Nota introduttiva: riprendere uno show dopo almeno un anno dalla fine della sua precedente stagione crea effetti interessanti sulla memoria dello spettatore.
A meno di meticolosi rewatch, ciò che torna alla mente sono ovviamente e principalmente particolari eclatanti (un cliffhanger, una morte eccellente, una svolta narrativa), fino a recuperare piano piano anche i particolari e gli eventi meno clamorosi come un puzzle che si va ricomponendo.
La pandemia non ha certamente aiutato con questi processi, se si pensa che il season finale della terza stagione è andato in onda il 3 maggio del 2020. Detto ciò, il recensore si è fatto cavia dell’esperimento mnemonico di cui sopra (o non ha effettuato rewatch per pura pigrizia, chi può dirlo?) e l’effetto è stato sorprendente: i ricordi principali hanno di primo acchito ritrovato come riferimento la prima stagione, saltando a piè pari seconda e terza. Tocca farsi una domanda e darsi una risposta.
LA METANARRAZIONE DEL GIÀ VISTO
“And in this world you can be whoever the fuck you want.”
Ad un certo punto Maeve e Caleb, dopo essere entrati nel nuovo parco a tema anni ’20, sono convinti di ritrovarsi all’interno del “dietro le quinte” dove vengono ripristinati e progettati gli androidi, scenario tanto familiare sin dalla prima stagione. Tutto questo, salvo scoprire poi che si tratta esclusivamente di un ulteriore livello del parco in cui viene replicata la mattanza tra droidi e guardie. Da un lato Westworld come parco replica e celebra se stesso, dall’altra la serie Westworld sembra star replicando (rapidamente) se stessa, forse celebrando poco tutto ciò che è avvenuto nel frattempo.
Come è normale che sia, tutta la storlyine inerente Caleb e Maeve è un’estrema sintesi e concentrazione di ciò che è avvenuto durante tutto il primo dispiegarsi della mitologia dello show.
IL GIÀ VISTO E BASTA
Guardare oggi Westworld, al di là di ciò che è rimasto nella testa dello spettatore più o meno attaccato allo show, significa piombare in un insieme di elementi narrativi che, tolto il divertissement del parco divertimenti, non rappresentano questa grande novità. Le possibilità di mezzi della HBO spesso fanno sì che show che in altri canali sfiorerebbero il trash abbiano in realtà un impatto scenico di alto livello.
Però, appunto, togliendo dal centro della narrazione il parco divertimenti (la promessa di uno scenario anni venti, mostrata nel precedente finale di episodio, in questo caso viene mostrata veramente con un avanti veloce) tutto il resto è spionaggio, guerre con intelligenze artificiali, personaggi che acquisiscono poteri dopo aver fatto un qualche trip mentale.
Paradossalmente, la divisione in storyline che questa quarta stagione ha messo in campo riesce a far ben scorrere il minutaggio abbondante tipico del celebre canale via cavo. La sensazione, però, è quella di guardare uno show di intrattenimento, asciugato dalla profondità scenica che da un lato richiedeva una visione più impegnata, dall’altro soddisfaceva un senso estetico tipico delle serie HBO.
BERNARD CHE PREDICE PANINI CON IL TONNO
Elemento degno di nota del terzo episodio è senza dubbio il ritorno di Bernard, prima perso in una waiting room di multiversi, poi nuovamente impolverato esattamente come lo si era lasciato alla fine della terza stagione.
Come detto nel precedente paragrafo, è naturale che soddisfi pienamente dal punto di vista dell’intrattenimento vedere il personaggio interpretato da Jeffrey Wright in missione, con il suo fedele compare, picchiare gente qui e lì e prevedere il futuro per un disegno più grande che sarà svelato più avanti. Ma, appunto, niente di nuovo sotto il sole. Il processo di normalizzazione di Westworld fuori dal mondo esclusivamente western-futuristico della prima stagione rappresenta alla perfezione il grado di “normalizzazione” del mondo seriale stesso. La prima stagione è datata 2016 ed era un mondo televisivo completamente diverso, dove le aspettative erano differenti, ma soprattutto differente era il grado di stupore del pubblico.
Senza contare che un qualche colpo di scena clamoroso entro gli 8 episodi di questa terza stagione sarebbe quantomeno un elemento dovuto, avendo già familiarizzato con il DNA dello show. Ma proprio per questo, paradossalmente, non sarà elemento di sorpresa.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Solo i posteri sapranno dire se il processo di normalizzazione di Westworld sia positivo visto il cambio di rotta del mondo seriale in generale. Puntare ad un maggiore dinamismo ma anche a stereotipi permette agli episodi di essere classificati e considerati con sufficienza (letteralmente, vista la valutazione sotto riportata).
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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.