altro punto di vista e con un finale anche molto diverso. In comune ci sono degli aiuti soprannaturali/magici per migliorare il proprio aspetto fisico, una protagonista poco attraente (in AHS era dovuto alla vecchiaia) ed in generale un prezzo da pagare per tutto ciò.
Gli elementi in comune però finiscono qua perché “Facelift” è un episodio riuscito mentre questo “The Outside” non lo è. E non lo è per diversi motivi tra cui, in primis, una sceneggiatura molto classica se non addirittura banale. Dei tre character, quello interpretato da Kate Micucci, ovvero la protagonista, è chiaramente quello più tridimensionale ma non basta questo a poter decretare l’obiettivo come riuscito perché manca completamente il percorso di empatizzazione che, infatti, non esiste. Le sue decisioni sono difficili da poter comprendere, specialmente l’omicidio del fidanzato/marito risulta completamente esagerata e poco motivata.

UN EPISODIO LUNGHISSIMO


Nonostante alcune decisioni della sceneggiatura possano sembrare esagerate, la storia arriva direttamente dal webcomic scritto da Emily Carroll e trasposto per l’occasione da Haley Z. Boston e diretto da Ana Lily Amirpour, quindi certe cose esulano dalla mera decisione di Del Toro e colleghi.
Ciò che però è in mano loro, e nello specifico della Amirpour, è la gestione del minutaggio di questa puntata che appare completamente sconclusionata, priva di un piano preciso che possa giustificare l’ora di durata e, soprattutto, senza dei dialoghi in grado di sostenere i moltissimi momenti muti che sono utili solamente ai fini del dilatamento dei tempi. Il tentativo di dare profondità alla puntata e ai personaggi si perde sin dall’inizio e ha solo un momento di lucida intelligenza nel finale quando, dopo il netto miglioramento facciale, la risata impostata e degli occhi fuori dalle orbite fanno intendere un certo pentimento nella donna. Ma è decisamente troppo poco per far dimenticare la pochezza del prima.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Dan Stevens come il nuovo Mastrota
  • Scena finale aperta all’interpretazione
  • Episodio inspiegabilmente lungo, sarebbero bastati 30-35 minuti
  • La recitazione di Kate Micucci non convince
  • Trama piuttosto banale 
  • Collegamento mancante tra l’intro di Del Toro e il tema dell’episodio
  • Veramente pochi dialoghi per i 63 minuti di puntata

 

Oggettivamente “The Outside” ha provato a fare qualcosa di leggermente diverso dal solito ma il risultato è ben al di sotto della sufficienza. Un minutaggio esagerato per una trama che non è in alcun modo diluibile per così tanto tempo e si vede dal risultato. C’è veramente poco che si salva in quest’ora di agonia.

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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.

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