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La Società Della Neve

J. A. Bayona riesce a restituire alla tragedia del 1972 tutta la dignità e l'attenzione in un film toccante ma allo stesso tempo crudo, rendendolo a sorpresa un must watch di questa stagione cinematografica. E visto che era veramente poco pronosticabile, dopo i 144 minuti si rimane pienamente soddisfatti. O sazi.

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Il 13 ottobre 1972 una squadra uruguaiana universitaria di rugby, accompagnata anche da alcuni familiari, in volo su un aereo bimotore si schianta sulla cordigliera delle Ande, nel tentativo di raggiungere il Cile. I sopravvissuti, dopo alcuni giorni in attesa dei soccorsi decidono, per non morire di fame, di cibarsi dei corpi dei loro compagni morti.

La Società Della Neve è un survival thriller diretto da J.A. Bayona che racconta del disastro aereo delle Ande del 1972, adattamento dell’omonimo libro di Pablo Vierci di cui Bayona ha acquistato i diritti nel 2012, dopo aver terminato le riprese di The Impossible (altro survival movie, questa volta basato sul terremoto-tsunami del 2004 che colpì l’Asia). Riguardo questo disastro, la pellicola più celebre è sicuramente Alive del 1993, anch’esso basato su di un libro (questa volta di Piers Paul Read). Il film di Bayona è però un passo avanti netto e marcato rispetto alla precedente opera per quanto riguarda la dovizia di particolari, sebbene in alcuni frangenti le due pellicole si vadano a completare con le rispettive mancanze.
Ciò nonostante, La Società Della Neve è un film devastante soprattutto in termini di regia considerata l’accuratezza scenica nel descrivere la progressiva perdita di umanità a discapito di quello che i giovani ragazzi uruguagi credevano avrebbe segnato il giudizio di Dio nei loro confronti. Un incidente che colpisce anche perché i protagonisti sono estremamente giovani, sottolineando così la caducità della vita.
Presentato alla Mostra del cinema di Venezia, il film è all’interno della lista finale nella categoria Miglior Film Internazionale per i prossimi Oscar rappresentando la Spagna.

Tintin si impegna a scattare fotografie.
Come se catturasse ricordi di un viaggio che ha una data di ritorno. Mi chiedo per chi saranno queste immagini. Per noi? Io non arriverò a vederle.

Il film, come anticipato, racconta del disastro aereo del 1972 quando 45 persone si schiantarono sulle Ande, bloccati a circa 3.000 metri d’altezza, isolati da tutto e da tutti, costretti a sopravvivere prima in attesa dei soccorsi, successivamente per poter riuscire a chiedere aiuto raggiungendo il Cile.
I numeri potranno essere asettici, ma restituiscono forse già una parte della sofferenza.
72 sono i giorni che i sopravvissuti hanno dovuto resistere prima di essere tratti in salvo.
I due sopravvissuti che sono riusciti a raggiungere il Cile per chiedere aiuto hanno scalato la vetta di 4.650 metri sprovvisti di qualsivoglia strumento adatto alla montagna. Hanno coperto, nei 10 giorni di viaggio dopo essere partiti dalla fusoliera per tentare la disperata ricerca di aiuto, oltre 61 km.
E il tutto, giusto per contestualizzare, privati di qualsivoglia tipo di cibo o sostanza nutritiva adatta da oltre due mesi, nonché colpiti da disidratazione, congelamento, ossa rotte, malnutrizione e scorbuto. Tutti elementi sui quali Bayona non elemosina in nessun momento, spingendosi a tratti verso l’ossessione di mostrare tutto, nel minimo dettaglio, di questo sciagurato disastro aereo. Ed il risultato è ottimo.

Forse saranno per le nostre famiglie. O per altre persone che ora ci ricordano guardando fotografie che ci hanno scattato in passato. E guardando le foto torneremo a vivere nella loro immaginazione perché si faranno esattamente le stesse domande che ci facciamo noi: che gli è successo? Che ci è successo? Chi eravamo sulle montagne? 

Un’ossessione scenica che però si tramuta in un film non solo coinvolgente, ma che risulta essere anche di trasporto.
I colori caldi di inizio film, sintomatici di una felicità e di una gioventù che fanno sorridere diventano ben presto un ricordo lontano. I sorrisi dei giovani ragazzi della squadra di rugby creano fin dal principio immediato legame con il pubblico. Il sopraggiungere dei colori freddi è progressivo e non immediato fin da dopo lo schianto. Si tratta di un processo progressivo, esattamente come quello che intraprendono i personaggi, sempre più lontani dall’umanità in cui credevano di poter ritornare molto più velocemente.
Occorre sottolineare il lavoro di Bayona anche in termini di produzione. Il materiale utilizzato per far entrare nei personaggi i giovani attori è rappresentato da oltre cento ore di interviste ai sopravvissuti vivi durante il periodo delle riprese. Se non fosse stato sufficiente, la produzione ha dato modo ai sopravvissuti e ai famigliari delle vittime di dialogare e conoscere gli attori, così da sublimare ulteriormente sia i personaggi, sia l’impegno attoriale profuso durante le varie scene.
Le riprese sono state effettuate in Sierra Nevada, Montevideo, Uruguay, Cile, Argentina e anche sul luogo dell’incidente nelle Ande. Come annotazione finale c’è poi da ricordare che le musiche sono di Michael Giacchino, una persona che non ha necessità di presentazioni, probabilmente basterebbe citare Lost.

Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. (Giovanni, 15, 13)

La Società Della Neve si appoggia alla voce di Numa Turcatti, uno dei membri della squadra, come narratore di parte degli eventi. Le parole del giovane sono utili a sviscerare ulteriormente il dolore e il terrore che il gruppo di sopravvissuti respira sulle Ande. Ma è anche utile per sottolineare il progressivo deterioramento mentale oltre che fisico, sancendo un distaccamento dalla percezione di umanità che prima avevano.
Dopo quasi due mesi di completo abbandono, mentre uno sparuto gruppo cerca di mettersi in contatto sfruttando radio e batteria dell’aereo recuperata nella coda, Numa osserva il gruppo di amici intento a spolpare i corpi dei cadaveri con una naturalezza disarmante: ”quello che all’inizio ci sembrava impensabile è diventato un’abitudine”.
A velocizzare questo cambiamento ci si è messa anche la natura, costringendo per diversi giorni il gruppo sotto una filtra coltre di neve, rappresentata da una slavina che ha investito e sotterrato i resti della fusoliera dell’aereo, dentro i quali i ragazzi trovavano riparo durante la notte e le intemperie.
Lì, in un luogo chiuso e “pubblico”, era impossibile non dare un nome alla carne di cui si stavano cibando.

Il 22 dicembre del 1972, 16 sopravvissuti tornarono dalle Ande. Oggi la mia voce risuona con le loro parole. Dice che tutti siamo stati fondamentali.
Questa è la nostra storia.
L’accoglienza è travolgente. Che ci fa qui tutta questa gente? Vuole avvicinarsi ai miei amici. Toccarli, sapere tutto.
“Che vi è successo tra le montagne?”
Chiedono i giornalisti con le loro telecamere e i loro microfoni. Chiedono i medici con i loro esami e i loro strumenti.
Cosa vedono? Li spaventano i vestiti sporchi. I loro corpi scheletrici bruciati dal sole. Il sudiciume della pelle.
I giornali parlano degli eroi delle Ande che sono tornati dalla morte per incontrare di nuovo i genitori.
Le madri. Le fidanzate. I propri figli.
Ma loro non si sentono eroi. Perché sono morti come noi e solo loro sono tornati. E ricordandoci si chiedono: “Perché non siamo tornati insieme. Che senso ha?”.
Dateglielo voi un senso. Siete voi la risposta. Prendetevi cura gli uni degli altri. E raccontate a tutti quello che abbiamo fatto tra le montagne.


La Società Della Neve forse non sarà allo stesso livello di film che abbracciano altre tematiche (e quindi più spendibili in termini di Oscar), ma resta un valido contendente nonché un film da recuperare se non si è facilmente suggestionabili. Il disastro aereo occorso alla squadra di rugby nel 1972 è una storia terribile e Bayona riesce a restituirne tutto il dolore e tutto il terrore. L’unico bagliore di luce è il ritorno a casa nel finale, accompagnato dalla voce fuori campo che ha rappresentato una sorta di guida per lo spettatore fin dal principio. Un film toccante, crudo, ma must watch di questa stagione cinematografica. C’è poco altro da aggiungere.

 

TITOLO ORIGINALE: La sociedad de la nieve
REGIA: J. A. Bayona
SCENEGGIATURA: J. A. Bayona, Bernat Vilaplana, Jaime Marques, Nicolás Casariego; basato su “La Sociedad De La Nieve” di Pablo Vierci
INTERPRETI: Enzo Vogrincic Roldán, Matías Recalt, Agustín Pardella, Tomas Wolf, Diego Vegezzi, Esteban Kukuriczka, Francisco Romero, Rafael Federman, Felipe González Otaño, Agustín Della Corte
DISTRIBUZIONE: Netflix
DURATA: 144′
ORIGINE: Spagna-USA, 2023
DATA DI USCITA: 09/09/2023, 80ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia

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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.

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