“[…] It is an honor to be here in Kattegat, in the great hall of Ragnar Lothbrok and his sons. To eat from the same table as Lagertha and all the heroes who came before.
We are humbled and inspired by their legacy. But now is our time to make history. […]”
É passato più di un anno dalla fine della serie di Michael Hirst che ha dato il via a tutto. Vikings era approdato nel 2013 sulla rete History Channel con una prima stagione di poche pretese. Appena nove episodi in cui, guidati dalla figura leggendaria di Ragnar Lothbrok, si è dato il via ad una storia che ha raccontato le prime conquiste europee del popolo vichingo, direzione Inghilterra.
Sei stagioni dopo, tra personaggi che hanno lasciato il segno e svariati alti e bassi nella narrazione, la leggenda è diventata mito fino a sbarcare su Netflix sotto forma di una nuova serie: Vikings: Valhalla.
STORIA E MITO
Questa nuova versione dell’historical drama, seppur curata sempre dallo stesso Michael Hirst, porta la firma di Jeb Stuart che dopo aver lavorato, tra gli altri, a script di film come Die Hard e The Fugitive, per Vikings: Valhalla si prende il pacchetto completo risultando creatore, scrittore e produttore esecutivo dell’opera.
Dopo il successo di Vikings, dunque, Netflix non poteva farsi scappare l’opportunità di espandere un universo così ricco di opportunità: le conquiste e i cambiamenti del popolo vichingo dopotutto sono durate secoli, con avvenimenti e personaggi che hanno continuato a segnare la storia.
Vikings: Valhalla si presenta come sequel della serie madre, ambientata ben 100 anni dopo “The Last Act”. Lo show intende focalizzarsi sull’ultima fase di quella che è stata l’Era dei Vichinghi (Viking Age), quel periodo che ha visto questo popolo scoprire, saccheggiare, conquistare ma anche insediarsi e commerciare, verso innumerevoli terre tra Europa, Islanda, Groenlandia, Canada. Focalizzandosi sulla fine dell’Era Vichinga, la serie apre la strada ad una precisa direzione, già sottintesa dalla presentazione dei personaggi e pronta a terminare in un unico modo (spoiler alert): con la Battaglia di Stamford Bridge del 1066.
Se si guarda al pilot in questione, il quadro generale presentato appare subito completo e con i giusti input per preparare la strada ad una narrazione convincente. Tra gli elementi cardini della storia spicca sicuramente il conflitto religioso che inizia a prendere sempre più piede tra gli stessi vichinghi. I pagani legati ai loro Dei, contro i cristiani sempre più sicuri del loro nuovo Dio, danno vita sullo schermo ad una presentazione eccellente delle prime divisioni interne, oltre a mettere sul piatto materiale interessante per le storyline.
LEGAMI CON IL PASSATO
Seppur con 100 anni di distanza dagli eventi narrati in Vikings, il legame tra le due serie risulta essere fortemente attivo per tutto lo scorrere del pilot. I continui riferimenti al passato e ai vecchi character, infatti, hanno la funzione di filo conduttore per presentare le nuove dinamiche e i nuovi protagonisti.
Se, infatti, fa sicuramente piacere sentir ricordare con fare leggendario Ragnar e Lagertha, Bjorn e Ivar, il punto focale sta nel legame degli eventi che unisce le due epoche. A partire da Kattegat, ulteriormente ingrandita e sempre più centro della vita norrena, ma anche gli insediamenti in Islanda e Groenlandia (che ricordano facilmente i viaggi e le esplorazioni di Floki e Ubbe); fino all’Inghilterra, a quella porzione di terre conquistate dai Lothbrok che riportano la narrazione indietro nel tempo, a quei contrasti sfociati in carneficine e guerre tra inglesi e vichinghi. Elementi ripetitivi? Non è questo il caso, dopotutto si sta solo riproponendo la Storia e il cambio di personaggi e storyline a loro connesse aiuta a dare un tocco nuovo alla trama.
Dal punto di vista dei protagonisti, infatti, anche quelli di Vikings: Valhalla sono personaggi realmente esistiti. A spiccare in questo pilot sono le figure di Harald Hardrada (interpretato dall’attore Leo Suter), Leif Erikson (Sam Corlett) e Freydis Eiriksdottir (Frida Gustavsson). Un insieme di character ben assortiti che come prima impressione sembrano funzionare. Da una parte il duo Harald/Leif pronto a navigare, combattere e conquistare, dall’altra la figura di Freydis, pronta a prendersi la scena in patria. Un parallelo con Ragnar e i suoi figli e Lagertha che sembra destinato a ripetersi, eppure, per ora non disturba affatto.
LA SOLITA LICENZA POETICA DI NETFLIX?
Se c’è un elemento di questo pilot che spicca lasciando ad una prima occhiata un po’ perplessi, però, è la presenza di un personaggio in particolare. La figura di Jarl Estrid Haakon, infatti, è uno tra i personaggi inventati ad hoc per lo show e qui viene interpretata dall’attrice svedese di colore Caroline Henderson. Ad una prima occhiata questa scelta di casting può sembrare abbastanza anacronistica per l’epoca in cui la serie è ambientata. Netflix non è nuova a queste scelte che a volte possono stonare con la storia e le origini, tuttavia, questa volta la risposta è arrivata completa e articolata. Dati i continui spostamenti in buona parte del mondo del popolo vichingo, il background del personaggio di Estrid Haakon risiede proprio in uno di questi viaggi dei suoi antenati in terre africane. Abbastanza fattibile? Agli storici la sentenza.
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Vikings: Valhalla si presenta con un buon pilot e personaggi intriganti. I continui riferimenti e le somiglianze con la serie madre non disturbano, anzi, rievocano una certa nostalgia che spinge a continuare la visione di questa nuova avventura.
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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.