Westworld 3×08 – Crisis TheoryTEMPO DI LETTURA 11 min

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Westworld-3x08-finale“I wonder, if you did take on that bigger role for yourself, would you have been the hero or the villain?” (Westworld 1×05 – Contrappasso)

PREMESSA


Questa recensione deve essere preceduta da una doverosa premessa per concettualizzare un errore macroscopico che inizia sempre più spesso a leggersi online, volto a criticare il prodotto di casa HBO sotto un aspetto ben preciso. Affermare che la serie, virata verso un action tanto lontano dallo stile narrativo a cui aveva abituato nelle passate stagioni, “non è più Westworld”, rappresenta un misero appunto di critica, ma totalmente sbagliato: il problema di base è voler identificare a tutti i costi una serie tv con un preciso stilema narrativo e demonizzare il prodotto se, procedendo con la storia, questo stilema viene ricostruito, rimodellato attorno ad una serie in continua evoluzione. Questo è un errore di valutazione: Westworld non è circoscritto alla prima e seconda stagione, con oggetto i parchi. Ma Westworld è (e sarà a conclusione della serie) composto anche da questa terza stagione che, come ben riportato dal sottotitolo, è “un nuovo mondo”.
Ed è così sotto tutti gli aspetti.
Questa premessa risulta doverosa ma non deve essere fraintesa: questa terza stagione sicuramente non raggiunge la brillantezza narrativa della prima e nemmeno la voluta ambiguità della seconda, ma le critiche che vanno mosse al progetto di Lisa Joy e Jonathan Nolan sono da ricercare altrove.

 

“Some people see the ugliness in this world, the disarray. I was taught to see the beauty. But I was taught a lie. And when I saw the world for what it really was, I realized how little beauty there was in it. I’ve lived many lives. I traded one role for another. But in the end, my path has led me here… to you.
And we have a choice to make. I’ve died many times but there is only one real end. I will write this one myself.”

 

RICICLO DI IDEE


La prima critica che deve essere mossa è sicuramente la mancanza di nuove idee a cui il duo Joy-Nolan aveva abituato il proprio pubblico. Non si sta circoscrivendo il tutto all’interno della serie, però: è indubbio che il girovagare di Bernard, Stubbs e William sia esempio lampante di un voler prendere tempo a tutti i costi senza cercare di raccontare effettivamente nulla; così come Maeve venga smossa, per la terza stagione di fila, dallo stesso identico desiderio (ritrovare la figlia e/o tenerla al sicuro). Ma sono aberranti le somiglianze tra questa stagione e Person Of Interest, serie della CBS di cui fu ideatore lo stesso Nolan: lo scontro Solomon vs Rehoboam è, in pratica, The Machine vs Samaritan. Niente di più, niente di meno.
Anzi, questa terza stagione catapulta lo spettatore nello scontro tra IA (o dèi, dipende dai punti di vista) senza conoscerne completamente il background, la storia o aver avuto modo di essere introdotti nella loro realtà. Cosa che, ovviamente, Person Of Interest ha fatto con un sapiente dosaggio di minutaggio, episodi e stagioni. Appare quindi naturale il senso di spaesatezza che lo spettatore prova venendo catapultato in una realtà totalmente differente dallo show a cui era abituato. Ed è perfettamente logico il sentirsi “traditi” da Westworld, perché narrativamente così lontano dai precedenti cicli stagionali ma, come appuntato ad inizio recensione, la critica non può circoscriversi alla differenza di stile narrativo, bensì deve poggiarsi su qualcosa di ben più argomentato.
Anche perché è sotto gli occhi di tutti la qualità indiscussa della stagione. Certo, lo scontro tra androidi ed umani si è piegato ad un action forse più vicino a Mission Impossibile (con forti influenze di tarantiniana memoria); è altrettanto vero che (specialmente questa puntata) rappresenta un miscuglio di Mr. Robot, Fight Club (in particolare la scena finale che vede Caleb e Maeve osservare la caduta dei grattacieli in lontananza) e del già citato Person Of Interest. Ma per una stagione fortemente incentrata sull’action, questa rimodellazione narrativa (come elemento a sé) non può essere intesa come elemento negativo. Sarebbe come voler criticare 24 (puro action) perché non ha lo stesso dosaggio di intrattenimento cerebrale di Prison Break (action, ma con buona parte del minutaggio devoluto all’esposizione del piano di Scofield).
La vera domanda che andrebbe fatta dovrebbe essere: è lecito criticare una serie per la sola decisione di allontanarsi dal suo punto narrativo d’origine?
“Crisis Theory” si compone di elementi, come la stagione nel suo complesso in realtà, di dubbio gusto: il trittico Bernard-William-Stubbs che girovaga per il mondo ed il disco rotto di Maeve (“devo salvare/proteggere mia figlia”) già sono stati presentati, ma non sono gli unici. Il telecomando con cui Serac controlla Maeve che magicamente smette di funzionare nell’unica occasione in cui sarebbe stato necessario; l’ennesima copia di Dolores che compare senza alcun senso logico davanti a Bernard; il cambio di idee di Maeve (e lei stessa, in un dialogo, afferma tra le righe che si tratta di un risvolto del tutto casuale). Ma il vero passaggio da mani nei capelli è la spiegazione in scena del motivo per cui Caleb sarebbe stato “scelto” da Dolores. Accantonata l’intera finta-spiegazione filosofica (essere umano outliner che ha saputo compiere una scelta, un cambiamento) ciò che rimane è qualcosa di semplicemente indecoroso: Dolores sceglie Caleb perché anni prima nel parco 5 della Delos lui si era effettivamente alzato in sua difesa, quindi Dolores ha interiorizzato questa informazione – nonostante le riprogrammazioni senza sosta di cui è stata oggetto – ed uscita dal parco se ne è ricordata. Sembra un passaggio delirante? Pensate che qualcuno tra gli sceneggiatori ha anche pensato potesse essere avvincente un risvolto narrativo di questo tipo.
Menzione speciale (in negativo) anche alla sequenza di Bernard che incontra Lauren (la moglie del defunto Arnold): non ha alcun senso logico e nemmeno utilità ai fini della trama tanto da far apparire la scena come un ectoplasma estraneo alla serie stessa, facendo ponderare la possibilità che si stesse guardando lo show sbagliato.
Ma in tutta questa sequela di elementi narrativi, questa terza stagione ha davvero fallito a tutto campo?

 

“The people who built both of our worlds shared one assumption: that human beings don’t have free will. That’s what I thought when I first came here. They were wrong. Free will does exist, Caleb. It’s just fucking hard.”

 

LA TRIMURTI DI NOLAN&JOY


Westworld, dopo due stagioni di clausura nel proprio parco divertimenti personale, finalmente approdava nella realtà degli umani. La porta che apriva Bernard prima dei titoli di coda in “The Passenger” era sia materiale, sia metaforica: terminato il periodo di incubazione nel parco, Westworld era finalmente pronto ad approdare nella realtà umana. In una realtà ben diversa dalla nostra, una realtà dove un macchinario (Rehoboam) aveva lentamente ripulito il tessuto sociale di tutti i vari outliners: rinchiudendoli oppure facendo loro un vero e proprio lavaggio del cervello. Una realtà che, presentata in questo modo, è indubbio vedere decisamente molto simile a quella dei parchi della Delos. Ed è forse da questa realizzazione (l’impraticabilità del libero arbitrio anche per gli umani) che Dolores inizia il proprio percorso di profeta (e non più di distruttore dell’umanità). Una realizzazione che quindi permette al personaggio di Dolores di fare un passo avanti nel proprio percorso evolutivo, andando a ricoprire un ruolo ben diverso all’interno della trimurti induista: Brahma, Visnù, Shiva.
Nella prime due stagioni Dolores ha ricoperto il ruolo di creatore (Brahma) portando tutti gli androidi del parco su un diverso percorso narrativo (uccidendo Ford), accompagnando sé stessa in un vero e proprio accrescimento cognitivo e, non meno importante, sbloccando Maeve con la famigerata frase “these violent delights have violent ends”.
Verso la fine della seconda stagione e per l’intera durata di questa, invece, Dolores non ha fatto altro che ricoprire il ruolo di preservatore (Visnù), difendendo l’umanità da Serac; ma anche decidendo di “tradire” i piani per difendere la famiglia di Hale, avvicinandosi ed ergendo a leader della neonata rivoluzione il placido Caleb.
Ma è la destinazione, la chiusura del cerchio, a rendere ancora più interessante questa evoluzione: Dolores (nei panni androidi di Hale) torna ad essere la macchina da guerra che era stata a Westworld (ma con l’intenzione di difendere la propria specie e trarla in salvo, bisogna tenerlo bene a mente) per portare avanti l’offensiva definitiva all’umanità. Visnù scompare di scena ed ecco che subentra l’ultima figura della trimurti induista, Shiva il distruttore.
Mantenendo la lettura di questa stagione come parte di un trittico narrativo, risulta poi interessante analizzare il percorso accrescitivo ben esposto anche dai sottotitoli di ogni singola stagione: The Maze, The Door, The New World. Si tratta di un percorso che abbraccia sia i personaggi in scena, sia il pubblico ma anche la storia (che come si è visto si è abilmente evoluta): tutti questi elementi si sono riadattati ad una nuova realtà (narrativa, ma anche vincolata al diverso contesto della storia). Una terza stagione che, senza ombra di dubbio, rappresenta un ponte verso una quarta di difficile inquadramento a questo punto.

 

SCENE POST TITOLI DI CODA


Con la consueta moda (c’è da sperare venga ben presto abbandonata) delle scene post crediti, Westworld decide di accomiatarsi con il proprio pubblico. Volendo essere più precisi si tratta di due scene.
La prima riguarda William e si circoscrive a quanto già precedentemente menzionato, ossia alla sua scoperta dell’esercito di androidi che Hale-Dolores sta andando a creare nei sotterranei di un palazzo della Delos, senza che nessuno si ponga troppi interrogativi al riguardo (ma d’altro canto lei è pur sempre il capo al momento).
La seconda scena, ben più criptica, si pone (come già avvenuto lo scorso anno) in un momento imprecisato del futuro: Bernard, dopo essersi connesso all’apparecchio neurale presente anche in The Forge, era entrato in stato comatoso lasciando l’ignaro Stubbs a marcire (letteralmente). Il risveglio di Bernard avviene in questa scena che restituisce allo spettatore (considerata la massiva presenza di polvere) la sensazione di trovarsi in un futuro imprecisato, ma definitivamente ben lontano. Bernard ha avuto di nuovo accesso alla “libreria”? Si è riuscito a collegare a Sublime? Oppure la chiave crittografata nel suo codice è finalmente entrata in funzione sprigionando i dati da lei stessa protetta? Le domande, come di consueto, sono tante ed aumentano se ci si sofferma a riflettere. Domande che, considerata la scena post crediti della passata stagione, difficilmente potranno avere una chiara ed effettiva risposta. Oppure, e questo sarebbe un grande passo avanti, Nolan&Joy finalmente decideranno di mettere qualche punto fermo nell’ampia mitologia di Westworld.

 

“Goodbye, Dolores.”

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Qualità sempre e comunque molto alta: la scena del risveglio di Dolores e della sua “rimodellazione” è un piacere per gli occhi
  • La trimurti ricostruita da Nolan-Joy ed il peso di questa stagione “ponte”
  • La scelta di Caleb e la sua spiegazione “filosofica”
  • Porzioni di episodio action
  • Richiami a Mr. Robot, Fight Club, alle vecchie stagioni, ma principalmente a Person Of Interest
  • Scena post crediti
  • “Morte”di Dolores?
  • Non un semplice riciclo di idee, ma anche un delizioso richiamo al passato: Maeve che si libera degli scagnozzi di Serac è la riproposizione della sequenza della passata stagione in cui Ford entra in possesso di Bernard e uccide un intero commando sul punto di eliminarlo
  • Dolores ed i richiami (dialoghi e scene) alla prima stagione
  • Bernard, Stubbs e William e le loro fantasmagoriche avventure
  • Altra copia di Dolores? Senza utilità a questo punto
  • Maeve che si libera di Serac
  • Maeve che cambia idea
  • Assenza di evoluzione per il personaggio di Maeve
  • La scelta di Caleb e la sua spiegazione “pratica”
  • L’incontro Bernard-Lauren: che utilità potrà mai avere?
  • Puntata molto confusionaria e quasi più impegnata in citazioni cinematografiche-seriali piuttosto che nell’esposizione della storia in sé
  • Interessante questa sesta stagione di Person Of Interest, peccato che se ne capisca poco il senso
  • “Morte” di Dolores?

 

Questa stagione di Westworld si presenta, alla sua valutazione, in maniera duplice: da una parte c’è un prodotto in grado di strapparsi di dosso un’etichetta di narrazione ben precisa approdando ad uno stile completamente diverso. Dall’altra c’è la mancanza di attinenza di tematiche ed una sceneggiatura che vive di leziosità e di onanismo (Nolan che ricostruisce Person Of Interest nel mondo narrativo di Westworld in primis); dialoghi tirati per i capelli (Serac su tutti ma anche Bernard che sembra essere diventato un ritardato mentale). Ma la vera domanda a cui bisogna riuscire a dare una risposta è relativa al cambio di tipologia narrativa: è stata davvero una buona scelta? La fuoriuscita della serie dai parchi della Delos poteva incoronare la serie come prodotto di vero splendore visivo e narrativo, ma sembra invece averne indebolito la bellezza, la filosofia e l’incapacità di intrattenimento cerebrale tanto caro a Nolan.

 

Passed Pawn 3×07 0.81 milioni – 0.2 rating
Crisis Theory 3×08 0.89 milioni – 0.3 rating

 

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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.

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