Questa prima stagione di Vikings: Valhalla sta ottenendo un grande successo commerciale, con la serie che fino a pochi giorni fa era al primo posto nella top 10 di Netflix Italia, continuando a far parlare di sé. Non c’è da stupirsi allora se il colosso californiano abbia già deciso il rinnovo per una seconda e una terza stagione, tanto che la storia potrebbe spingersi anche oltre la Battaglia di Stanford Bridge come ipotizzato dopo la visione del pilot.
La serie continua a essere suddivisa in due macro-filoni narrativi, ambientati in Inghilterra e Norvegia, con diverse sottotrame e l’arrivo di nuovi personaggi che rendono la narrazione dinamica e ben strutturata.
GUERRA DI RELIGIONE
Inutile girarci intorno: il massacro di Uppsala con il tempio sacro bruciato e raso al suolo rappresenta la fine di un’era, quella della religione norrena, per delle scene che sicuramente lasciano il segno. A guidare questa guerra di religione è Kare che, rispetto a quanto si poteva pensare, non appartiene a nessun ordine cristiano bensì è uno Jarl vichingo convertito e fanatico, con un passato alla spalle al quale viene dedicato un interessante flashback, utile ad approfondire il personaggio.
Da segnalare il sempre graditissimo ritorno del Veggente che, nonostante la conversione, continua a guidare le azione di Kare con cui sembra avere un legame particolare. Lo Jarl cristiano, nella sua follia, è un character affascinante e grazie al maggior screen time dedicatogli risulta essenziale per dare nuovo risalto anche a Jarl Olaf, suo alleato nella missione per conquistare la Norvegia e convertirla interamente al cristianesimo.
Ed è proprio nel filone narrativo ambientato in Norvegia che si assiste al plot twist finale con Harald che si conferma degno erede del prozio, pronto a tradire per ottenere il trono di Norvegia, qualcosa di già visto anche nella serie madre.
Sicuramente anche qui c’è qualche difetto da limare e qualche forzatura narrativa evidente, come la fulminea e troppo rapida ascesa di Freydis a Kattegat, ma lo scontro religioso e culturale in atto, naturalmente intrecciato alla politica, rende questo filone narrativo veramente ben riuscito.
LA POLITICA
Messo da parte l’assalto di Londra e relativa conquista, lo show si concentra sulle lotte intestine per controllare il trono inglese, un’impresa sicuramente ardua.
Le trame politiche presentate sono caratterizzate da un ottimo ritmo narrativo che mantengono sempre alta l’attenzione dello spettatore e risultano molto interessanti, grazie anche all’inserimento di nuovi personaggi degni di nota.
Re Canuto mostra sicuramente una grande evoluzione come character, non solo sposando Emma, ma divenendo un sovrano scaltro e di grande peso, regnando su Danimarca ed Inghilterra, con il progetto di creare un grande impero del nord.
Anche se l‘omicidio di Re Edmund risulta molto forzato nella sua realizzazione, la sua morte è sicuramente positiva visto che il personaggio interpretato da Louis Davison era veramente inutile ma almeno, con la sua dipartita, si assiste a un ulteriore rimescolamento delle carte.
L’arrivo di Barbaforcuta prima (padre di Canuto) e della regina di Danimarca poi (prima moglie di Canuto), rendono il quadro politico inglese assai instabile, senza dimenticare Godwin, alter ego di Ditocorto per i fan di Game Of Thrones, più pericoloso che mai e di cui ancora non si intuiscono le vere intenzioni.
Godwin, Barbaforcuta e Emma rappresentano tre personaggi molto diversi ma che messi insieme funzionano bene e hanno un potenziale veramente elevato, in grado di offrire un ventaglio di soluzioni narrative ampie e inaspettate.
Non resta che proseguire la visione.
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Due ottimi episodi per Vikings: Valhalla che, nonostante alcune perplessità soprattutto legate all’estetica, conferma quanto di buono visto sino ad ora. La narrazione scorre rapida, le trame politiche sono affascinanti e mentre alcuni personaggi vengono approfonditi, ne arrivano anche di nuovi. L’unione tra la politica, la guerra e lo scontro religioso e culturale sta rendendo questa prima stagione molto interessante e questi due episodi non fanno eccezione, motivo per cui si sceglie una valutazione alta, in attesa del season finale che si annuncia più sanguinoso che mai.
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Venera due antiche divinità: Sergio Leone e Gian Maria Volontè.
Lostiano intransigente, zerocalcariano, il suo spirito guida è un mix tra Alessandro Barbero e Franco Battiato.