The Handmaid’s Tale 3×13 – MaydayTEMPO DI LETTURA 6 min

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The-Handmaid-s-Tale-3x13“Ruthless. I remember thinking. They are fucking ruthless. Where does it come from, this talent for ruthlessness? It seems so easy for them. For these men. For men like these. That’s how they won, I suppose. It isn’t about being right or having the people or God on your side. It isn’t anything that grandiose. In the end, victory goes to the hardest heart. To the ruthless go the spoils. Fifty-two kids will be brought to the Lawrence House after sunset. We will move in darkness. We can hide in the dark, at least. We have a chance, at least. If there is actually a Martha network. If this all isn’t a trap, set by the Eyes. I will get the children to the airport. The plane leaves at midnight. Because I am ruthless.”

Dopo una stagione tra alti e bassi in cui nonostante una qualità inoppugnabile si è spesso e volentieri preferito soffermarsi su dettagli di poco conto piuttosto che su di un deciso sviluppo della trama, The Handmaid’s Tale regala al proprio pubblico un finale semplicemente perfetto.
L’utilizzo di quest’ultima parola per descrivere la puntata non deve apparire forzato o esagerato, bensì correttamente soppesato rispetto a quanto avvenuto in scena. La serie Hulu decide di mettere finalmente da parte gli spropositati minuti dedicati ai primi piani della Moss, allungando anche la durata dell’episodio (che supera l’ora). Il risultato è un ritorno alle origini: The Handmaid’s Tale si rifugia nell’elemento narrativo che da sempre la contraddistingue e che l’ha fatta apprezzare fin da subito al proprio pubblico. La narrazione intimista, votata all’approfondimento sociale e all’analisi delle relazioni si ripresenta andando a ricoprire quasi per intero il minutaggio. Sono quattro le scene che meglio rappresentano questa puntata e che devono essere i punti di partenza (nonché elementi imprescindibili) dal quale la produzione dovrà ripartire: l’arrivo di Martha e bambini alla casa di June (lei stessa se ne definisce padrona); la partenza alla volta dell’aereo; la lotta contro i soldati; Rita in Canada.
Le quattro scene sono utili a scandire anche la puntata, riuscendola a suddividere in sapiente modo.

L’arrivo


Nonostante l’arrivo anzitempo di una Martha (avvenimento che renderà più complicata la partenza), il resto del gruppo atteso arriva come previsto a mezzanotte. La regia inizia con fare lento, intenzionata ad evidenziare ogni singolo membro della comunità di Gilead che è intenzionato a rischiare la propria vita pur di mettere in salvo quanti più bambini possibili. Successivamente però le persone aumentano quindi non si sente più la necessità dell’enfatizzazione, ecco quindi che le riprese diventano veloci, cariche di tensione (a causa del pericolo) ed improvvise. Tutto si racchiude in pochi minuti, ma tanto basta per restituire allo spettatore l’immagine di una comunità attiva, che collabora e soprattutto pronta a lottare. Proprio di quest’ultimo elemento si avrà la conferma definitiva verso fine episodio.

La partenza


La Martha che in precedenza aveva avuto uno scontro verbale con June viene scoperta ed il piano sembra saltare: i soldati di Gilead, intenzionati a ritrovare la bambina sottratta, iniziano a cercare casa dopo casa. Tra incoscienza e rabbia, però, June decide che sarebbe troppo tardi per far saltare il piano: nella casa ormai si contano molti di più dei 52 bambini inizialmente pensati, senza contare le azioni che le Martha hanno dovuto fare per poterli strappare dal terrore della casa in cui vivevano.
Non c’è redenzione, non c’è possibilità di tornare indietro, il Rubicone è stato attraversato.
In fretta e furia Ancelle e Martha preparano loro stesse ed i bambini per il lungo percorso che dovranno affrontare per poter aver salva la vita e poter scoprire una nazione libera e nella quale aver riconosciuti determinati diritti. E’ la terra promessa la destinazione finale ed è inutile sottolineare come sia possibile riscontrare una certa somiglianza tra il percorso coperto a piedi in The Handmaid’s Tale in questo episodio e quello narrato nella Bibbia.

La lotta


L’aereo si trova a poche centinaia di metri, tutto il gruppo esulta in silenzio, nascosto tra le frasche ed i cespugli immaginandosi già al sicuro nell’accogliente Canada. Eppure il destino pone di fronte al gruppo l’ultimo ostacolo da superare ed è proprio qui che un racconto concettualmente individualista (volto a presentare June come assoluta protagonista) diventa una narrazione comunitaria: l’individuo diventa gruppo e sarà proprio quest’ultimo a lottare e sconfiggere il potere (rappresentato dai soldati armati di mitra).
Musiche, riprese e pathos si fondono di comune accordo per la terza volta nella puntata regalando l’ennesima migliore scena non solo della stagione, ma anche della serie stessa.
È indubbia l’importanza che ha avuto June per il risultato finale (per il salvataggio dei bambini), ma è la forza del gruppo che in questa scena viene restituita al pubblico ed è un elemento che, considerato il centrismo narrativo in passato criticato anche da parte nostra, fa piacere poter osservare.

La fine del viaggio


L’aereo viene accolto in Canada, il lato emozionale prende il sopravvento sia in scena, sia nel pubblico che non può non sentirsi emotivamente turbato dal sentimentalismo: l’incontro tra la bambina ed il padre; “This is the place where I can wear what I want?”; Luke e l’attesa per Hannah; l’incontro tra Rita e Luke e “She did this. June. Your June.
L’episodio finisce con il salvataggio di June ad opera delle altre ancelle presenti alla fuga. Quello che attenderà questo ristretto gruppo al rientro nella comunità di Gilead sarà il caos totale: Comandanti e mogli narcotizzati (o peggio ancora assassinati) ed un numero spropositato di bambini scomparsi.
In Canada, allo stesso tempo, il Comandante Waterford sta esponendo e spiegando il funzionamento della società violentemente instauratasi e di cui egli stesso faceva parte nei più alti quadri. Una raccolta di informazioni fondamentale ed importante per poter carpire le debolezze di un nemico che sembra essersi lentamente avvicinato all’orlo di un burrone.
Sarà questa la fine della comunità di Gilead?

“Nessun esercito, nessuna nazione ha fatto sviluppare l’umanità; ma qua e là, nel corso delle epoche, un individuo si è alzato in piedi e ha lasciato la sua impronta sul mondo.”

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • La musica
  • Regia
  • Le quattro sequenze madre: arrivo, partenza, lotta ed approdo in Canada
  • Flashback iniziale
  • June personalemente scossa e cambiata dalla sua permanenza in Gilead: ora è ruthless
  • Uno degli episodi migliore della serie
  • June distesa nella foresta che osserva l’aereo andersene: una scena di lostiana memoria
  • Sienna: da nemica ad amica nel giro di una manciata di secondi, forse une evoluzione eccessivamente veloce, ma è una goccia che si perde nell’oceano di bellezza che è “Mayday”

 

The Handmaid’s Tale conclude con un episodio semplicemente magistrale una terza stagione abbastanza travagliata e che non ha convinto a più riprese.

 

Sacrifice 3×12 ND milioni – ND rating
Mayday 3×13 ND milioni – ND rating

 

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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.

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